Pochi versetti per raccontare il miracolo. L’evangelista segnala innanzi tutto le difficoltà elevate di fronte al comando di Gesù di togliere la pietra che chiude la tomba. Sono passati già quattro giorni, e certamente il processo di decomposizione è iniziato, segnalato dal fetore. Va anche notato che è anche probabile il riferimento ad una credenza che prende piede con l’ellenismo, per cui la morte è separazione dell’anima dal corpo. Per un po’, l’anima rimane vicina al corpo, quasi danzando una danza di saluto, ondeggiando intorno ad esso. Al terzo giorno si staccherebbe definitivamente per entrare nella sua dimensione più propria. È difficile tuttavia appurare in che misura Giovanni ospiti una tale credenza. Un fatto è comunque sicuro: la segnalazione che il cadavere è di quattro giorni, non fa che ribadire l’irrevocabilità della morte e il finire di tutto. A questo punto Gesù rivolge la preghiera al Padre, una preghiera di ringraziamento, di fiducia e di intimità piena; anche nel momento della richiesta egli inizia con un ringraziamento, proprio perché è certo che Dio è un Padre che conosce il bisogno di ogni orante, tanto più di Colui che è Figlio! “Detto questo gridò a gran voce: ‘ Lazzaro, vieni fuori!’” (v. 43) Ecco la voce che si leva sovrana e che risveglia da morte, anticipazione di quella voce del Figlio udendo la quale i morti riprenderanno la vita nell’ultimo giorno ( cfr. Gv 5,25. 28). Giovanni, per indicare il grido di Gesù, usa un verbo rarissimo (kraugàzō), che appare nella Bibbia greca solo otto volte, e in prevalenza proprio nel quarto vangelo. Indica uno strillare, un urlare intensissimo, così come avviene ad esempio quando la folla vorrà la crocifissione di Gesù ( cfr. Gv 19,6.12.15). La sarà un grido di morte, qui un urlo di vita, che si rivolge a Lazzaro chiamandolo per nome, poiché egli è una di quelle pecore che il Buon Pastore conosce e chiama per nome. E in quel venir fuori vi è tutta la verità del Dio biblico, che si rivela pienamente in Gesù, è il Dio che fa uscire dall’Egitto, dalla schiavitù, dalla desolazione, dalla morte. Lazzaro esce, portando con sè bende e sudario, i segni della morte. La sua resurrezione non è per sempre, è solo un segno, una vittoria temporanea. Gesù, invece, uscirà dalla tomba, ma lascerà in essa il sudario e le bende, perché egli risorgendo, vincerà la morte per sempre!(Cfr. Giovanni 20,7) “Liberatelo e lasciatelo andare” (v. 44). Il comando di Gesù di sciogliere le bende che avvolgono Lazzaro è un chiaro invito a collaborare con la sua opera di liberazione dell’uomo, a compiacere già nell’oggi gesti che donano la vita e libertà e che si oppongono a morte e schiavitù. Sullo sfondo sta dunque un ordine rivolto alla comunità dei discepoli: se credono alla resurrezione, devono aiutare l’umanità a vivere, a camminare, a diventare responsabili nella propria vita nella gratitudine per avere conosciuto il Dio che vince la morte.
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