venerdì 31 dicembre 2010

120 - VIVERE IL NATALE - 31 dicembre 2010

La pedagogia del tempo
La Vergine dell’ascolto, della preghiera e della memoria diventa l’icona dell’atteggiamento del cristiano di fronte al mistero del tempo. Quando Maria dà alla luce Gesù, il tempo raggiunge la sua pienezza, svela il suo principio. Custodire la coscienza di quell’inizio è fondamentale per garantire la vera misura della dignità dell’uomo e per sapersi stupire di se stessi. Il fluire degli anni fa pensare alla mèta cui il tempo è orientato e ci fa chiedere se siamo persone capaci di speranza o semplicemente rassegnate perché destinate al nulla eterno. Il Figlio di Dio, nato nel tempo, riesce a trascenderlo e a rispondere al desiderio di un destino non più incrinato dalla precarietà attuale e dalla morte.
Se il finito presente è tutto, allora i sogni non hanno lo sguardo lungo del presente e la morale diventa un’opzione soggettiva. La frenesia e il cinismo sono gli ingredienti di questa impostazione di vita, ripetitiva e nevrotica perché basata solo sul consumo. Tutte le richieste più recenti parlano della bassa percentuale di speranza e apertura al futuro da parte dei giovani e adulti, segnati dalle “passioni tristi” (scoraggiamento e sfiducia, passività e resa). Palestrati ma poveri di spirito, insicuri e senza il coraggio di scelte forti e durature. Il tempo appare come solo un contenitore vuoto, da riempire di giorni che rotolano l’uno sull’altro.
In una società che ricorre a maghi e cartomanti, a esperti di oroscopi e medium, la Chiesa invita ad “aguzzare” lo sguardo per registrare le voci e le esperienze che, nonostante tutto, anticipano i segni di una rinascita”. Va cercata l’unità di vita, la sintesi tra azione e contemplazione, la fedeltà a Dio nella frantumazione del tempo, l’impegno senza affanno, l’abbandono al Signore nel quotidiano, la speranza nelle piccole speranze umane. Dio non solo dona il tempo, ma egli stesso è entrato nella storia per aprirla all’eterno e farla diventare storia di alleanza. Per Gesù a governare il mondo e l’uomo non sono gli elementi del cosmo o le leggi della materia, ma un Dio personale, che ha trasformato dal di dentro la vita e che ora accompagna noi, pellegrini. Tempo e amore si richiamano a vicenda. L’eternità non viene dopo il tempo, ma è un’altra dimensione della realtà attuale. Per i santi le realtà prive di valore eterno sono un nulla.
Come i pastori, occorre mettersi in viaggio anche nel buio della notte, cogliendo il futuro “dentro al presente” e affrontando la vita con questa certezza. E’ il vino nuovo, da mettere in otri nuovi. Alla presenza del Signore e col suo aiuto, il futuro non spaventa più. Anzi, i pastori diffondono le sorprese della fede e le ragioni della speranza con entusiasmo, “glorificando e lodando Dio”.

giovedì 30 dicembre 2010

119 - VIVERE IL NATALE - 30 dicembre 2010

Insieme, al servizio di Dio
Giuseppe significa “colui che aggiunge”. Egli aggiunge la sua fede a quella di Maria, trasformata da una maternità straordinaria; aggiunge se stesso, accettando di essere “secondo padre” di quel Figlio concepito e nato in modo prodigioso, e lo iscrive a suo nome nell’anagrafe, lo accompagna nella crescita e gli insegna il proprio mestiere.
La fede ha a che fare con la vita e con l’esperienza elementare di ogni persona: una donna incinta, un parto, un neonato, le leggi di uno stato, il lavoro di un padre. Perché “alla famiglia si ricollega la genealogia di ogni uomo” (Giovanni Paolo II). L’incarnazione di Gesù richiede la Santa Famiglia, i cui membri vivono rapporti profondamente radicati in Dio, con il collante indistruttibile del “sì” a Dio.
Maria e Giuseppe avvertono la sproporzione davanti al mistero del Figlio (si pensi al pellegrinaggio al tempio, quanto Gesù ha dodici anni). Anche l’amore va vissuto in una prospettiva di conversione continua.
Giuseppe è dedito al destino di Gesù, a lui affidato. Gli ordini ricevuti dall’angelo mirano solo al bene del Bambino. Non un cenno alle difficoltà per il padre: la perdita del lavoro, il trasferimento in Egitto e l’incertezza del ritorno, la tenuta del rapporto sponsale. L’amore al disegno di Dio sull’altro genera una nuova parentela (Marco 3,32-35: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” e Giovanni 19,26-27: “Donna, ecco il tuo figlio”). L’amore gratuito, capace di affermare il bene e il destino dell’altro, è la sostanza del rapporto quotidiano nella vita familiare. L’opposto della cultura odierna, che punta alla “propria” realizzazione e concepisce la fedeltà e il servizio come l’anti-amore. Dopo anni di eclisse in cui si è cercato di cancellare la figura paterna in nome di un malinteso desiderio di libertà e autonomia, il ruolo del padre sta ricuperando autorevolezza, vedendosi riconoscere il giusto rilievo: né padrone né “mammo”.

mercoledì 29 dicembre 2010

118 - VIVERE IL NATALE - 29 dicembre 2010

Oltre il sentimentalismo
Il cristianesimo non è solo una dottrina o una conoscenza, ma una storia vissuta. E’ nella trama talvolta intricata e oscura dell’esistenza quotidiana che si è chiamati a riconoscere Dio come Colui che ci accompagna e si rivela nella storia. La fede non è evasione, fuga intimistica o spiritualistica, ma è incarnazione, fedeltà al tempo, alla terra, all’umanità. Nessun disprezzo per le realtà create, materiali, corporee è consentito al credente. Il Natale di Gesù avviene nella storia per “salvare” il tempo aprendolo all’Eterno, perché questa Notte e tutte le notti siano chiare come il giorno. L’evangelizzazione esige un annuncio capace di incarnarsi in tutto il tessuto socio-culturale-religioso della comunità cristiana.
Ogni eucaristia è il “vero presepe” che rende Cristo contemporaneo ad ognuno. Nel sacramento Cristo si fa visibile e tangibile per un incontro che cambia la vita, come un giorno è avvenuto per i pastori, i Magi e i discepoli. La “carne di Cristo” è luogo di salvezza e di unità fra i discepoli di Cristo. Attorno alla Parola fatta pane si raccoglie il popolo di Dio per vivere con fedeltà la gioia del Mistero celebrato. E’ la sfida di Nietzsche: “Canti migliori dovrebbero cantarmi, perché io impari a credere al loro Redentore: più ardenti dovrebbero sembrarmi i suoi discepoli”.
Uno dei tratti dell’odierna cultura è il “consumo”, strettamente connesso all’appiattimento sul presente e sull’immediato. Si consumano non solo sostanze che sembrano coprire un vuoto, ma anche esperienze e relazioni. Il Natale è il rapporto definitivo di Dio con l’umanità, è il suo “abitare in mezzo”: l’opposto della comparsa e dell’avventura o della logica della “data di scadenza”, che si vanno diffondendo e che rendono sempre più fragile il senso di appartenenza reciproca. Il Natale educa all’attenzione all’altro, al dono di sé e alla condivisione.

