Il percorso del cieco nato. Le reazioni della gente, dei farisei e dei suoi genitori sono viziate da una cecità pericolosa. E tuttavia esse non fanno desistere il cieco nato da un itinerario che lo porta, pur in mezzo a contrasti, verso la luce. A guidarlo è una semplicità disarmante, che finisce con l’irritare coloro che si sentono smascherati dal suo sguardo limpido. Un po’ alla volta si fa strada in lui una consapevolezza sempre più nitida nei confronti di colui che l’ha guarito, Gesù. Il racconto di come è avvenuto il miracolo lascia spazio ad una prima dichiarazione: “E’ un profeta”. Si tratta di un modo semplice per collegare il beneficio ricevuto all’azione di Dio. Questo però non basta: le sue parole fanno ben capire che egli vuole ‘seguire’ Gesù come fa un discepolo con il suo maestro. È a questo punto che Gesù interviene di nuovo per consentirgli di compiere il tratto finale del cammino. Egli si presenta come “il Figlio dell’uomo”, colui che offre una salvezza profonda, una nuova creazione che trasforma la vita. Dinanzi a questa rivelazione il cieco nato fa la sua professione di fede: “Credo, Signore!”. Se il gesto riferito all’inizio del racconto gli ha aperto gli occhi della carne, ora il dialogo gli ha dischiuso gli occhi dell’anima e lo ha portato alla fede. I contrasti inevitabili e l’approdo alla fede. È la lezione particolare che possiamo trarre dalla lunga narrazione evangelica. Non si arriva alla fede senza affrontare delle ‘prove’: solo chi è determinato, solo chi si lascia guidare dalla parola di Dio, solo chi è disposto ad aprire il suo animo senza pregiudizi arriva alla fede. Questa, infatti, lungi dall’essere un pacifico possesso è caratterizzata da una ricerca faticosa, che ognuno deve affrontare personalmente. Ciò che avviene è il risultato di un incontro di grazia a cui non si sono frapposti ostacoli. In tal modo lo sguardo permette di riconoscere l’azione di Dio e Colui che opera la nostra salvezza: un Uomo di Dio, un Maestro, il Figlio dell’uomo, il Signore! La condizione del credente è contrassegnata da questo itinerario, non privo di conflitti e contrasti, ma anche da una trasformazione che riguarda tutta la sua esistenza. Il peggio che ci possa capitare è di illuderci di non avere bisogno di essere sanati, anzi di poter imporre a Dio i nostri punti di vista nel tentativo vano di non riconoscere la salvezza che Egli ci offre. Questo indurimento ha la tragica capacità di bloccare in noi il percorso della grazia.
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