Premessa - Il brano del vangelo della guarigione del cieco nato è il seguito immediato di una violenta discussione sfociata nel tentativo di lapidare Gesù (Giovanni 8,59: “Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio”). La risposta di Gesù a questo rifiuto è il segno della guarigione del cieco nato. Non a caso il racconto comincia con l’interrogazione dei discepoli circa il peccato di questo disabile o dei suoi genitori; tema, questo, che attraversa in gran parte il capitolo precedente. E se il cap. 8 ha la forma di uno scontro insanabile, l’episodio della guarigione del cieco nato dà origine ad un duro processo che coinvolge il miracolato fino alla sua espulsione dalla sinagoga. Però, secondo l’ironia caratterizzante il quarto vangelo, coloro che in realtà sono giudicati sono gli altri, gli oppositori di Gesù, più o meno espliciti, perché ognuno di loro risulta in realtà cieco, con l’aggravante di non avvertire la propria posizione. A sua volta, la pericope di Giovanni 9 ha il suo commento teologico nel discorso del “buon pastore”, perché la luce che il cieco nato riceve è sempre un frutto del dono della vita che il buon pastore fa consegnando se stesso alla morte. Nella lettura di questo testo, più che procedere analiticamente, secondo una lectio cursiva, preferiamo individuare alcuni temi di teologia biblica, che costituiscono il ricco messaggio di un racconto letteralmente compatto, privo della minima caduta di tono. Un cieco dalla nascita - Giovanni sottolinea con insistenza voluta che quest’uomo, guarito poi da Gesù, era cieco fin dalla nascita. È una situazione emblematica, simbolo di un’umanità priva di luce perché sprofondata in una situazione di peccato che precede anche le scelte della singola persona. Vi è una sorta di struttura di peccato che rende difficile o addirittura impossibile il cammino nel bene. È quello che la successiva riflessione teologica interpreterà con la categoria di ‘peccato originale’. Non a caso, allora, già il v. 1 precisa in modo inequivocabile la condizione di questo cieco, su cui però si posa lo sguardo di Gesù: “Passando vide un uomo cieco dalla nascita”. Si può notare quel ‘passando’, che suggerisce l’idea giovannea della vita di Gesù come il ‘viaggio’ che egli compie verso il Padre per incontrare un’umanità che deve essere portata alla luce e alla vita. Qui è Gesù che vede, e questo suo sguardo è all’origine della capacità di vedere che sarà donata a questo disabile. Dopo aver risposto alla questione posta dai discepoli, Gesù compie una guarigione che si svolge in un modo assai laborioso, a diversità di altri miracoli; ma, evidentemente, i particolari acquistano una portata simbolica, e hanno il sapore di una catechesi battesimale, per cui, attraverso il segno del cieco nato, il catecumeno è portato a comprendere meglio il mistero di Gesù come luce di vita e il cammino richiesto per essere illuminati da Lui. “Gesù sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: ‘Va a lavarti nella piscina di Siloe’, che significa Inviato”(vv. 6-7a). Nel prosieguo del racconto ci si riferirà più volte a questo ‘fango’ spalmato sugli occhi del cieco. Il richiamo del racconto della creazione appare evidente, quasi a dire che qui non si ha solo la guarigione di un’infermità, ma un atto di nuova creazione (proprio come avviene misteriosamente nel battesimo). La saliva, poi, è nel mondo biblico un elemento vitale ed è associato alla bocca, al respiro, alla parola. La mistura di fango e di saliva spalmata sugli occhi mostra che Gesù è il mediatore di quella parola e di quel soffio divino che compiono nell’uomo una nuova creazione. Segue a questo gesto un ordine impartito al cieco: quello di andare a lavarsi nella piscina di Siloe. Dobbiamo immaginare un attimo che cosa comporti un tale comando. Verosimilmente, Gesù si trova nelle vicinanze del tempio, mentre Siloe è nel punto più basso e più lontano della città. Per andare a lavarsi in quell’acqua, il cieco deve fare un cammino lungo e irto di ostacoli, poiché deve passare attraverso tutte le viuzze che lo portano fino al luogo indicato. È allora chiara la collaborazione che Gesù chiede a questo cieco: non è un miracolo che gli piomba addosso risolvendogli ogni problema, anzi, all’inizio gliene crea. Ciò è simile a quanto si verifica con Naaman il Siro, cui Eliseo chiede di andare a lavarsi nel Giordano (cfr.2°Re 5,10). Il messaggio è chiaro: anche colui che ha scelto di aderire a Gesù accogliendo il battesimo, deve impegnarsi personalmente, collaborare all’opera di Dio in lui, non lasciandosi fermare dagli ostacoli che inevitabilmente incontrerà. Un’attenzione particolare è poi esplicitamente chiesta dall’evangelista al proprio lettore circa il luogo in cui il cieco deve lavarsi il viso per togliersi il fango: il Siloe. È una vasca in cui viene convogliata l’acqua proveniente dalla sorgente del Ghicon attraverso il canale fatto scavare da Ezechia. Nel testo di Isaia, quest’acqua letteralmente viene detta Šiloah ed è figura della fede nel soccorso divino (cfr. Isaia 8,6); qui l’evangelista vocalizza in modo lievemente diverso il vocabolo ebraico, facendolo diventare ‘Šiloeh’ per cogliervi il significato di ‘Inviato’. Anche qui l’intenzione teologica è palese: è l’Inviato di Dio colui che può offrire quell’acqua da cui l’uomo rinasce come creatura nuova e si apre alla luce divina. Peraltro va ricordato che Gesù, nei discorsi precedenti, fatti sempre in occasione della festa delle Capanne, si è dichiarato il datore dell’acqua di vita (Cfr. Giovanni 7, 37-39) e la luce del mondo (8,12). È inoltre utile ricordare che durante tale festa si compie anche una processione in cui vengono portate festosamente le acque del Siloe al tempio, quali acque lustrali. L’obbedienza del cieco è pronta e integrale: “Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. Ma proprio qui cominciano le complicazioni, perché la reazione dei presenti, da un certo entusiasmo iniziale, scivola progressivamente verso la diffidenza, lo scetticismo; ed ecco allora l’instituirsi di un’istruttoria processuale in cui chiarire gli eventi e giungere ad una sentenza normativa per la sinagoga.
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