martedì 28 dicembre 2010

117 - VIVERE IL NATALE - 28 dicembre 2010 – I Santi Innocenti

Ritrovare il centro
Il paradosso del Natale: all’accoglienza della vita corrisponde il rifiuto. Inizialmente Giuseppe pensa di licenziare in segreto Maria; ambedue non trovano posto a Betlemme e, di riflesso, vengono rifiutati da Erode, che cerca di uccidere Gesù. La fuga in Egitto e la strage degli “innocenti” è l’alto prezzo da pagare. C’è un mistero di accoglienza e di rifiuto, già annunciato nel Prologo di Giovanni: entra nel mondo il Verbo della vita e cominciano i problemi per chi si apre a Lui. E’ così per Maria e Giuseppe, per i primi discepoli e per tutti gli autentici testimoni del Vangelo, Cristo stesso vive questa costante: salva il mondo attraverso il rifiuto, l’amore vince passando attraverso la croce. Satana, per dividere e far del male, mira al punto più debole dell’umanità. Da sempre, le maggiori vittime del male sono i bambini. Nell’antichità non erano considerati neppure esseri umani, venivano sacrificati agli dèi per fermare le malattie e vincere i nemici.
Oggi, tempo di scienza e tecnologia, la carne della propria carne la si uccide legalmente nel ventre delle madri; altrove si uccidono le figlie femmine o si vendono gli organi dei piccoli; in altre parti si lasciano i bambini nella miseria e nell’ignoranza o si armano, si violentano. Nel ricco occidente si organizzano tour sessuali, le cui maggiori vittime sono proprio i piccoli. Ma c’è qualcosa di ancora più grave. Nei paesi ricchi è l’anima dei bambini ad essere assediata. Da una parte vengono trattati come principi a cui non si può dire un “no”; dall’altra si toglie loro l’infanzia facendone degli adulti in miniatura. Questo, nello sfascio di tante famiglie.
I genitori presentano un sovrainvestimento di attenzione ai figli, un “puerocentrismo narcisistico”, per cui essi mettono al centro il bambino e lo investono di proprie aspettative, fino all’eccesso. Il rischio è che il “bambino-sovrano” governi la famiglia, la quale invece si regge su una relazione di coppia.
Il comune riferimento a Dio (preghiera, appartenenza alla comunità, servizio) impedisce che la relazione di coppia tra Giuseppe e Maria collassi in quella genitoriale, mentre le due relazioni sono interdipendenti, ma tra loro distinte. Va ritrovato il giusto equilibrio dinamico tra la dimensione sponsale e quella genitoriale. Il figlio sta diventando il fondamento della famiglia, mentre dovrebbe essere la coppia a fondarla.
Il rischio è che l’educazione non sia più un “e-ducere”, cioè portare a sé, verso le proprie aspettative e i propri bisogni nei confronti dei figli. Manca la giusta distanza nell’educazione e nel rapporto coi figli, per considerarli come altro da sé e non a propria immagine. Per uscire dall’autoreferenzialità e dal ripiegamento, dalla solitudine e dall’isolamento va favorita la rete di incontro e di confronto tra le famiglie e avviata un’alleanza educativa fondamentale. La fede di Giuseppe e Maria diventa anche il criterio educativo, in controtendenza. Oggi, infatti, i genitori vogliono sapere che cosa fanno e dove vanno i figli in ogni momento e, dall’altra, permettono loro qualsiasi cosa.

lunedì 27 dicembre 2010

116 - VIVERE IL NATALE - 27 dicembre 2010

Rinascere … è possibile!
Se Dio si è fatto Bambino, la nostra storia quotidiana diventa il luogo della salvezza. Se l’umanamente impossibile è accaduto (la nascita da una Vergine e, soprattutto, la nascita di un uomo-Dio), allora ciascuno può e deve dire: “Io oggi rinasco, ricomincio, perché l’incontro col Salvatore mi rigenera a vita nuova”. C’è una lingua che tutto unisce: quella dell’amore. La lingua insegnataci da Dio che, per amore, si è fatto uno di noi e ce la insegna con la sua umiltà di essere un Bambino, dipendente dal nostro amore. Questa lingua renderà migliore la nostra città e il nostro mondo. Lasciarsi plasmare da Gesù Bambino significa imparare l’umiltà e cioè la vera grandezza, rinunciare alla violenza ed usare solo le armi della verità e dell’amore. Dio in Gesù si dà tutto, a Natale come sulla Croce. Si tratta di donare non qualcosa ma se stessi, senza la paura di perdere qualcosa. Nulla è più luminoso dello splendore semplice e potente del dono di sé. Dio è povero, perché non può tenere nulla per sé: così esige l’Amore.
Il Natale celebra la nascita di Gesù, ma anche la nascita dell’uomo. E’ la scoperta di quanto valga ogni persona. Ormai non si può far soffrire o lasciar soffrire una persona, senza colpire direttamente il Figlio di Dio. Ogni uomo è mio fratello e in ogni persona si riflette il volto di quel Primo Fratello.
Come annotava Madre Teresa di Calcutta, è Natale ogni volta che si favorisce la vita e si permette al Signore di rinascere per donarlo agli altri. Natale è celebrato un giorno per viverlo ogni giorno: si ha sempre bisogno dell’esempio e dell’insegnamento del Festeggiato, Gesù.
Gesù è la luce di Dio e dell’uomo. Sono tante le tenebre che ci avvolgono: quelle personali, cioè i lati oscuri della nostra persona e vita, che rendono faticoso il cammino; le tenebre di ordine più sociale (crisi economica ed occupazionale, crisi educativa e politica, le litigiosità e conflittualità); le tenebre di una cultura e la speranza in un futuro eterno. Il Natale svela un mondo chiuso e buio, ma Dio trova sempre una fessura per far filtrare la luce di Betlemme. Accogliendo la sua luce, si può uscire dalla chiusura dei nostri egoismi ed interessi e cominciare a ricostruire.

venerdì 24 dicembre 2010

115 - FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA - 26 DICEMBRE 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
Alla scuola della famiglia di Nazareth
(Siracide 3,3-7.14-17 Colossesi 3,12-21 Matteo 2,13-15.19-23)

