venerdì 29 aprile 2011

191 - UNA MISTERIOSA ATTRAZIONE - 26 Aprile 2011 – Martedì 1ª sett. di Pasqua

La comunicazione di Maria di Magdala spinge i due interlocutori, Pietro e il discepolo amato, ad andare a verificare l’accaduto. Sta cominciando qualcosa di nuovo, e lo si avverte dal verbo utilizzato a proposito di Pietro che ‘esce’ con l’altro discepolo. È un uscire che richiama l’esodo: per il momento sono ancora nell’Egitto dell’incredulità, ma potranno giungere alla terra della fede, alla libertà del credere. C’è qualcosa di sorprendente in questo movimento, che diventa una corsa a perdifiato, quasi come se una forza misteriosa li attirasse verso quella tomba. Non è una gara a chi arriva primo, ma un voltare le spalle al passato, con la segreta speranza che ci sia un futuro diverso. Certamente il discepolo amato ha una prevalenza in questa corsa, perché la forza che lo attira è maggiore, è la forza di quell’amore da cui si è lasciato amare.! Più faticosa e lenta la corsa di Pietro, quasi fosse ancora appesantito dal ricordo del suo rinnegamento, dalle esitazioni dovute al suo passato di discepolo infedele. Va poi ricordato che la lettura tradizionale ha associato i due discepoli e il loro rispettivo correre al sepolcro alla polarità, sempre presente nella comunità cristiana, tra carisma ed istituzione, tra amore ed autorità, tensione che sarà risolta nel dialogo tra Gesù e Pietro sul lago Tiberiade (Giovanni 21,15-24). Sostando sulla figura di Pietro, si può intuire che sta avvenendo qualcosa in lui, anche se non è ancora davvero visibile. L’ultima volta che il quarto vangelo ne ha parlato, Pietro era come impietrito e paralizzato attorno al fuoco, presso il quale cercava invano di scaldarsi, mentre rinnegava il suo Maestro. Ora la paralisi è superata, e il movimento lascia trasparire un cambiamento, anche se non si può ancora parlare di una vera speranza in una vittoria sulla morte, di una fede nella vita del Crocifisso. È forse per questo che giunge al sepolcro in ritardo?
Oggi si celebra la festa del Beato Giovanni Battista Piamarta(1841-1913). Nacque a Brescia da povera famiglia. Divenuto sacerdote nel 1865, si dedicò all’educazione della gioventù in varie parrocchie della diocesi. Colpito dalle deplorevoli condizioni dei giovani, diede inizio all’Istituto Artigianelli (1886) in Brescia e alla celebre Colonia Agricola (1896) di Remedello Sopra (BS) con la collaborazione dell’agronomo Padre Giovanni Bonsignori. Promosse la vita religiosa, fondando la Congregazione “Sacra Famiglia di Nazareth” (1900), a cui appartengo, e con Madre Elisa Baldo quella delle “Umili Serve del Signore” (1911). Si distinse per una profonda pietà e per un grande amore per i giovani del mondo del lavoro, ai quali dedicò tutte le sue energie.
Il 12 Ottobre del 1997 è stato proclamato beato da Papa Giovanni Paolo II che ha detto di lui: “Piamarta, seguendo l’esempio di Gesù, accompagnò molti ragazzi e giovani ad incontrare lo sguardo amoroso ed esigente del Signore. Quanti, grazie alla sua opera pastorale, poterono avvicinarsi con allegria alla vita, avendo appreso una professione, ma soprattutto avendo avuto la grazia di incontrare Gesù ed il suo messaggio di salvezza … Egli ha lasciato un grande segno nella diocesi di Brescia e nella Chiesa intera. Dove attingeva questo straordinario uomo di Dio l’energia sufficiente per le sue molteplici attività? La risposta è chiara: la preghiera assidua e fervente era la fonte del suo ardore apostolico instancabile e dell’attrattiva benefica che esercitava sopra tutti quelli che si avvicinavano a lui. Egli stesso affermava, come ricordano vari testimoni suoi contemporanei: “Con la preghiera noi siamo forti della stessa forza di Dio … Posso tutto … Tutto è possibile con Dio, per Lui ed in Lui!”

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