lunedì 11 aprile 2011

176 - ANDIAMO IN GIUDEA … 12 Aprile 2011 – Martedì 5ª sett. Quaresima

“Poi disse ai discepoli: ‘Andiamo di nuovo in Guidea’” (Giovanni 11,7). Dopo due giorni di attesa, ecco la decisione di Gesù di andare da Lazzaro, decisione che però lascia sconcertati i discepoli, consapevoli della pericolosità del viaggio in Giudea, là dove dominano gli avversarsi del loro Maestro. E Gesù risponde che è ancora giorno, tempo di luce, di cammino, e perciò può andare dall’amico a svegliarlo. Sullo sfondo appare dunque la consapevolezza che le ore del giorno finiranno, e cioè che un destino di morte lo attende, ma questo non può impedirgli di compiere la sua missione (vv. 9 – 10). In ogni caso, i discepoli non sembrano molto tranquillizzati dalle parole di Gesù. “Disse queste cose e poi soggiunse loro: ‘Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo”’ (v. 11). Ai discepoli non sembra vero di poter evitare il viaggio in Giudea, dato che , prendendo Gesù in parola, Lazzaro si è ‘addormentato’, e ciò vuol dire che guarirà. È qui che Gesù allora comincia a parlare apertamente di morte (v.14). Letteralmente, si usa il termine parrēsìa, che indica una parola franca e coraggiosa: egli dunque non gioca con la realtà della morte, anche se ne parla come di un ‘sonno’, perché è tale soltanto se considerata nell’ottica della fede, con il coraggio che dalla fede deriva. E questa parrēsìa di Gesù si palesa nella sua decisione irremovibile di andare da Lazzaro, incoraggiando anche i suoi ad accompagnarlo nel viaggio: “Andiamo da Lui!”. E qui che Tommaso manifesta la sua disponibilità discepolare ad andare con Gesù; anche se è una disponibilità molto inconsapevole, è comunque mossa da sincera generosità. Fino alla fine dell’evangelo Tommaso è uno che non scherza con la morte, ed è pronto anche a condividere la sorte del Maestro; sarà per lui molto più difficile credere ad una vittoria sulla morte, alla resurrezione! Marta e Gesù - “Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro” (v. 17). I quattro giorni trascorsi sembrano decretare il trionfo totale della morte e questo è anche il clima spirituale in cui Gesù troverà le sorelle di Lazzaro e le persone venute a consolarle. Gesù però non entra in quella casa, ma rimane fuori del villaggio. In quella casa egli entrerà solo dopo aver sconfitto la morte, per celebrare con le due sorelle e con Lazzaro la vittoria della vita. Maria rimane in casa, come paralizzata nel suo dolore, pietrificata dal suo lutto. È Marta colei che va da Gesù, anche se pure lei è come schiacciata dal dramma della morte. Va da Lui appena è informata del suo arrivo, con una prontezza che è figura della fede; basti qui ricordare la medesima prontezza di Pietro, quando, sentendo dal discepolo amato che la figura intravista era il Signore, si butta in acqua pur di arrivare prima, di non attendere più (Cfr. Giovanni 21,7). L’incontro di Marta con Gesù è l’inizio di un cammino di fede che si fa largo attraverso il dubbio e la difficoltà di capire i tempi e i piani del Signore. Ha comunque fiducia in lui, fino ad azzardare un rimprovero perché la sua assenza è stata troppo lunga e dolorosa: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (v. 21). È un rimprovero per il ritardo nel rispondere alla richiesta di aiuto, ma anche una confessione di fiducia, una professione di fede in Lui, anche se è una fede fragile, intimorita dall’ineluttabilità della morte. E così giunge a dire: “Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio Te la concederà” (v. 22). Più avanti, poi affermerà la sua fede nella risurrezione nell’ultimo giorno (v. 24). Forse non comprende ancora bene ciò che dice, ed ecco che allora Gesù soccorre la debolezza di Marta, non comunicanndole un principio filosofico o una verità astratta circa la non definitività della morte, ma una certezza che prende vigore nella certezza di una comunione con Lui. Il suo discorso con Marta sfocia allora nel solenne detto di autorivelazione: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (vv. 25 – 26). E poi sollecita una presa di decisione da parte di lei: “Credi questo?”. Al che Marta, con la cui figura la comunità dei discepoli si identifica, confessa il fondamento della propria speranza, riconoscendo in Gesù il Figlio di Dio che è venuto nel mondo.

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