C’è un contrasto fra Nazareth, piccolo borgo dove Gesù trascorre la maggior parte della sua vita e la missione universale di Gesù. Lo stile di Dio è fare grandi cose per la via del nascondimento e dall’apparente inutilità. Memorabile l’omelia di Paolo VI a Nazareth nel 1964: “La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziato a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo… Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi, cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo… Quanto ardentemente desidereremo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine!... Nazaret ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com’è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale”.
Anche la Santa Famiglia non è esente da crisi e incomprensioni. La famiglia è un mondo complesso: sposi in difficoltà, genitori impegnati nell’educazione dei figli, coppie nel disagio, figli proiettati in una società in vorticoso cambiamento, vedovi/e, malati, nonni con una maggiore robustezza di valori e di progetti di fronte alla “crisi della famiglia”. Nessuna idealizzazione semplicistica della famiglia.
Pur con i suoi problemi, la famiglia è una “risorsa” al suo interno e nell’animazione degli ambiti del vissuto quotidiano: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione e cittadinanza.
La vita familiare verifica la maturità di ognuno e la sanità delle relazioni. Per questo Giovanni Paolo II affermava: “Il futuro dell’umanità passa attraverso la famiglia”. La famiglia è il luogo in cui si uniscono e si sviluppano in armonia la differenza fra le generazioni e quella tra i sessi. La famiglia è un fattore di progresso, ha un grande valore economico nella formazione del capitale umano e sociale. In una società che si va facendo “liquida”, la famiglia è il primo fattore di solidità in senso morale ed economico.
La Parola di Dio pone le basi della famiglia e del superamento delle difficoltà: amore, bontà, misericordia, rispetto vicendevole, sopportazione, perdono, ricerca della volontà di Dio, esistenza guidata dal Vangelo, preghiera. Per crescere armonicamente le persone chiedono relazioni “calde e significative”, ricche di vicinanza, lealtà e fiducia. Uno degli elementi della crisi odierna è che si pone molta attenzione non sulle relazioni, ma sugli affetti ridotti a semplici emozioni. L’amore autentico, invece, non è “stare bene”, ma “volere bene” all’altro e volere il bene dell’altro.

114 - ALLORA BUON NATALE A TUTTI …

Buon Natale alle Famiglie,
ritrovino la pace e la gioia del vivere insieme.
Buon Natale agli Ammalati,
sentano Gesù dentro la loro sofferenza.
Buon Natale a Chi lavora per la pace,
coraggio, ancora una volta gli angeli cantano che è venuta dal Cielo la Pace.
Buon Natale ai Bambini e alle Bambine,
Gesù si è fatto Bambino per dirvi che è bello essere bambino.
Buon Natale ai Ragazzi e ai Giovani,
siete fatti per l’Infinito e l’Infinito si è fatto Presenza per lasciarsi abbracciare.
Buon Natale ai Genitori,
chiedete a Maria e Giuseppe il coraggio di essere educatori, a loro che hanno educato il Figlio di Dio.
Buon Natale ai Nonni.
come Gioacchino ed Anna, sappiate attingere dall’esperienza della vostra vita i tesori veri ed eterni da donare, goccia dopo goccia, ai vostri nipoti.
Buon Natale a Chi è triste e solo,
l’Emmanuele, il Dio con noi, è qui per dirti, che ti ha voluto Lui e non c’è nulla di più inebriante che imparare a donare un sorriso a te stesso ed agli altri.
Buon Natale a Chi cerca di fare il bene e non sempre ci riesce,
tentare e ritentare è il verbo che caratterizza la vita dell’uomo, della donna, del cristiano… Gesù è anche nel desiderio del bene.
Buon Natale ai Poveri di tutto il mondo,
beati voi perché Gesù è prima di tutto vostro… per favore datene un po’ anche a noi che tanto Lo desideriamo.
Buon Natale ai Vescovi, ai Preti e ai Religiosi,
siate come la mangiatoia che accoglie Gesù con umiltà e Lo dona a tutti, senza nessuna eccezione, nella verità della vita.
Buon Natale alle Monache e alle Suore,
siate gli Angeli del nostro tempo che annunziano senza stancarsi a tutti gli uomini e a tutte le donne “Oggi vi è nato il Salvatore!”.
Buon Natale a Chi non crede,
se pensi a quanti regali ti fa Dio, guarda solo ai giorni di festa in cui riposi e sei pagato (in un anno sono 7 senza contare le 52 domeniche), merita almeno il tuo rispetto e il tuo grazie.
Buon Natale a Chi va a Messa solo la Notte di Natale,
Gesù ti dia una benedizione speciale che valga tutto un anno … fino al prossimo appuntamento che sarà di nuovo Natale.
Buon Natale a Chi crede e vive il dono della Fede,
gli angeli ti annunziano una grande gioia: “E’ nato Gesù”, il quale porta questa bella e buona notizia “Dio ti ama ed è sempre accanto a te!”.

113 - NATALE DEL SIGNORE – IL SEGNO DEL BAMBINO - 25 DICEMBRE 2010

LA PAROLA LETTA IN FAMIGLIA
Natale dice famiglia
(Isaia 9,1-6 Ebrei 1,1-6 Luca 2,1-20 )

L’umiltà del Dio Bambino, nell’odierna cultura del travaglio, diventa una domanda di semplicità e di essenzialità. Va semplificata la vita, superando la mentalità consumista e sicurezze divenute abitudinarie, stili affettivi ambigui e spesso menzogneri, e la tentazione di essere perfetti con la totale padronanza di sé, delle cose e del creato. Il Natale conferma che “vivere come se Dio ci fosse” è molto più ragionevole del “vivere come se Dio non ci fosse”. Nel Figlio fatto persona è dato il senso della vita, la via sicura per la quale camminare. Il Natale è la buona notizia di una compagnia amante, del Dio-con-noi, che non viene mai meno.
Il segno offerto ai pastori e a noi non è un miracolo emozionante. Dio si fa piccolo, diventa Bambino, si lascia toccare e chiede il nostro amore. Si vorrebbe un segno inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma l’opera di Dio invita alla fede e all’amore. Egli possiede il potere ed è la Bontà. Colui che è il Tutto, abbassandosi fino a diventare come uno di noi, stabilisce per noi il segno reale, che è la via a Lui e questo è l’umanità del Verbo. L’amore del Dio Uni-Trino si rivela nel sacramento dell’umanità di Gesù Cristo. La gloria di Dio accecherebbe l’uomo. Ecco perché Dio si offre nel segno, al fine di pro-porsi e non im-porsi alla libertà dell’uomo, limitata e ferita.
Il Natale invita a sostare davanti a Gesù, poiché “solo lo stupore conosce”. La nascita di Gesù non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. Solo prendendo coscienza in modo attento e appassionato di noi stessi possiamo riconoscere, ammirare, ringraziare e vivere Cristo. Senza questa premessa, anche quello di Gesù diviene un puro nome. Oggi il mistero del Natale viene negato sia quando viene proposto un umanesimo solo orizzontale che tende a fare senza Cristo, sia ritenendo che Dio sia un ostacolo alla libertà e responsabilità umana. La storia insegna che l’uomo, quanto più si allontana da Dio vero, tanto meno guadagna in libertà e non diventa umano. Anzi, genera una società più ansiosa, conflittuale e litigiosa.
C’è ancora tanto bisogno di “Natale”!

