venerdì 27 novembre 2009

35 - CONOSCERE PER CAPIRSI N. 10

Elementi comuni a tutte le forme d’amore: conoscenza.
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Non è possibile rispettare una persona senza conoscerla: la cura e la responsabilità sarebbero cieche, se non fossero guidate dalla conoscenza. Conoscere sarebbe una parola vuota se non fosse animata dall’interesse. Ci sono molti gradi di conoscenza; il conoscere, in quanto aspetto dell’amore, non si ferma alla superficie, ma penetra nell’intimo. È possibile solo se riesco ad annullarmi, a vedere l’altro quale veramente è. Posso capire, ad esempio, se una persona è adirata, anche se non lo dimostra apertamente, ma se la conosco a fondo, mi accorgo che è ansiosa e preoccupata, che si sente sola, che ha un senso di colpa. Allora mi rendo conto che la sua ira altro non è che la manifestazione di qualcosa di più profondo, e l’ansia, manifestazione di sofferenza, e non di collera.
Il conoscere è intimamente legato al problema dell’amore. Il bisogno di fondersi con l’altro essere, per superare la barriera dell’isolamento, è legato a un altro bisogno tipicamente umano: quello di penetrare “il segreto dell’uomo”. Mentre la vita, nel suo aspetto strettamente biologico, è un mistero, l’uomo, nel suo aspetto umano, è un abisso insondabile, sia per se stesso che per tutti i suoi simili.
Noi crediamo di conoscerci, eppure, nonostante i nostri sforzi, non ci conosciamo affatto; crediamo di conoscere i nostri simili, eppure non li conosciamo, perché noi non siamo un oggetto, e neppure i nostri simili lo sono. Più penetriamo nel nostro intimo, o nell’intimo di un altro essere, più la mèta ci sfugge. Eppure non possiamo fare a meno di desiderare di penetrare nel segreto dell’animo umano, nel suo più profondo nucleo.
La via per conoscere “il segreto”, è l’amore. Amore è penetrazione attiva dell’altra persona, nella quale il mio desiderio di conoscere è placato dall’unione. Nell’atto della fusione io la conosco, conosco me stesso, conosco tutti, e non conosco niente. Conosco nell’unica maniera possibile per l’uomo: attraverso l’esperienza dell’unione, non attraverso l’esperienza del pensiero. L’amore è l’unico mezzo per conoscere, poiché nell’atto dell’unione è la risposta alla mia domanda. Nell’altro essere trovo me stesso, scopro me stesso, scopro tutti e due, scopro l’uomo.
Il desiderio di conoscere noi stessi e i nostri simili è stato espresso nel motto delfico: “Conosci te stesso”. È l’origine di tutta la psicologia. Ma poiché il desiderio è di conoscere tutto dell’uomo, il suo segreto più intimo, questo desiderio non può essere soddisfatto in modo banale, superficiale. Anche se ci conoscessimo mille volte meglio non arriveremmo mai fino in fondo. Continueremmo a restare un enigma per noi stessi così come i nostri simili resterebbero un enigma per noi. L’unico modo per conoscere profondamente un essere è l’atto di amore; questo atto supera il pensiero, supera le parole. È il tuffo ardito nell’esperienza dell’unione. Ma, per conoscere pienamente nell’atto d’amore, devo conoscere psicologicamente la persona amata e me stesso, obbiettivamente, devo vederla qual è in realtà, abbandonare le illusioni, il quadro contorto che ho di lei. Solo conoscendo obbiettivamente un essere umano, sono in grado di penetrare l’essenza più profonda nell’atto d’amore.

