sabato 2 aprile 2011

166 - UN ITINERARIO CHE PORTA ALLA FEDE - 02 Aprile 2011 – Sabato 3ª sett. Quaresima

Quello che abbiamo scoperto nell’incontro di Gesù con la Samaritana è un itinerario che porta alla fede. Riconoscerne le tappe significa mettersi nei panni della Samaritana e ricordare gli snodi essenziali del nostro cammino personale. La sete della donna e quella di Gesù. La samaritana è venuta al pozzo per attingere acqua e trovare un rimedio alla sua sete. Anche Gesù, dopo aver camminato a lungo e per strade disagevoli, ha sete. È un uomo come noi e come noi prova fatica e sete. Ma è anche un uomo libero che, contrariamente ai precetti della tradizione, si rivolge ad una donna (e per di più samaritana) e instaura con lei un dialogo. Tutto comincia con una richiesta, che è anche un’ammissione della propria fragilità. È un Gesù vicino a noi quello che appare subito: non un superuomo, ma colui che condivide la nostra debolezza. In ogni caso, almeno all’apparenza, è lui che sembra in condizione di maggior bisogno … Dal bisogno di acqua all’offerta di un dono. Alla meraviglia della Samaritana Gesù risponde con la proposta di un dono, un dono particolare e misterioso che viene da Dio. La donna è venuta a cercare acqua e si accontenta di quello che troverà. Gesù le offre un’acqua viva, un’acqua fresca e buona che zampilla da una sorgente ed è capace di estinguere la sete. Anzi, se uno accoglie questo dono, dentro di lui sgorgherà una sorgente “che zampilla per la vita eterna”. Dalla perplessità al desiderio. La perplessità e il dubbio sono del tutto giustificati, a questo punto. Come fa Gesù a donare dell’acqua, se sembra privo di ciò che serve a tutti quelli che vogliono attingere al pozzo? Un po’ alla volta, tuttavia, si fa strada il desiderio che trova voce in un’invocazione: “Dammi di quest’acqua …”. L’uomo assetato assume contorni di uno che è in grado di donare qualcos’altro, qualcosa che risolva la nostra debolezza cronica e la ricerca continua di un rimedio. Il Profeta, il Messia. Sentirsi letti nel profondo: ecco cosa accade a chi si lascia avvicinare da Cristo. È l’esperienza di ogni discepolo, ed è la stessa della donna. La sua conclusione è dunque ovvia: sei un profeta, cioè provieni da Dio, sai leggere la realtà e le persone con il suo sguardo, che non si ferma alla superficie, ma raggiunge il profondo delle cose. È facile accettare di essere svelati anche nelle zone oscure della propria esistenza? No. Ecco perché la donna sembra attuare una manovra diversiva: pone una questione teologica riguardante il culto, i riti, la tradizione. Ha sentito parlare del Messia, ma non ha le idee chiare in proposito. A questo punto, allora, è Gesù stesso che si rivela e dichiara la sua identità: “Sono io che ti parlo”. Un’esperienza da trasmettere. Non si può tacere una scoperta del genere! La donna, dunque, lascia la sua anfora e va in città, ancora sconvolta dal fatto che Gesù le ha visto nell’anima. Assieme a questa esperienza comunica però un interrogativo: “Che sia lui il Cristo?”. Ma perché “dimenticarsi” della sua anfora? Probabilmente perché la sete che la conduceva al pozzo ora è stata rimpiazzata da un’altra sete a cui ha trovato la possibilità di una risposta vera. L’incontro con Gesù trasforma un’esistenza e non può essere taciuto: di qui l’urgenza di comunicarlo ad altri. Ognuno, però, deve compiere il suo tragitto: nessuno può sostituirsi agli altri. Dalla testimonianza all’esperienza … al riconoscimento. A concludere il racconto sono le parole dei samaritani, concittadini della donna. Anche loro giungono alla fede, ma dopo essere “rimasti” con Gesù, che si è fermato per ben due giorni. La testimonianza della donna ha costituito solo una sorta di motorino di avviamento: ora, dopo aver udito, riconoscono personalmente che Gesù è “il salvatore del mondo”. A conclusione. Nella Samaritana ognuno di noi può agevolmente specchiarsi: nel suo andare e venire al pozzo delle seti quotidiani e dei molteplici desideri, ma sempre con la brocca fragile dei mezzi umani che si trova tra le mani. Gesù ci attende, seduto accanto al pozzo: non ci respinge, né ci rimprovera, non ci fa discorsi moralistici. Sembra un povero, assetato come noi e ci fa balenare davanti la possibilità di una vita diversa: basta accogliere il dono di Dio. Basta rinunciare alle nostre mezze verità e riconoscere che è lui la sorgente, l’acqua che sgorga dalla roccia, l’amore offerto in modo smisurato quando eravamo ancora peccatori. Dal suo costato aperto (Giovanni 19,34) è realmente uscita l’acqua viva: un’acqua che purifica, che rigenera, che rallegra.

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