martedì 21 dicembre 2010

111 - Verso Natale con i protagonisti – quinto incontro – INTERVISTA A MARIA

Maria, noi sappiamo già tante cose su di te, ma preferiamo che sia tu stessa a riassumerci la tua esistenza…
Sono una ragazza di Nazareth, un piccolo villaggio della Galilea, che non ha mai fatto parlare di sé. Sono ancora molto giovane ma, come si usa al mio tempo, sono già la promessa sposa di Giuseppe, un artigiano del mio villaggio. La mia vita non ha avuto nulla di straordinario, degno di nota… fino al giorno in cui Dio, alla ricerca di una madre per il suo Figlio, ha guardato proprio a me. Mi ha mandato l’angelo Gabriele per propormi un ruolo importante. Quando ho manifestato tutta la mia meraviglia, mi è stato chiesto semplicemente di fidarmi di Dio: lo Spirito avrebbe operato in me.
Cosa potevo rispondere? Per me era una gioia grande e un onore entrare in un piano di salvezza predisposto da Dio per la felicità degli uomini. E dunque ho detto che mi consideravo la “serva del Signore”, pronta a realizzare ogni sua parola. E’ stato allora che ho avvertito che dentro il mio grembo era sbocciata una nuova vita, una vita che era un dono di Dio e che domandava di essere custodita teneramente fino al giorno della sua nascita.

Tutto questo non ha sconvolto un bel po’ la tua esistenza?
Certo, le cose non stavano più come prima. Indovinando che stavo per diventare mamma, la gente non faceva a meno di malignare e di formulare giudizi nei miei confronti. E anche Giusppe – dal momento che non eravamo ancora sposati, e quindi non vivevamo insieme – era molto perplesso e pensieroso.

Nonostante tutto, però, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’angelo, hai affrontato un lungo viaggio…
Sì, era come fosse stato lo stesso Gabriele a invitarmi a compierlo. Proprio per tranquillizzarmi mi aveva fornito un segno prezioso. Dio non indietreggia mai davanti ad alcuna difficoltà. Tanto è vero che Elisabetta, già anziana e ritenuta sterile, stava per dare alla luce un bambino, Giovanni il Battista. Ecco perché mi sono precipitato dalla mia parente: per vedere il segno che il Signore mi offriva, per lodarlo insieme a lei per la sua bontà.

Com’è andato l’incontro con Elisabetta?
Non poteva che essere un momento di grande gioia. Ci pensi? Io e lei, così diverse, eravamo testimoni dirette di quello che Dio stava operando nella storia. I bambini che portavamo in grembo sarebbero stati protagonisti del suo progetto d’amore. Giovanni, il figlio di Elisabetta, non poteva che essere un “dono di Dio”: avrebbero annunciato che Dio visitava il suo popolo e preparato la strada a Gesù. Gesù portava un nome che indicava la sua stessa missione. “Dio salva”, Dio strappa al potere del male e offre una vita nuova.

Maria, che cosa consigli a noi, che vogliamo vivere bene il Natale?
Se volete entrare anche voi nel piano di Dio, non vi resta che aprire il libro che contiene la sua Parola ed essere pronti a metterla in pratica. A partire da quel momento Egli vi ricolma della sua gioia, unita, naturalmente, anche a difficoltà e sofferenze.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)

110 - Verso Natale con i protagonisti – quarto incontro – INTERVISTA A GIUSEPPE

Giuseppe, noi sappiamo che a te non piace tanto parlare. Però vorremmo che tu ci dicessi chi sei e che cosa fai… insomma che ti facessi conoscere.
Sono un giovane di Nazaret e di mestiere faccio il falegname e il carpentiere. Il mio lavoro consiste nel riparare gli oggetti di lavoro: vanghe, zappe, aratri… Costruisco qualche mobile molto semplice come panche e tavoli. E poi dispongo le strutture di legno che servono per fare una casa: le impalcature su cui salgono i muratori, le travi che servono per la copertura…
Sono originario di Betlemme, la città in cui è nato il grande re Davide e appartengo anch’io alla sua discendenza. E’ grazie a me che, con la nascita di Gesù, si sono realizzate le promesse di Dio riguardo al Messia che sarebbe stato un membro della famiglia di Davide.

Come mai tu, che sei originario di Betlemme, che si trova in Giudea, sei finito a Nazaret, che è in Galilea?
I tempi in cui sono vissuto non erano facili. E bisognava correre dietro al lavoro. Ecco perché sono arrivato a Nazareth. Vicino al villaggio si stava costruendo una grande città e c’era possibilità di lavoro per tanti artigiani come me. E poi a Nazareth ho trovato Maria e ho deciso di sposarla, di fare assieme a lei una famiglia tutta mia.

C’è stato, però, un momento in cui stavi per rompere il fidanzamento?
Sì, è stato quando mi sono accorto che Maria stava aspettando un bambino. Noi eravamo fidanzati, ma non ci eravamo ancora sposati e io sapevo bene che quello non poteva essere mio figlio. La nostra legge prevedeva che io convocassi gli anziani e ripudiassi Maria pubblicamente, rompendo il fidanzamento. Ma io non volevo esporla ai giudizi cattivi della gente e l’avrei fatto, ma segretamente, senza fare chiasso perché in ogni caso le volevo bene.

Giusppe, chi e che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Dio mi ha mandato in sogno un suo angelo, che mi ha detto che quanto era accaduto rientrava nei piani di Dio. E mi ha invitato a prendere in sposa Maria e a riconoscere Gesù come figlio mio, cioè a fargli da padre…

E tu, che cosa hai fatto a questo punto?
Ho seguito le indicazioni di Dio perché ero convinto che sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Così, agli occhi di tutti sono diventato suo padre davanti alla legge ebraica e davanti a tutto il villaggio. E gli ho dato il nome che mi era stato suggerito da Dio: “Gesù”, cioè “Dio salva”. Quella, infatti era la sua missione: salvare gli uomini.