martedì 17 novembre 2009

34 - CONOSCERE PER CAPIRSI N. 9

Elementi comuni a tutte le forme d’amore: rispetto.
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La responsabilità sopra ricordata, potrebbe facilmente deteriorarsi nel dominio e nel senso di possesso, se non fosse per una terza componente dell’amore: il rispetto. Rispetto non è timore né terrore; esso denota, nel vero senso della parola (respicere = guardare), la capacità di vedere una persona com’è, di conoscerne la vera individualità. Rispetto significa desiderare che l’altra persona cresca e si sviluppi per quello che è. Il rispetto, perciò, esclude lo sfruttamento; voglio che la persona amata cresca e si sviluppi secondo i suoi desideri, secondo i suoi mezzi, e non allo scopo di servirmi. Se io amo questa persona, mi sento uno con lei, ma con lei così com’è, e non come dovrebbe essere per adattarsi a me. È chiaro che il rispetto è possibile solo se ho raggiunto l’indipendenza; se posso stare in piedi o camminare senza bisogno di grucce, senza dover dominare o sfruttare nessuno. Il rispetto esiste solo sulle basi della libertà: “l’amore è figlio della libertà” come dice una vecchia canzone francese; l’amore è figlio della libertà, mai del dominio.

venerdì 13 novembre 2009

33 - CONOSCERE PER CAPIRSI N. 8

Elementi comuni a tutte le forme d’amore: responsabilità.

Oggi, per responsabilità spesso s’intende il dovere, qualche cosa che ci è imposto dal di fuori. Ma responsabilità, nel vero senso della parola, è un atto strettamente volontario; è la mia risposta al bisogno, espresso o inespresso, di un altro essere umano. Essere “responsabile” significa essere pronti e capaci di “rispondere”. Giona non si sentiva responsabile degli abitanti di Ninive. Egli, come Caino, poteva domandare: “Sono il custode di mio fratello?”. La persona che ama risponde. La vita di suo fratello non è solo affare di suo fratello, ma suo. Si sente responsabile dei suoi simili, così come si sente responsabile di se stesso. Questa responsabilità, nel caso della madre e del bambino, si riferisce soprattutto alle cure materiali; nell’amore tra adulti, si riferisce principalmente ai bisogni psichici dell’altra persona.

martedì 10 novembre 2009

32 - CONOSCERE PER CAPIRSI N. 7

Elementi comuni a tutte le forme d’amore: premura.
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L’amore è premura soprattutto nell’amore della madre per il bambino. Noi non avremmo nessuna prova di questo amore se la vedessimo trascurare il suo piccolo, se lei tralasciasse di nutrirlo, lavarlo, curarlo; e restiamo colpiti dal suo amore se la vediamo assistere il suo bambino. Non c’è differenza anche nell’amore per gli animali o per i fiori. Se una donna ci dicesse di amare i fiori, e noi la vedessimo dimenticare di innaffiarli, non crederemmo nel suo “amore” per i fiori. “Amore è interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo”. Là dove manca questo interesse, non esiste amore. Questo concetto è stato magnificamente descritto nel libro di Giona. Dio ha detto a Giona di andare a Ninive ad avvisare gli abitanti che essi saranno puniti, a meno che non riparino i loro peccati. Giona sfugge la sua missione perché teme che il popolo di Ninive si penta e che Dio lo perdoni. È un uomo dotato di un forte senso dell’ordine e della legalità, ma privo di amore. Tuttavia, nel suo tentativo di fuga, si ritrova nel ventre di una balena, simbolizzando lo stato d’isolamento e cattività al quale la sua mancanza di amore e di solidarietà l’hanno portato. Dio lo salva, e Giona va a Ninive. Predica ai suoi abitanti come Dio gli ha detto, e la cosa che temeva accade. Gli uomini di Ninive si pentono dei loro peccati, riparano ognuno a modo suo, e Dio li perdona e decide di non distruggere la città. Giona è deluso e amareggiato; lui voleva “giustizia”, e non pietà. Alla fine trova un po’ di conforto all’ombra di una pianta che Dio ha fatto crescere per proteggerlo dal sole. Ma quando Dio fa dissecare la pianta, Giona è depresso e si lamenta rabbiosamente con Dio. Dio risponde: “Tu hai avuto pietà sotto la pianta per la cui crescita tu non hai lavorato; essa è cresciuta in una notte, ed è morta in una notte. E io non dovrei risparmiare Ninive, la grande città, nella quale vivono più di centoventimila abitanti che non sanno distinguere la mano destra da quella sinistra?”. La risposta di Dio a Giona deve essere intesa simbolicamente. Dio spiega a Giona che l’essenza dell’amore è “lavorare” per qualche cosa, “fare crescere qualche cosa”, che amore e lavoro sono inseparabili. Si ama ciò per cui si lavora, e si lavora per ciò che si ama.

