sabato 12 gennaio 2013

460 - TU SEI IL FIGLIO MIO, L’AMATO - 13 Gennaio 2013 – Battesimo del Signore

(Isaia 40,1-11 Tito 2,11-14;3,4-7 Luca 3,15-22)

Ultima delle solennità del tempo di Natale, la festa del Battesimo del Signore costituisce una specie di saldatura tra il mistero dell’Incarnazione e il percorso delle prime domeniche del tempo ordinario. Ci strappa, in modo piuttosto brusco, alla capanna di Betlemme, ai pastori e ai Magi, per farci cogliere in profondità il significato di ciò che è accaduto.
La festa odierna quindi chiude il tempo di Natale e apre sul tempo ordinario. Lo fa mettendoci davanti proprio la scena del Battesimo di Gesù al fiume Giordano, cioè saldando insieme l’epifania con la missione pubblica. Il cielo aperto indica «che la preghiera di Gesù viene accolta e si riapre in pienezza la porta dell’incontro tra Dio e l’uomo» e la colomba non è altro «che la concreta espressione di un rapporto d’amore e di fedeltà che si ripristina tra Dio e il suo popolo nella persona del Figlio, visto come lo sposo a cui fa ritorno la colomba d’Israele». Questa rivelazione, che fa percepire i tempi messianici, non induce tuttavia ad una contemplazione statica. È piuttosto un dinamismo che si mette in moto, una forza che, a partire dal Giordano, si mette in azione per raggiungere ogni persona. E noi siamo invitati a mettere i nostri passi su quelli di Gesù, per accogliere i suoi gesti e lasciarci trasformare dalle sue parole.
La liturgia non vuole che ci fermiamo al Giordano. Il brano della lettera a Tito ci guida a riconoscere ciò che per noi e in noi si è realizzato. La salvezza portata dal Figlio, l’amato, si è compiuta nella nostra storia, attraverso il Battesimo che abbiamo ricevuto. Anche noi, dunque, grazie al Battesimo, siamo stati sottratti alle forze del male e del peccato, riscattati da ogni schiavitù e resi liberi, cioè capaci di vivere con sobrietà, giustizia e pietà. «Il saggio equilibrio e controllo di sé, la giustizia verso gli altri, la pietà verso Dio» prima di essere un’indicazione di vita costituiscono la possibilità di un’esistenza buona e bella.
Anche noi, grazie al Battesimo, siamo stati ‘rigenerati’ e ‘rinnovati’ nello Spirito Santo. L’amore di Dio, riversato su di noi attraverso Gesù, ha prodotto frutti insperati. Ha fatto morire l’uomo vecchio ed emergere l’uomo nuovo, segnato da una relazione improntata a fiducia e confidenza nei confronti di Dio (siamo suoi figli) e a generosità e misericordia verso gli altri (siamo fratelli). La scena svoltasi al Giordano non è rimasta allora un quadro: per ogni battezzato quella ‘rivelazione’ si è avverata.

PREGHIERA

L’attesa è terminata, Gesù, il momento è finalmente giunto: ora la tua missione comincia. Per questo, infatti, tu sei venuto. È con la forza dello Spirito che ci vieni incontro: con uno spirito di misericordia per risollevare e guarire, con uno spirito di saggezza per insegnarci a leggere questa nostra storia tormentata e offrirci strade nuove che non tradiscono le promesse.
Tu vieni con uno Spirito di mitezza e di pazienza, disposto a cercarci nelle regioni della nebbia e del disorientamento, pronto ad offrirci quel perdono smisurato che fa di noi creature nuove e a strapparci risolutamente ad ogni schiavitù, ad ogni catena.
A guidarti è solo l’amore, un amore senza limiti, che traboccherà da ogni gesto e da ogni tua parola. È lo stesso amore che il Padre da sempre ha riversato su di te e di cui ora tu fai dono all’umanità. È quell’amore che, solo, può cambiare il corso delle vicende umane, offrendo a chi lo desidera un fuoco perenne che accende l’esistenza, la possibilità di attingere alla fonte eterna della vita.

sabato 5 gennaio 2013

459 - HAI RIVELATO ALLE GENTI IL TUO FIGLIO - 06 Gennaio 2013 – Epifania del Signore

(Isaia 60,1-6 Efesini 3,2-6 Matteo 2,1-12)