Giuseppe, non è stata quella, però l’unica volta in cui ti sei fidato di Dio…
No, l’ho fatto tutte le volte che mi è stato richiesto: quando si è trattato di fuggire da Betlemme perché Gesù non venisse ucciso dai soldati di Erode e poi quando, morto Erode, si è trattato di tornare in Palestina… A fidarsi di Dio, credimi, non ci si sbaglia mai. L’Altissimo, infatti, ci chiede di collaborare al suo progetto di amore, di fare la nostra parte.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)

109 - Verso Natale con i protagonisti – terzo incontro – INTERVISTA ALL’ANGELO GABRIELE

Gabriele, è vero che tu sei un angelo? E sei proprio come ti raffigurano?
Vedete, gli artisti hanno dipinto noi angeli ricorrendo alla loro fantasia: mi hanno messo le ali, una lunga tunica, dei capelli lunghi… Ma tutto questo non è l’essenziale.
Quello che conta veramente è che sono il messaggero di Dio, il suo “postino”. Dio ci affida la sua parola e ci domanda di raggiungere i destinatari dei suoi annunci, uomini e donne che diventano i protagonisti della storia della salvezza.

Perché, allora, ti mettono le ali?
Semplice: per dimostrare che posso coprire qualsiasi distanza e arrivare in qualsiasi luogo, senza problemi. Del resto non pensi che Dio posso avvicinare, in ogni momento, ogni sua creatura? E mi disegnano un corpo, una faccia, dei capelli perché hanno capito che non sono una creatura strana, che fa paura. Anzi, quello che dico porta stupore, ma anche una grande gioia.

Qual era il paese in cui viveva Maria?
Era un piccolo villaggio della Galilea, abitato da pastori, contadini, artigiani. Non era per niente famoso: un oscuro paesino che non aveva mai fatto parlare di sé.

Non è piuttosto strano che Dio scelga in un posto così un personaggio decisivo per la storia della salvezza?
Le strade di Dio non sono quelle degli uomini: gli uomini cercano le persone ricche, potenti, famose. Dio si serve dei poveri, dei semplici, dei deboli per realizzare i suoi grandi progetti.

Angelo Gabriele, qual è il messaggio che hai portato a Maria? Potresti dircelo in poche parole?
Certo! Dio ha deciso che il suo Figlio diventerà un essere umano come noi. Maria è la donna che egli ha scelto come madre per Gesù. Dio può fare ogni cosa, ma cerca la collaborazione degli esseri umani. Per questo chiede a Maria se accetta un ruolo così determinante: dare alla luce Gesù, crescerlo e prepararlo alla sua missione.

Come ha reagito Maria di fronte a una proposta del genere?
Si è rivelata un’autentica donna di fede: che ascolta, vuol capire, ma poi in ogni caso si fida di Dio, disposta a fare la sua volontà.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)

108 - Verso Natale con i protagonisti – secondo incontro - INTERVISTA AD ELISABETTA

Elisabetta, sappiamo già che sei la moglie del sacerdote Zaccaria e la mamma di Giovanni il Battista. Che cosa hai provato quando ti sei accorta che stavi per diventare mamma?
Mi dispiace, ma credo che non possiate capire l’immensa gioia che ha colmato il mio cuore, dopo tanta tristezza e tanto dolore. Io e mio marito avevamo desiderato per tanto tempo di avere un figlio; ci volevamo bene, il nostro affetto era solido e forte. Ma alla nostra felicità mancava un figlio. E io, che amavo tanto i bambini, mi ero ormai rassegnata a non averne. Eravamo due vecchi sposi e la nostra casa non avrebbe mai sentito il pianto e il riso, le grida e le parole di un bambino…

E invece?
E invece Dio mi ha fatto una sorpresa meravigliosa: mi ha fatto diventare mamma! E’ stata una cosa così grande che nei primi mesi avevo quasi vergogna a farmi vedere. Mi tenevo nascosta, stavo in casa, evitavo la gente per non scorgere negli occhi della gente lo stupore per quello che mi stava accadendo.

Ma anche qualcuno che abitava distante da te è venuto a saperlo…
Sì, Maria di Nazareth, mia parente. E a dirglielo è stato addirittura un angelo. Lo ha fatto per confermare la sua fiducia in Dio: niente è impossibile a Dio se anche Elisabetta, alla sua età, può avere un figlio.

E Maria, dopo che lo ha saputo, che cosa ha fatto?
Oh, questo non me lo sarei proprio aspettato; ha affrontato un lungo viaggio per venire a trovarmi. Pensa, più di cento chilometri, molti giorni di cammino… Anch’io, però, avevo intuito qualcosa di quello che era avvenuto a lei. Me lo aveva suggerito misteriosamente lo Spirito. Anche lei attendeva un bambino e sarebbe stato il Messia, l’Inviato di Dio, Colui che Israele attendeva da tanto tempo.

Elisabetta, raccontaci il momento in cui vi siete incontrate.
E’ stato straordinario: tutte e due sapevamo che in noi stava accadendo qualcosa di grande. Ed era Dio stesso che agiva in noi. Non ho potuto fare a meno di dire a Maria l’onore che mi faceva entrando nella mia casa perché portava nel suo grembo il Signore, il Figlio di Dio. E le ho detto che era veramente beata perché, a differenza di Zaccaria, aveva creduto senza esitare alle parole dell’angelo.

Tu hai avvertito qualcosa dentro di te?
Sì, anche Giovanni, che mi portavo dentro, si è agitato, come se volesse salutare Gesù. Un po’ come il grande Davide che si era messo a danzare davanti all’arca dell’alleanza che entrava in Gerusalemme.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)

107 - Verso Natale con i protagonisti – primo incontro - INTERVISTA A ZACCARIA

Zaccaria, noi vogliamo conoscerti meglio. Perché sei diventato sacerdote?
E’ semplice: lo era mio padre, mio nonno e anche il mio bisnonno… Appartengo a una famiglia che si trasmette questo compito di padre in figlio.

Ma cosa fanno i sacerdoti del tuo tempo.
Abbiamo un ruolo importante e lo svolgiamo nel grande tempio di Gerusalemme: accogliamo i pellegrini, celebriamo le liturgie, compiamo i sacrifici di animali in onere del nostro Dio. In effetti il tempio è la “casa di Dio” e noi ci sentiamo sempre alla sua presenza.

Allora tu vivi tutto l’anno nel tempio?
No, ci vado cinque settimane all’anno. In occasione delle tre grandi feste religiose del nostro popolo e nelle due settimane che ogni gruppo svolge a turno. Per il resto del tempo vivo con mia moglie Elisabetta, in un paese non molto distante da Gerusalemme. Per guadagnarmi da vivere ho un lavoro come tutti.

