lunedì 11 aprile 2011

177 - SE CREDI, VEDRAI LA GLORIA DI DIO! - 13 Aprile 2011 – Mercoledì 5ª sett. Quaresima

Marta va a chiamare Maria, asserendo che è il Maestro a volerla vedere. Propriamente, Gesù non le ha comandato nulla, ma si vede in Marta la dinamica della fede, per cui dalla confessione procede la testimonianza, il coinvolgimento di altri. Un incontro vero con il Signore diventa necessariamente uno sprone alla missione! Maria, con il suo stare seduta in casa, circondata dal cordoglio di coloro che sono venuti a farle visita, mostra chiaramente un sentire interiore per il quale la morte è perdita inesorabile e l’unica solidarietà che l’uomo può offrire di fronte ad essa è proprio il cordoglio. La risposta di Maria alla sollecitazione della sorella è però pronta, priva di indugi. È questa un’indicazione per noi: dobbiamo uscire, come Maria, dalla casa del lutto, dove di fronte alla morte si conosce solo il soffrire insieme, per aprirci ad un’ottica di fede e di speranza, andando da Gesù, chiedendoGli aiuto e luce. C’è un’altra solidarietà possibile anche nel dolore: lo sperare insieme! I presenti in casa non possono che seguirla, non comprendendo dove voglia davvero andare. Sono come trascinati da lei verso l’incontro con quel Signore che vince la morte e dà la vita. Allorché giunge da Gesù, Maria non può che gettarsi ai suoi piedi e ripetere le stesse parole di Marta. Certo, Gesù vede in Maria e nelle persone che l’attorniano lo spettacolo di come la morte schiacci l’umanità. Il suo pianto e quello dei giudei che sono con lei è scomposto, disperato, perché vede solo il volto mostruoso della morte. E qui l’evangelista annota che di fronte a tale spettacolo Gesù si commuove profondamente e resta molto turbato. Propriamente non si ha il verbo della commozione viscerale usato negli altri vangeli, ma piuttosto quello che indica un’ira, uno sdegno. È la rabbia che prende il cuore di fronte all’ingiustizia della morte (si pensi ad esempio alla morte di un giovane); Gesù non si rassegna alla condizione di morte che sembra dominare l’umanità. Inoltre si esplicita il turbamento profondo (taràssō), l’agitazione che lo prende intimamente. A tutto ciò segue il suo pianto. È però un pianto diverso da quello di Maria e degli altri giudei, perché è un ‘versare lacrime’ senza clamore, senza urla … Certo, abbiamo la rappresentazione di una gamma completa di emozioni, di sentimenti, di atteggiamenti interiori da parte di Gesù, e questo non può non essere rilevato dai presenti, che constatano quanto fosse intenso il legame di amicizia e di affetto con Lazzaro e con le sorelle. Non mancano però i malevoli, che obiettano invece una pretesa indifferenza di Gesù. Anche qui l’evangelista offre un insegnamento discreto: all’uomo nel dolore non bisogna avvicinarsi con la volontà di giudicare, ma solo di condividere e di essere vicino.

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