La vicenda dei Magi, al di là del mistero che la circonda, disegna ai nostri occhi i passaggi che caratterizzano l’approdo alla fede. Scrutare la natura e la storia, cercare, domandare, trovare… e imboccare un’altra strada: ecco i verbi che costituiscono altrettante tappe di un percorso che conduce a Dio. Venuti da lontano, i Magi approdano – sotto la guida della stella – al bambino nato da poco. Riconoscono in lui il Potente, il Signore loro annunciato e gli offrono doni dall’alto valore simbolico.Grazie a quel bambino tutti gli uomini – ebrei e non ebrei – sono chiamati a formare un solo popolo, il popolo dei redenti, cioè di coloro che accolgono il Vangelo e, grazie allo Spirito, condividono la stessa eredità e partecipano alla stessa promessa.
Riflettiamo ora sui verbi che narrano l’incontro tra Gesù ed i Magi: ‘videro’, ‘si prostrarono’, ‘adorarono’, ‘aprirono i loro scrigni’ e ‘offrirono in dono’. 

 • «Videro». Avevano visto la stella, ma quella era solo un segno. Ora hanno raggiunto il traguardo e i loro occhi si aprono sul bambino con Maria, sua madre. Nell’esistenza del credente il verbo ‘vedere’ ha la sua parte, anche se non deve essere sopravvalutato. Non appare davanti ai Magi la potenza di Dio, ma la fragilità di un bambino, nato da poco, accanto a sua madre. Bisogna avere uno sguardo particolare, lo sguardo della fede, per riconoscere in quel bambino il «re dei Giudei». Nulla, infatti, lo fa presagire. Lo scenario dimesso, la tenera età non costituiscono per nulla un aiuto. E tuttavia grazie alla stella – il segno di partenza – i Magi sono sicuri di non sbagliarsi. 

 • «Si prostrarono» e «lo adorarono». La prostrazione/adorazione «non è un gesto formale previsto dal cerimoniale di corte. Veicola, con il linguaggio del corpo steso completamente a terra, il messaggio del supplice verso colui che sta in alto, del debole nei confronti del forte, del povero che lambisce la polvere e che si affida a colui che solo può rialzarlo». C’è un cambiamento di prospettiva, e non è di poco conto. Fino ad ora i Magi hanno diretto il loro sguardo verso il cielo nella contemplazione della stella, «adesso sono con il capo all’ingiù, riversi per terra e comprendono quale grande dono Dio abbia fatto attraverso l’Emmanuele. Il cammino celeste è autentico proprio perché realizzato nella storia degli uomini da un Messia mite ed umile di cuore».

• «Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra». Davanti al Dono di Dio, i Magi tirano fuori i loro doni. Doni preziosi, contenuti nei loro scrigni, destinati a conservare beni a cui si tiene veramente. Doni simbolici che implicano un riconoscimento nei confronti di quel bambino. È lui il Signore vero, lui l’Eterno che ha deciso di assumere la carne di un uomo. Quei doni, dunque, equivalgono ad un’autentica confessione di fede. Ed esprimono un altro atteggiamento che caratterizza la nostra fede. I nostri doni non pretendono mai di ricambiare il Dono che Dio ci ha fatto. Sono piuttosto un modo per esprimere la nostra riconoscenza nel ‘rendimento di grazie’. In effetti la dinamica ‘eucaristica’ abita costantemente la nostra relazione con Dio. Noi non siamo preoccupati di conquistare Dio e di convincerlo ad usarci benevolenza. Per un motivo molto semplice: Egli ci precede sempre con il suo amore. A noi la gioia di dirgli la nostra gratitudine.

PREGHIERA

Ecco, c’è una domanda che si portano dentro da molto tempo e hanno percorso tanta strada per trovare qualcuno che sia in grado di fornire una risposta adeguata. Ecco, c’è un interrogativo che abita la loro esistenza da quando hanno visto quella stella splendere nel firmamento con un chiarore inedito. Ecco, c’è una richiesta che tiene desto il loro desiderio perché hanno sacrificato tutto pur di venire a capo di una ricerca che li ha condotti lontano dalle loro case: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?».
Poche parole, fatte apposta sembra, per destare sconcerto e turbamento in chi non attende nulla anche se custodisce, suo malgrado, un’indicazione precisa, e anche in chi teme, in ogni caso, quel nuovo che invece rallegra tutti i poveri della terra, tutti coloro che scrutano la natura e la storia in cerca di una traccia.
Dona, Signore Gesù, a tutti i magi, di ieri e di oggi, la gioia indicibile di incontrarti, di vedere il tuo volto.