E’ proprio nel tempio che ti è accaduto qualcosa di grande?
Sì, stavo finendo l’offerta dell’incenso nella zona più sacra che si chiama il “Santo”, quando mi è apparso un angelo del Signore. Ero sorpreso, sbalordito, non sapevo cosa dire. L’angelo del Signore mi ha trasmesso un messaggio da parte di Dio. Mi ha detto che l’Altissimo aveva ascoltato le preghiere di Elisabetta e mie e che avremmo avuto un figlio. Ma come poteva accadere una cosa simile? Io e mia moglie siamo già anziani e poi Elisabetta non può avere bambini…

E l’angelo come ha reagito ?
Mi ha detto che sarei rimasto muto finchè la parola che avevo ricevuto non si fosse realizzata. Non avevo creduto alla parola di Dio e ora nessuna parola sarebbe uscita dalla mia bocca fino alla nascita di mio figlio.

La gente si è accorta di qualcosa?
Sai, la gente era fuori del “Santo” e si preoccupava perché non mi vedeva uscire. Poi, quando mi hanno fatto domande e io ho risposto a gesti, hanno capito che mi era accaduto qualcosa di meraviglioso.

Zaccaria, noi ora ti lasciamo: tu ci insegni che dobbiamo sempre fidarci di Dio perché a lui nulla è impossibile.
Sì, è quello che ho imparato anch’io. Il suo amore è grande e sorprendente, è meraviglioso. Quando Dio fa un progetto, si impegna a realizzarlo: niente e nessuno possono fermarlo.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)

sabato 18 dicembre 2010

106 - AVVENTO IV – L’ESEMPLARITA’ DI GIUSEPPE - 19 DICEMBRE 2010 - Avvento in famiglia… quarta tappa

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
(Isaia 7, 10-14 Romani 1, 1-7 Matteo 1, 18-24)

Credere ai sogni
Nell’era della tecnica, non è facile credere che i sogni sono spesso più veri della nostra ragione, che il linguaggio del cuore è più saggio dell’imposizione delle regole rigide e che le immagini custodite nel nostro intimo sono più divine di tutto ciò che può essere misurato. Il valore simbolico del sogno esprime la scommessa della fede, che è docilità e abbandono a Dio, al di là di ogni pretesa di essere noi gli unici protagonisti della nostra vita. Dio non manca di donare intuizioni e chiarimenti per il discernimento, illuminazione interiore e ricordi, esempi positivi e aspirazioni per portare a compimento la sua volontà.
Il culmine della maturità si vede nel sì a Dio: non come creduloneria o semplificazione, ma robusta capacità di giudicare la fede come corrispondente a ciò che il cuore desidera. La ragione, lasciata a se stesso, conduce all’opinione, che può prendere la forma di una resistenza (ogni circostanza fa problema) o della gnosi (la presunzione di una conoscenza totale che annulla il Mistero). E il desiderio, separato dalla ragione, genera come reazione, rabbia, depressione, malinconia, eccitazione. Il problema è cercare la propria gioia solo nel Signore, senza compromessi o ambiguità, credendo che Egli è capace di realizzare la nostra vita in modo molto più grande e bello di quel che avremmo potuto pensare. In questa unità dell’io, non calcolata né pretesa, sta la possibilità della soddisfazione.
Ogni segno che Dio pone sul nostro cammino e che noi accogliamo da Lui è un progresso nel nostro atto di fede in Lui, che dona sempre quel tanto di luce per fare i primi passi. Nella storia della fede ogni dubbio non è chiarito, ma illuminato e appoggiato sulla fedeltà di Dio, che realizza sempre le sue promesse, sebbene non nei modi e nei tempi da noi previsti.

Avvento in famiglia… quarta tappa
Giuseppe educa ad essere “giusti”, cioè a fidarsi di Dio, a non giudicare secondo le apparenze, a non perseguire la smania nell’apparire e dello stupire a tutti i costi, a coltivare il desiderio di Dio in un mondo disincantato e cinico, a mettersi da parte per lasciare spazio al suo inaudito progetto di incarnazione, a preferire Maria al sospetto e alla calunnia e ad anteporre l’amore alla generazione. La libertà tocca il suo vertice quando diventa amore. Giuseppe non chiede un segno dal cielo, non protesta, non accampa diritti verso il Signore, non intende stancare la pazienza di Dio, ma cerca di amare di più. E’ proprio nei momenti difficili che l’amore vero, paradossalmente, emerge. Il silenzio e la preghiera aiutano a svegliarsi dall’assopimento tipico dei momenti di stanchezza e di difficoltà e a reagire con un supplemento di amore ai rapporti che si vivono quotidianamente. Giuseppe è tutt’altro che un Narciso che vede solo se stesso, incapace di accorgersi che specchiarsi per vedersi significa non capirsi e che guardando in basso ci si preclude la possibilità di guardare chi sta sopra di sé. La superbia è un peso che schiaccia.
La vita non è un museo, ma un laboratorio di progettazione del futuro. Le grandi scelte non si improvvisano, ma si preparano con i “sì” e i “no” di ogni giorno.

giovedì 16 dicembre 2010

104 - Alla scuola della sapienza… impariamo a crescere in famiglia.

Il valore dei segni.
Riprendiamo la nostra riflessione sul Vangelo di Matteo (11, 2-11) che abbiamo letto domenica.
Gesù non risponde alla domanda degli inviati di Giovanni, ma li invita ad andare a riferire al Battista ciò che vedono, Gesù ridice le parole di Isaia, quando questi aveva parlato del Messia.
· “I ciechi vedono”. Gesù dà fiducia alle perone affrante o disperate. Egli desidera che gli uomini guardino avanti, non in basso.
· “I paralitici camminano”. Il Messia libera quanti sono bloccati per aver delegato la propria vita nelle mani altrui e li mette in condizione di procedere con le proprie forze.
· “I lebbrosi sono mondati”. Le persone che hanno sensi di colpa, che si sentono non accettate e inguardabili, si vedono improvvisamente pure e buone e non temono più il confronto con gli altri.
· “I sordi odono”. Le orecchie soffocate da messaggi fatui e distraesti imparano a gustare la voce di Dio, il richiamo dell’essenziale e la bellezza del dialogo.
· “I morti risuscitano”: la vita trionfa sulla morte, che pareva definitiva. Chi pone a fondamento della propria vita Dio-Amore, si sente ripetere nel profondo: “Tu non morirai mai”.
· “Ai poveri è predicata la buona notizia”: i veri protagonisti della nuova storia, inaugurata da Cristo, sono i poveri di cuore, che diventano capaci di confondere i potenti.
La risposta di Gesù ai discepoli del Battista ripropone il “metodo cristiano”: la fede produce un cambiamento in grado di toccare la radice dell’io, che si esprime innanzitutto nel modo di guardare il reale. Il discernimento delle cose del cielo passa attraverso l’atteggiamento che si assume di fronte alle cose terrene. Quanto più una persona vive la fede nella presenza di Cristo nella Chiesa, tanto più lo stupore dei segni di Dio scatta anche nella situazione più nascosta e normale. Gesù ha denunciato con rammarico la gente che riesce a riconoscere i segni del tempo (nuvole e scirocco) e non riconosce i segni dell’azione di Dio (Lc 12, 54-56). Non perché ne sia incapace, ma perché non è disponibile a farlo, in quanto bloccata dal pregiudizio o dalla distrazione.
Gesù quindi non ci dà risposte preconfezionate e questa è la grande novità della Sua presenza. Gesù non è un’idea, ma una vita nuova da sperimentare. Per sua natura, la fede non è evidente, perché Dio non è il risultato di un ragionamento scientifico. Non è Dio che deve dimostrare qualcosa, siamo noi che dobbiamo aprirci a Lui e cambiare.

