LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
(Isaia 7, 10-14 Romani 1, 1-7 Matteo 1, 18-24)
Credere ai sogni
Nell’era della tecnica, non è facile credere che i sogni sono spesso più veri della nostra ragione, che il linguaggio del cuore è più saggio dell’imposizione delle regole rigide e che le immagini custodite nel nostro intimo sono più divine di tutto ciò che può essere misurato. Il valore simbolico del sogno esprime la scommessa della fede, che è docilità e abbandono a Dio, al di là di ogni pretesa di essere noi gli unici protagonisti della nostra vita. Dio non manca di donare intuizioni e chiarimenti per il discernimento, illuminazione interiore e ricordi, esempi positivi e aspirazioni per portare a compimento la sua volontà.
Il culmine della maturità si vede nel sì a Dio: non come creduloneria o semplificazione, ma robusta capacità di giudicare la fede come corrispondente a ciò che il cuore desidera. La ragione, lasciata a se stesso, conduce all’opinione, che può prendere la forma di una resistenza (ogni circostanza fa problema) o della gnosi (la presunzione di una conoscenza totale che annulla il Mistero). E il desiderio, separato dalla ragione, genera come reazione, rabbia, depressione, malinconia, eccitazione. Il problema è cercare la propria gioia solo nel Signore, senza compromessi o ambiguità, credendo che Egli è capace di realizzare la nostra vita in modo molto più grande e bello di quel che avremmo potuto pensare. In questa unità dell’io, non calcolata né pretesa, sta la possibilità della soddisfazione.
Ogni segno che Dio pone sul nostro cammino e che noi accogliamo da Lui è un progresso nel nostro atto di fede in Lui, che dona sempre quel tanto di luce per fare i primi passi. Nella storia della fede ogni dubbio non è chiarito, ma illuminato e appoggiato sulla fedeltà di Dio, che realizza sempre le sue promesse, sebbene non nei modi e nei tempi da noi previsti.
Avvento in famiglia… quarta tappa
Giuseppe educa ad essere “giusti”, cioè a fidarsi di Dio, a non giudicare secondo le apparenze, a non perseguire la smania nell’apparire e dello stupire a tutti i costi, a coltivare il desiderio di Dio in un mondo disincantato e cinico, a mettersi da parte per lasciare spazio al suo inaudito progetto di incarnazione, a preferire Maria al sospetto e alla calunnia e ad anteporre l’amore alla generazione. La libertà tocca il suo vertice quando diventa amore. Giuseppe non chiede un segno dal cielo, non protesta, non accampa diritti verso il Signore, non intende stancare la pazienza di Dio, ma cerca di amare di più. E’ proprio nei momenti difficili che l’amore vero, paradossalmente, emerge. Il silenzio e la preghiera aiutano a svegliarsi dall’assopimento tipico dei momenti di stanchezza e di difficoltà e a reagire con un supplemento di amore ai rapporti che si vivono quotidianamente. Giuseppe è tutt’altro che un Narciso che vede solo se stesso, incapace di accorgersi che specchiarsi per vedersi significa non capirsi e che guardando in basso ci si preclude la possibilità di guardare chi sta sopra di sé. La superbia è un peso che schiaccia.
La vita non è un museo, ma un laboratorio di progettazione del futuro. Le grandi scelte non si improvvisano, ma si preparano con i “sì” e i “no” di ogni giorno.
(Isaia 7, 10-14 Romani 1, 1-7 Matteo 1, 18-24)
Credere ai sogni
Nell’era della tecnica, non è facile credere che i sogni sono spesso più veri della nostra ragione, che il linguaggio del cuore è più saggio dell’imposizione delle regole rigide e che le immagini custodite nel nostro intimo sono più divine di tutto ciò che può essere misurato. Il valore simbolico del sogno esprime la scommessa della fede, che è docilità e abbandono a Dio, al di là di ogni pretesa di essere noi gli unici protagonisti della nostra vita. Dio non manca di donare intuizioni e chiarimenti per il discernimento, illuminazione interiore e ricordi, esempi positivi e aspirazioni per portare a compimento la sua volontà.
Il culmine della maturità si vede nel sì a Dio: non come creduloneria o semplificazione, ma robusta capacità di giudicare la fede come corrispondente a ciò che il cuore desidera. La ragione, lasciata a se stesso, conduce all’opinione, che può prendere la forma di una resistenza (ogni circostanza fa problema) o della gnosi (la presunzione di una conoscenza totale che annulla il Mistero). E il desiderio, separato dalla ragione, genera come reazione, rabbia, depressione, malinconia, eccitazione. Il problema è cercare la propria gioia solo nel Signore, senza compromessi o ambiguità, credendo che Egli è capace di realizzare la nostra vita in modo molto più grande e bello di quel che avremmo potuto pensare. In questa unità dell’io, non calcolata né pretesa, sta la possibilità della soddisfazione.
Ogni segno che Dio pone sul nostro cammino e che noi accogliamo da Lui è un progresso nel nostro atto di fede in Lui, che dona sempre quel tanto di luce per fare i primi passi. Nella storia della fede ogni dubbio non è chiarito, ma illuminato e appoggiato sulla fedeltà di Dio, che realizza sempre le sue promesse, sebbene non nei modi e nei tempi da noi previsti.
Avvento in famiglia… quarta tappa
Giuseppe educa ad essere “giusti”, cioè a fidarsi di Dio, a non giudicare secondo le apparenze, a non perseguire la smania nell’apparire e dello stupire a tutti i costi, a coltivare il desiderio di Dio in un mondo disincantato e cinico, a mettersi da parte per lasciare spazio al suo inaudito progetto di incarnazione, a preferire Maria al sospetto e alla calunnia e ad anteporre l’amore alla generazione. La libertà tocca il suo vertice quando diventa amore. Giuseppe non chiede un segno dal cielo, non protesta, non accampa diritti verso il Signore, non intende stancare la pazienza di Dio, ma cerca di amare di più. E’ proprio nei momenti difficili che l’amore vero, paradossalmente, emerge. Il silenzio e la preghiera aiutano a svegliarsi dall’assopimento tipico dei momenti di stanchezza e di difficoltà e a reagire con un supplemento di amore ai rapporti che si vivono quotidianamente. Giuseppe è tutt’altro che un Narciso che vede solo se stesso, incapace di accorgersi che specchiarsi per vedersi significa non capirsi e che guardando in basso ci si preclude la possibilità di guardare chi sta sopra di sé. La superbia è un peso che schiaccia.
La vita non è un museo, ma un laboratorio di progettazione del futuro. Le grandi scelte non si improvvisano, ma si preparano con i “sì” e i “no” di ogni giorno.
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