mercoledì 20 aprile 2011

185 - L’ULTIMA CENA: GESU’, MAESTRO E SIGNORE, IN TENUTA DI SERVO - 21 Aprile 2011 – Giovedì Santo

Il testo giovanneo (13,1-15) racconta quello che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena: l’introduzione è solenne e fa percepire immediatamente il carattere eccezionale e l’importanza di quello che segue: “Prima della festa della Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (v.1). Si viene così subito invitati a seguire con un’attenzione del tutto speciale ciò che verrà narrato. La scena è, prima di tutto, una “ rivelazione in atto” il cui significato non è immediato: “ Capite quello che ho fatto per voi?”. Si comprende bene, comunque, la reazione di Pietro: “Tu non mi laverai mai i piedi”, e la sua resa quando esso gli appare come un gesto di purificazione. Ma si tratta, in effetti, di molto di più.
“… perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Lavando i piedi ai discepoli, Gesù ha mostrato loro quello che dovevano fare: “Vi ho dato l’esempio”. Solo ora noi possiamo capirlo veramente perché abbiamo visto come ha amato i suoi “sino alla fine”, fino a morire per loro perché abbiano parte con lui. Si tratta così di una rivelazione in atto del mistero di Dio, di Gesù e della sua Pasqua. “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi” (1 Giovanni 3,16). L’ha fatto liberamente, sapendo ciò a cui andava incontro perché ha voluto essere il servo dei suoi fino a questo punto, lui il Signore e il Maestro. Nello stesso tempo ci ha donato un esempio: “perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Ogni discepolo del Signore, dunque, deve vivere per i suoi fratelli, sapendo che conservare gelosamente la vita per sé costituisce una pura perdita, mentre colui che se ne distacca la conserva per la vita eterna (Cfr. Giovanni 12,25).
Il ‘segno’ della lavanda dei piedi e il sacramento dell’Eucarestia. Anche se Giovanni non adopera questo vocabolo, la lavanda dei piedi può essere considerata come uno dei ‘segni’ che scandiscono il quarto vangelo e come un ‘segno’ della Passione. In effetti si può vedere come Gesù si è spogliato non solo delle sue vesti, ma anche totalmente di se stesso, assumendo la condizione di un ‘servo’ (Cfr. Filippesi 2,7-11). Gesù ha compiuto il segno della lavanda dei piedi nel corso del pasto che ha preso con i suoi discepoli prima di entrare nella sua Passione. Giovanni non lo dice, ma i suoi uditori sanno che è in quell’occasione che ha istituito l’Eucarestia. Secondo questa prospettiva il segno della lavanda dei piedi completa quello che dicono i sinottici e San Paolo al proposito: questo è il sacramento dell’amore di Dio e del Cristo e nello stesso tempo della carità fraterna.
Gesù che lava i piedi ai suoi apostoli non è solamente il Figlio di Dio in mezzo a noi, ma è curvo, in ginocchio, con la testa abbassata, ai nostri piedi. Non è solo con noi, seduto alla nostra tavola, ma addirittura a terra, ai piedi di questa tavola. Chi siamo noi perché Dio abbia voluto servirci fino a questo punto? O piuttosto, quanto è immensa questa tenerezza divina che si manifesta in questo modo ai nostri occhi pieni di sorpresa e di stupore? Attraverso i gesti del suo Signore, la Chiesa ritrova la sua vera identità. Il Giovedì Santo riconduce la comunità al gusto autentico del Vangelo e le ricorda che ogni ministero è di sua natura un servizio. La purifica dalla ricerca degli onori e di ogni vanagloria. Il gesto di Gesù è molto di più che un gesto di umiltà, è un gesto di ospitalità: in tal modo Egli accoglie i suoi discepoli. È ai piedi di ciascuno di noi che Gesù si inginocchia per farci partecipare alla sua vita.
“Fate questo in memoria di me”. È, in fondo, il testamento di Gesù, che sa di essere vicino alla morte. Ai suoi discepoli Egli domanda di celebrare l’Eucarestia, di condividere il pane a il vino, in sua memoria. Oggi, Giovedì Santo, il comandamento, rivolto a tutta la comunità, trova subito esecuzione. E questo accade grazie al ministero ordinato. Ma il comandamento non impegna solo a ripetere un rito: esso fa trasparire l’unico comandamento dell’amore. Gesù, infatti, invita i suoi discepoli a fare come Lui, ad offrirsi nell’amore. Ciò che si compie nel Cenacolo non è però destinato a restare rinchiuso in quelle mura: Gesù apre infatti una prospettiva nuova, ci fa guardare a quel banchetto escatologico in cui scorrerà il vino nuovo. Allora, finalmente, la Pasqua troverà compimento nel Regno.

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