sabato 11 dicembre 2010

103 - AVVENTO III – GESU’ UNA RISPOSTA SEMPRE NUOVA - 12 DICEMBRE 2010 – Avvento in famiglia… terza tappa

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
(Isaia 35, 1-6.8.10 Genesi 5, 7-10 Matteo 11, 2-11)

Tutta la storia è un grande Avvento che porta con sé le domande dell’uomo, e Gesù è sempre la risposta.
Gesù “sorprende” sempre e tutti, non rientra mai negli schemi preconfezionati. Anche Giovanni Battista pensava che il Messia avrebbe dovuto incutere timore con più forza, tagliare alla radice gli alberi infruttuosi e con ventilabro separare i buoni dai cattivi…
Gesù invece, sembra agire in modo del tutto diverso. Il Nazareno chiama sì alla conversione, ma con una modalità nuova rispetto allo stile del Precursore. Non si vede nulla né si sente nulla sulla bocca di Gesù a proposito di scuri, di fuoco e di trebbiature. Egli parla piuttosto di alberi infruttuosi che vanno zappati e concimati, e paragona il Regno di Dio ad un seme in crescita. Si vendica dei cattivi trasformandoli in buoni.
Chi è aperto al reale capisce o perlomeno ascolta. Se la realtà è “segno” che rimanda l’uomo a qualcosa d’altro, allora l’educazione alla libertà è educazione alla responsabilità, termine quest’ultimo che deriva da “rispondere”. La vera questione è se si vuole essere gente “sistemata” oppure se vuole partecipare alla nuova avventura della fede. Occorre promuovere un’educazione all’attenzione e all’accettazione. Chi segue quello che il Signore fa accadere davanti a noi, fiorisce; chi non si lascia generare da quanto accade, marcisce. Beati quelli che hanno “fame e sete” e maledetti quanti non si aspettano più niente di veramente nuovo o autentico, rifugiandosi dietro i “ma, se, forse, però” ecc...
Cristo è la vera risposta alle domande dell’uomo ed è sempre più di quanto ognuno osi sperare. Ma la proposta di Gesù risulta sconvolgente per tanti: egli verrà ucciso perché non corrispondente all’immagine di Dio che i capi avevano in testa. Ecco perché ha detto: “Beato chi non si scandalizza di me”!

Avvento in famiglia… terza tappa
Un’infinita serie di pubblicità presenta l’individuo libero da ogni limite (ad esempio, “Tu senza confini”). Presi da tale illusione, si fatica ad accettare le proprie debolezze, limiti e fragilità. Molti studiosi mettono l’accento sulla fatica dei ragazzi ad accettare le frustrazioni dell’attesa e del rinvio: “Life is now”, la vita è adesso, ripete ossessivamente una nota pubblicità. Si crea quindi un’abitudine ad una soddisfazione immediata che contrasta con la pazienza e gli sforzi che il viaggio della vita richiede. Noi non vorremmo avere limiti e, quando li avvertiamo, li vorremmo superare con un balzo. L’agricoltore ben conosce lo stile del seme, che muore per portare frutto. L’agricoltore bene addestrato nella virtù della pazienza, attende per mesi la gemma che spunta al tepore della primavera, la spiga che biondeggia al sole cocente. Noi invece, spesso, pretendiamo che le cose e la vita stessa vibrino durante il breve attimo del nostro possesso. Non accettiamo l’impegno dell’attesa perseverante, dell’impegno costante. Occorre educare mente e cuore a superare il “tutto e subito”, in ogni ambito del vivere, compresa la vita affettiva. Le nostre fragilità possono diventare cifre positive, a patto di accettare la fatica di percorrere gradualmente il sentiero della vita con apertura di mente e di cuore.

mercoledì 8 dicembre 2010

102 - IMMACOLATO CONCEPIMENTO DI MARIA - 8 DICEMBRE 2010 – Con la Madonna verso Natale

LA PAROLA LETTA IN FAMIGLIA
(Genesi 3,9-15.20 Efesini 1,3-611-12 Luca 1,26-38)

Oggi la Parola ci invita a celebrare il mistero di grazia, una grazia che supera ogni misura, che ha preservato Maria di Nazareth da ogni ombra di peccato, perché scelta per essere la madre del Salvatore. Maria riceve una sorte di nome nuovo, verrà chiamata “la piena di grazia”. E l’invito a gioire a lei rivolto, è motivato da questo fatto: “Il Signore è con te”. Così si era presentato Dio a Mosè: “Io sono colui che sono con te!” (Esodo 3,14). In tal modo Maria è inserita nella storia di una speranza e di un attesa: che Dio sia stabilmente con noi. E tale attesa sarà portata a compimento proprio dal figlio di Maria, l’Emmanuele, “Dio con noi”.
Nel vangelo di Luca Gesù è la promessa di Dio compiuta a nostro vantaggio. Maria, dichiarandosi la “serva del Signore”, entra nella lunga schiera di servi del Signore che hanno offerto la loro collaborazione perché si realizzi il suo progetto di salvezza. La risposta di Maria è l’accettazione di una missione. Così diventa per noi modello della fede quale disponibilità incondizionata a farsi servitore del mistero di Dio nella storia. Le chiamate di Dio sono sempre in vista di un incarico per il bene di tutti, ma ancor prima sono una lieta notizia, un “rallegrati”. Dio non imbroglia mai nessuno. La gloria di Dio è sempre abbinata alla gioia di chi crede e si pone al servizio di Dio. Pierre Teilhard de Chardin definisce Maria “perla del cosmo”, perché orienta il mondo verso Cristo. L’essere preservata dal peccato non rappresenta un limite, ma anzi polarizza e catalizza l’evoluzione di tutta l’umanitá verso Dio. Maria è un punto luminoso, che invece di paralizzare le forze dell’umano, le aumenta e le realizza. In lei si apprende a superare la mediocrità quotidiana per diventare “santi e immacolati nell’amore”. Il cristiano non puó essere indifferente ai vari generi di inquinamento, che portano ad un abbruttimento generale e ad un degrado relazionale. C’è un’ecologia spirituale, oltre che ambientale; c’è urgenza di tendere a quell’Eden, che proprio il peccato ha allontanato, e di riaffermare che per tutti l’inizio della vita è un dono di Dio e va rispettato in quanto tale.

Riflesso della Bellezza
Come cristiani è tempo di tornare ad apprezzare il bello e ad educare al senso dello stupore. In Maria infatti si contempla “il riflesso della Bellezza che salva il mondo: la Bellezza di Dio che risplende sul volto di Cristo. In Maria questa Bellezza è totalmente pura, umile, libera da ogni superbia e presunzione” (Papa Benedetto XVI). Guardando a Maria, donna “riuscita” e raggiante della bellezza dell’amore, l’uomo non puó accontentarsi delle speranze terrene: avverte l’esigenza di tendere ad un’umanitá che viva in pienezza ogni relazione con Dio, con gli altri e con le cose. Dio vuol fare della vita umana il teatro di una storia di grazia e di bellezza e coinvolge tutti e ciascuno.

sabato 4 dicembre 2010

101 - AVVENTO II – Verso il Natale seguendo la Parola - 5 DICEMBRE 2010 – Avvento in famiglia… seconda tappa

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
(Isaia 11, 1-10 Romani 15, 4-9 Matteo 3, 1-12)

La fede è un rapporto personale con Dio che in Cristo si è pienamente rivelato. Sia Isaia che Giovanni Battista sono solo una voce: Gesù è la Parola. Sant’Ambrogio invitava a ricordarsi che “la lettura della Sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, perché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo. Poiché parliamo con Lui quando preghiamo e Lo ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini”. Giovanni il Battista immerge nell’acqua, Gesù immerge direttamente in Dio Spirito Santo Consolatore e Difensore.
Occorre anzitutto dare il tempo all’ascolto della Parola, donata per aiutarci a perseverare, per consolarci e tenere viva la nostra speranza. La Parola è come il fuoco che illumina, scalda il cuore, distrugge il male. Essa, come una scure, taglia i comportamenti non appropriati e come l’acqua purifica i nostri pensieri. Immergersi nella Parola è l’unico modo per rendere trasparenti e fecondi i propri progetti di vita.
Con Cristo Parola, che si prende totalmente a cuore l’umanità di ognuno, è possibile cambiare la vita; questo dipende da ciascuno, non primariamente dagli altri o da condizione esterne. Convertirsi non è un obbligo, ma un dono: significa essere immersi dalla grazia nell’opportunità di essere davvero se stessi, felici. Nel nostro intimo l’uomo vecchio convive ancora con l’uomo nuovo, il miscredente convive con il cristiano, per cui c’è sempre un rischio di vivere un cristianesimo “decorativo”, che incide poco sulle scelte di vita. Le modalità con cui il Signore ci risveglia sono sempre imprevedibili ed inedite, non hanno mai il volto che vorremmo noi, figli di una mentalità calcolatrice. L’essere destati è sempre un disturbo e una fatica ma anche un aiuto e una liberazione.

Avvento in famiglia… seconda tappa
Dopo la memoria e l’attesa in questa seconda tappa del nostro avvento in famiglia parliamo di accoglienza reciproca e della gloria di Dio. “Accoglietevi perciò gli uni e gli altri come anche il Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” (Romani 15, 7).
La vita di coppia con il crescere degli anni ha bisogno di un’accoglienza sincera, fattiva e coinvolgente. Più s’invecchia e più emergono i difetti. E’ possibile però trasformarli in luogo d’incontro e di comunione dove al centro ci deve essere sempre il bene della famiglia e il bene dell’altro/a. La pratica di questa accoglienza attinge dalla preghiera un nutrimento per la vita ordinaria, che dà solidità, perseveranza nella speranza, accettazione dei propri e degli altrui limiti. Dobbiamo sempre guardare a Cristo e metterci alla sua scuola per imparare a vivere da figli di Dio che costruiscono il Regno dei cieli e tutto fanno per la gloria del loro Padre. Gesù ha reso bella e affascinante la sua vita cercando e realizzando sempre la volontà di Suo Padre. Diventa un bene allora per tutta la famiglia sentire la presenza di Dio e cercare la sua gloria.

mercoledì 1 dicembre 2010

100 - LA FAMIGLIA OGGI

Nella nostra epoca travagliata, occorre più che mai distogliere gli occhi dal giornale quotidiano per alzarli verso quel giornale eterno le cui lettere sono le stelle, il cui contenuto é l'amore, e il cui redattore é Dio.

99 - NON LESINIAMO SUL DONO

Alla scuola della sapienza … impariamo a crescere in famiglia!

Ero andato mendicando di uscio in uscio lungo il sentiero del villaggio, quando in lontananza mi apparve il Tuo aureo cocchio, simile a un sogno meraviglioso.
Mi domandai: Chi sarà mai questo Re di tutti i re?
Crebbero le mie speranze, e pensai che i giorni tristi sarebbero ormai finiti; stetti ad attendere che l’elemosina mi fosse data senza doverla chiedere, e che le ricchezze venissero sparse ovunque nella polvere.
Il cocchio mi si fermò accanto; il Tuo sguardo cadde su di me, e Tu scendesti con un sorriso. Sentivo che era giunto alfine il momento supremo della mia vita.
Ma Tu, ad un tratto, mi stendesti la mano destra dicendomi: “Che cos’hai da dirmi?”
Ah! Quale gesto veramente regale fu quello di stendere la Tua palma per chiedere l’elemosina ad un povero! Esitante e confuso, trassi lentamente dalla mia bisaccia un acino di grano e Te lo porsi.
Ma quale non fu la mia sorpresa quando, sul finire del giorno, vuotai a terra la mia bisaccia e trovai nell’esiguo mucchietto di acini, un granellino d’oro!
Piansi amaramente per non aver avuto cuore di darti tutto quello che possedevo…
(RAVINDRANATH TAGORE)

Chi ha speso, ha consumato; chi ha raccolto, ha perduto; ma chi ha dato, ha messo in salvo per sempre i suoi tesori.
(lNAYAT KHAN)

Il vero altruismo è più della capacita di essere pietosi: è la capacita di simpatizzare.
(MARTIN LUTHER KING)

Mettetevi sempre al posto del vostro prossimo, e mettete il prossimo al vostro posto; così giudicherete bene. Comprando, immaginate d'essere chi vende, e vendendo, d'essere chi compra: così comprerete e venderete equamente ...
(SAN FRANCESCO DI SALES)