giovedì 5 novembre 2009

31 - CONOSCERE PER CAPIRSI N. 6

Che cosa dà una persona all’altra?

Dà se stessa, ciò che possiede di più prezioso, dà una parte della sua vita. Ciò non significa necessariamente che essa sacrifichi la sua vita per l’altra, ma che le dà ciò che di più vivo ha in sé; le dà la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, la propria tristezza, tutte le espressioni e manifestazioni di ciò che ha di più vitale. In questo dono di se stessa, essa arricchisce l’altra persona, sublima il senso di vivere dell’altro sublimando il proprio. Non dà per ricevere; dare è in se stesso una gioia squisita. Ma nel dare non può evitare di portare qualche cosa alla vita dell’altra persona, e colui che riceve si riflette in essa; nel dare con generosità, non può evitare di ricevere ciò che le viene dato di ritorno. Dare significa fare anche dell’altra persona un essere che dà, e entrambi dividono la gioia di sentirsi vivi. Nell’atto di dare qualcosa nasce, e un senso di mutua gratitudine per la vita che è nata in loro unisce entrambi. Ciò significa che l’amore è una forza che produce amore; l’impotenza è incapacità di produrre amore. Se amate senza suscitare amore, vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l’espressione di vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente. Ma non soltanto in amore dare significa ricevere. L’insegnante impara dai suoi discepoli, l’attore è stimolato dal suo pubblico, lo psicanalista è curato dal paziente (ammesso che essi non si trattino reciprocamente come oggetti ma comunichino tra loro in modo genuino e produttivo).
È inutile sostenere che sentire l’amore come un atto di dare dipende dal carattere dell’individuo. Al contrario, presuppone la conquista di una posizione prevalentemente produttiva; in quest’orientamento l’individuo ha vinto l’indipendenza, l’onnipotenza narcisista, il desiderio si sfruttare gli altri o di tesaurizzare, e ha tratto la fede nei propri poteri umani, il coraggio da fare assegnamento nel conseguimento delle proprie mète. Nella misura in cui queste qualità mancano, egli ha paura di dare se stesso, e quindi di amare.

lunedì 2 novembre 2009

30 - CONOSCERE PER CAPIRSI N. 5

Amare è un sentimento attivo: è dare.
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L’amore è un sentimento attivo, non passivo; è una conquista, non una resa. Il suo carattere attivo può essere sintetizzato nel concetto che amore è soprattutto “dare” e non ricevere. Che cosa significa dare? La risposta sembra semplice, ma in realtà è piena di ambiguità e di complicazioni. Il malinteso più comune è che dare significhi “cedere” qualcosa, essere privati, sacrificare. La persona il cui carattere non si è sviluppato oltre la fase ricettiva ed esplorativa, sente l’atto di dare in questo modo. Il “tipo commerciale” è disposto a dare, ma solo in cambio di ciò che riceve; dare senza ricevere, per lui significa essere ingannato. La gente arida sente il dare come un impoverimento. La maggior parte degli individui di questo tipo, di solito si rifiuta di dare. Alcuni trasformano in sacrificio l’atto di dare. Sentono che solo per il fatto che è penoso dare, si dovrebbe dare; la virtù, per loro, sta nell’accettare il sacrificio. Per loro, la regola che è meglio dare anziché ricevere significa che è meglio soffrire la privazione piuttosto che provare la gioia.
Per la persona attiva, dare ha un senso complementare diverso. Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo.