sabato 31 luglio 2010

46 - XVIII DOMENICA – IL DENARO, UNA FALSA SICUREZZA - 01 Agosto 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
In famiglia le cose diventino segni di comunione (Qoèlet 1.2; 2,21-23 Colossesi 3,1-5.9-11 Luca 12,13-21)
Uno dei bisogni fondamentali dell’uomo è la sicurezza. Egli ricerca appassionatamente e necessariamente un fondamento stabile su cui poggiare la propria esistenza. Ora un movimento antico quanto l’uomo è quello di chi sceglie come pietra angolare nella propria vita le cose, il denaro.
Il denaro è tutto, si dice. Il denaro è potere, meglio è il potere. Senza denaro non si può far nulla. Il denaro dà all’uomo il senso della sicurezza, della possibilità di fare tutto. Scatta allora il meccanismo dell’accumulazione: il denaro non è mai troppo… diventa idolatria. Quando il denaro diventa dio, per averlo si è disposti a tutto.
Il denaro è la sorgente di tutte le gerarchie sociali, di tutte le discriminazioni: chi ha di più è più in alto; gli uomini non sono più uguali, si distinguono per quello che hanno. Ma l’uomo del denaro diventa un uomo ‘solo’, un uomo alienato, schiavo. Il denaro diventa una prigione. L’uomo del denaro è l’uomo vecchio….
Le cose sono una falsa sicurezza. Il possesso è in realtà illusorio: il ricco è posseduto dalle cose……non le possiede. La morte rivela in modo evidente questa verità. La meditazione della morte compie nell’uomo la liberazione da un’illusione, una prima liberazione dalle cose.
Il fondamento sicuro dell’esistenza è Dio solo, in Lui acquista significato anche l’uso delle cose, in sé buone. Non saranno più sorgente di divisione ma di comunione. L’uomo non le tiene egoisticamente per sé, ma le trasforma in ‘segno’ di comunione.

La divisione dell’eredità è sempre stata un momento difficile per le famiglie. Fare le parti giuste è quasi impossibile. La divisione dell’eredità diventa la divisione della famiglia. Davanti al dio-denaro emergono tutte le nostre povertà.
Ci sono poi delle soluzioni dinnanzi alle quali rimango di stucco. Una coppia nella quale ciascuno mantiene il suo conto bancario, come da fidanzati, e le spese della famiglia si dividono a metà…prendendo lui il doppio della moglie…risultato: il conto del marito è ben fornito, quella della moglie a zero! Mi è sembrato strano che solo un mio intervento abbia fatto emergere che l’impostazione non reggeva…Famiglie che vivono al di sopra delle proprie possibilità…se entrano € 1.500,00 al mese non possiamo spendere tutti i mesi 1.600/1.700,00…ma se non si sono mai registrate le spese è difficile sapere dove si deve risparmiare…
Dobbiamo anche chiederci come stiamo educando i figli nel rapporto con il denaro…se quanto ricevono (paghetta, feste, compleanni…) viene considerato tutto proprietà personale da potersi spendere a piacimento….e questo sistema continua con lo stipendio…è chiaro che sposati i soldi non basteranno mai…In educazione è necessario unire il piacevole con il necessario anche nell’uso dei soldi!

45 - A META’ SETTIMANA…PER RIASSAPORARE LA PAROLA!

Preghiera verbale e preghiera vitale
Il rapporto con Dio si vive all’interno dell’esistenza, nella fitta trama di rapporto con le persone. La preghiera perciò è un fatto vitale prima che verbale. Però il momento verbale è un momento antropologicamente necessario ed ineliminabile. Certo le otto ore di lavoro duro per un operaio sono amore concreto per la moglie ed i figli, ma se si toglie il momento del dialogo, si perde una dimensione essenziale dell’esistenza umana. Così anche per il nostro rapporto con Dio. La preghiera è parola, è coscientizzazione del rapporto con Dio, è nutrimento del rapporto personale con Lui: quando non ci si parla più lentamente si diventa estranei.
La preghiera in quanto parola è vera o falsa. E? vera quando esprime la realtà ossia la vita, falsa quando ne è dissociata.

Tre condizioni costitutive della preghiera
1) La fede in un Dio personale, vivente: non si parla ad un’idea o ad una cosa o ad una forza impersonali. Chi prega sa di trovarsi di fronte alla Sapienza suprema che lo conosce. Non basta una fede nel significato della vita o in una persona umana, occorre la fede in Dio, nell’Amore.
2) La fede nella presenza reale: Dio è sempre presente e questa presenza è sorgente di vita e di luce. In essa viviamo con intensità il momento presente, perché incontriamo il Signore della storia nella riconoscenza per quanto ci ha dato nel passato e nell’attesa della trasfigurazione finale.
3) La fiducia che il Dio che ci ha parlato e continua a rivelarsi ascolterà la nostra preghiera: la preghiera suppone un rapporto tu-io io-tu. La fede che dà forza alla preghiera si può condensare così: “Tu sei ed io sono per mezzo di Te e Tu mi inviti a vivere con Te”. Per mezzo della preghiera si realizza la reciprocità delle coscienze, la presenza reciproca.

Le forme fondamentali della preghiera
1) Preghiera di ascolto: Il vero orante è anzitutto colui che ascolta! E’ l’ascolto che immette nella relazione di filialità con il Padre. L’ascolto è preghiera perché è accoglienza di Colui che parla, inizio della relazione con Lui, dell’obbedienza a Lui. (Salmo 95 – Venite, cantiamo al Signore…)
2) Preghiera di adorazione: è il riconoscere il tutto di Dio ed il nulla dell’uomo, l’assoluta signoria di Dio e la totale indigenza dell’uomo. La persona si accetta in fondamentale libertà come totalmente e continuamente dipendente da Dio come il nulla dal Tutto. (Salmo 63 – O Dio tu sei il mio Dio…)
3) Preghiera di lode: è confessione della grandezza Dio. Alla luce della Parola che rivela quello che “Dio è” sgorga spontaneo, nella gioia e nella libertà, un sentimento che prorompe nella lode…espressione del proprio ‘sì’, del proprio ‘amen’ a Dio. (Salmo 113 – Lodate, servi del Signore…)
4) Preghiera di ringraziamento: Alla gratuità dell’agire di Dio verso l’umanità risponde il riconoscimento del dono e la riconoscenza e gratitudine dell’uomo. Se da un lato la preghiera di ringraziamento considera il ‘passato’, ciò che Dio ha fatto per noi, dall’altro essa apre al ‘futuro’, alla speranza: e tutto questo mentre si configura come dimensione peculiare in cui vivere cristianamente il ‘presente’, lo spazio stesso della vita. (Salmo 92 – E’ bello rendere grazie al Signore…)
5) Preghiera di intercessione: Inter-cedere significa ‘fare un passo tra’, ‘interporsi’, in una compromissione attiva che coinvolge tanto il rapporto con Dio quanto il rapporto con gli uomini. Nell’intercessione il cristiano si apre al bisogno dell’altro facendone memoria davanti a Dio e ricevendo nuovamente l’altro da Dio illuminato dalla luce della volontà divina. L’icona dell’intercessore è Cristo crocifisso che presenta al Padre l’umanità. (Salmo 80 – Tu, Pastore d’Israele, ascolta…)
6) Preghiera di domanda: La domanda non è solo qualcosa che l’uomo fa, ma è una dimensione costitutiva del suo stesso essere: l’uomo è domanda, è appello. Con la preghiera di domanda il credente stabilisce un tempo di attesa tra il bisogno ed il suo soddisfacimento, pone una distanza tra sé e la sua situazione concreta: egli si innalza dal suo bisogno e lo trasfigura in desiderio. Impariamo quindi a desiderare, cioè a conoscere e disciplinare i nostri desideri, distinguendoli dai nostri bisogni e cercando di accordarli con il desiderio di Dio. Noi chiediamo i doni che colmino i nostri bisogni, e lo Spirito Santo ci porta ad invocare la presenza del Donatore, ovvero chiedere l’amore, desiderio del desiderio. (Salmo 130 – Dal profondo a te grido, o Signore…)
7) Preghiera di perdono: In Gesù Cristo si manifesta il senso pieno del perdono di Dio, frutto del suo amore gratuito, della sua potenza creatrice e della sua misericordia…una grazia che cambia il cuore dell’uomo e lo strappa dalla sua schiavitù, se l’uomo riconosce di essere peccatore, chiede perdono e accetta di essere invitato al banchetto della vita. (Salmo 51 – Pietà di me o Dio, nel tuo amore…)

sabato 24 luglio 2010

44 - XVII DOMENICA – PREGHIERA VERBALE E PREGHIERA VITALE - 25 LUGLIO 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
La famiglia che prega…..vive!( Genesi 18,20-21.23-32 Colossesi 2,12-14 Luca 11,1-13 )

La preghiera, nella sua definizione più universale e condivisa da ogni religione, è dialogo con Dio.
Però mettere l’uomo in dialogo con Dio può essere un rischio. L’uomo nella preghiera può snaturare se stesso e Dio. Può ridurre Dio ad un suo bene di consumo, ad un facile rimedio alle proprie insufficienze e alle proprie pigrizie. E può ridurre se stesso a un essere che scarica le proprie responsabilità su un altro.
Per il vero credente la preghiera è legata essenzialmente alla fede. Una libera risposta al Dio che si rivela e che parla, un’azione di grazie per i grandi eventi che Dio compie per l’umanità. La preghiera è perciò prima risposta che domanda.
Inoltre per il cristiano la preghiera è partecipazione alla preghiera di Gesù. Con il ‘Padre nostro’ Gesù ci introduce nel segreto del Suo rapporto filiale con il Padre rivelandoci le grandi parole su cui intrattenerci nel colloquio con Lui. Gesù ci assicura che ogni preghiera sarà esaudita, purché sia piena di fiducia, e non manchi, se ce ne fosse di bisogno, l’insistenza. Il Padre, che sa di cosa abbiamo bisogno, non ci dà solo “cose buone”, ma anche il dono per eccellenza, lo Spirito Santo.
Dire che è inutile pregare perché Dio non ascolta…è una tentazione perché Gesù ha detto che sempre il Padre ascolta anche se non sempre fa quello che Gli si chiede…. o perché non è cosa buona per noi (nessuno si scandalizza se un padre nega al figlio diabetico il dolce anche se il figlio insiste, ci meraviglieremmo del contrario)…o perché il suo disegno d’amore e di salvezza è diverso (non dimentichiamo che il Padre ‘ha lasciato’ che i soldati romani massacrassero di botte Suo Figlio Gesù…).

Pregare insieme in famiglia è un momento fondamentale della vita familiare perché:
* ci apre il cuore verso l’altro/a…gli altri;
* crea comunione e condivisione;
* dona un momento di silenzio, di ascolto, di riflessione;
* scioglie le nostre diversità facendoci sentire figli dello stesso Padre;
* ci aiuta a ridimensionare i nostri contrasti mettendo prima di tutto il Regno di Dio;
* ci porta a perdonare le offese e saper chiedere scusa degli sbagli;
* attualizza quotidianamente il sacramento del matrimonio che abbiamo celebrato;
* nei primi giorni della settimana…rende presente e viva la messa domenicale;
* negli ultimi giorni della settimana…ci prepara alla messa domenicale;
* diventa un momento molto educativo e formativo per i figli………………
(aspetto i vostri contributi per continuare le motivazioni della preghiera in famiglia…..)

IL DIAVOLO ED IL CONTADINO
Un giorno il diavolo si recò in perlustrazione per vedere come gli uomini pregassero. Il suo giro fu breve – poiché gli uomini in preghiera erano ormai rari come le mosche bianche – e soddisfacente – poiché i loro gemebondi biascichii erano del tutto innocui.
Se ne stava tornando allegro a casa, quando notò in un campo un contadino che stava gesticolando. Incuriosito, si nascose dietro ad una zolla e stette ad osservare. L’uomo stava litigando violentemente con Dio: lo strapazzava, lo trattava senza riguardo, gliene diceva di tutti i colori. Il diavolo si sfregò le mani.
Ma in quel momento passò di lì un prete: “Buon uomo – disse al contadino – perché mai ti comporti così? Non sai che insultare Dio è peccato?”. “Reverendo, – rispose l’uomo – se me la prendo con Dio, è perché ci credo; se lo strapazzo, è perché ci sono affezionato; se grido, è perché so che mi ascolta!”. “ Tu vaneggi! – disse il prete allontanandosi”.
Ma il diavolo, che ne sapeva una più di un prete, fu molto allarmato: aveva scoperto un uomo capace ancora di pregare!

sabato 17 luglio 2010

43 - XVI DOMENICA: CASA CRISTIANA CASA OSPITALE - 18 luglio 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
Vincere la solitudine all’interno della famiglia - ( Genesi 18,1-10 Colossesi 1,24-28 Luca 10,38-42 )
.

Abramo è un modello di ospitalità e ne mostra i tratti fondamentali: prontezza (appena li vide, corse loro incontro), compie gesti di omaggio (si prostrò fino a terra), e di attenzione (si vada a prendere un po’ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero), considera un favore poter offrire accoglienza (se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre), vede come un diritto del forestiero essere ospitato (è ben per questo che voi siete passati), è sollecito nel prestare servizio personalmente e nel coinvolgere i familiari (corse lui stesso…presto…), è generoso e fa preparare molte cose (focacce…vitello tenero e buono…latte acido e latte fresco…), e resta disponibile a prestare altri servizi (stava in piedi presso di loro).
Ma quando si accoglie Dio-Gesù nella propria casa il primo dovere non è quello di “molti servizi” ma dell’ascolto fatto con attenzione e partecipazione. Marta e Maria non sono l’emblema di due tipi di vita (attiva e contemplativa) ma esempi concreti che illustrano il terzo e quarto tipo di terreno della parabola del seminatore(cfr Luca 8,4-15). Il preoccuparsi e l’agitarsi di Marta richiama “il seme caduto in mezzo alle spine” cioè “coloro che si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni della vita e non giungono a maturazione”. L’ascoltare di Maria ricorda invece il “seme caduto nel buon terreno” cioè “coloro che dopo aver ascoltato la parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza”).
Dove si colloca il nostro modo di vivere, nel terzo o nel quarto tipo di terreno?

Quanto è importante imparare ad essere ospitali all’interno della vita di famiglia. Accogliere l’altro/a come dono, non abituarmi alla sua presenza, non dare per scontato quello che lui/lei fa per me, essere pronto ad aiutarlo/a nei momenti di difficoltà, essere interessati alla sua vita con discrezione e rispetto, sentire la sua presenza fisica, personale e spirituale dentro il mio corpo, la mia mente e la mia anima, trasformare i suoi difetti in qualità uniche particolari che fa di lui/lei quella persona unica di cui siamo innamorati, saper leggere nel suo sguardo i suoi desideri ed anche le sue voglie, saper dire grazie anche delle azioni più comuni ed ordinarie, saper condividere i suoi gusti con partecipazione e maturità……….
Quando non si è ospitali…anche in famiglia ci si sente soli…allora la televisione è sempre accesa ed il silenzio da molto fastidio…..Se si riesce a passare una serata in famiglia senza tv e non si va fuori di testa…facilmente i rapporti sono ancora vivi, in caso contrario…c’è da spegnere più spesso la tv….e vedere dove siamo!
“Sono lieto/a delle sofferenze che sopporto per te e completo nella mia carne quello che manca alla tua vita per il bene della nostra famiglia. Di essa sono diventato ministro=servo, secondo la missione affidatami da Dio per te…di realizzare cioè la Sua parola, il mistero d’amore nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato attraverso di noi nel sacramento che abbiamo celebrato con Lui…” è una parafrasi dell’inizio della lettura ai Colossesi!

mercoledì 7 luglio 2010

42 - XV DOMENICA: CHI AMA I FRATELLI RIVELA DIO - 11 luglio 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
.
La famiglia è il luogo dove si impara ad amare gratuitamente (Deuteronomio 30,10-14 Colossesi 1,15-20 Luca 10,25-37)
.
Nella parabola del buon samaritano Gesù trasforma la domanda del dottore della legge “Chi è il mio prossimo?”, che non coinvolge la nostra vita, in una domanda che ci tocca personalmente “Chi di questi tre (sacerdote, levita, samaritano) ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Se poi partiamo dalla domanda iniziale del Vangelo “Maestro che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” ci accorgiamo che il problema è molto serio e la conclusione di Gesù “Va’ e anche tu fa così” indica per tutti i cristiani una strada ben precisa….quella della compassione = patire insieme, condividere la sofferenza.
Con la sua parabola Gesù ci chiede un cambio di mentalità. Invita a lasciarci investire della medesima misericordia che muove il pastore a cercare la pecora smarrita, il padre a correre incontro al figlio perduto….I figli di Dio sono resi capaci di amare gratuitamente, come Dio ama: “farsi prossimo” è stata la ragione profonda della Sua visita nel cuore della nostra umanità, il mistero più sconvolgente della venuta di Dio nella nostra carne.
La compassione porta alla solidarietà come ce la descrive Giovanni Paolo II: “La solidarietà non è un sentimento di vaga compassione e di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti”.

Anche in famiglia dobbiamo imparare a “farsi prossimo”, a provare vera compassione….Come?!?

Mentre sfogliava i suoi dossier matrimoniali, il diavolo notò con dispetto che c’era ancora una coppia, sulla terra, che filava d’amore e d’accordo. Decise di fare un’ispezione. Si trattava in realtà di una coppia comune. Eppure sprigionava tanto amore che attorno ad essa pareva ci fosse una eterna primavera.
Il diavolo volle conoscere il segreto di quell’amore!
“Nessun segreto, gli spiegarono i due! Viviamo il nostro rapporto come una gara: °quando uno dei due sbaglia….è l’altro che se ne assume la colpa!
°quando uno dei due fa bene….è l’altro che ne ha le lodi!
°quando uno dei due soffre……è l’altro che ne ha consolazione!
°quando uno dei due gioisce…..è l’altro che ne ricava piacere!
…….Insomma, facciamo sempre a chi arriva per primo!”
Al diavolo tutto ciò parve scemo….e se ne andò senza far loro del male.
Ed è così che possono ancora esistere delle coppie felici sulla terra!

venerdì 2 luglio 2010

41 - XIV DOMENICA: I DISCEPOLI MESSAGGERI DELLA SALVEZZA – 04 LUGLIO 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
.
La famiglia primo testimone della bontà della salvezza ( Isaia 66,10-14c Galati 6,14-18 Luca 10,1-12.17-20 )
.
Gesù chiama per mandare. L’essere discepoli non è un privilegio per sé, ma un servizio per il Regno di Dio. La bontà e la misericordia del Padre arrivano agli uomini attraverso la testimonianza di coloro che ne hanno fatto esperienza nella propria persona…….
Spesse volte la Parola di Dio per toccare il nostro cuore usa immagini prese dalla vita coniugale e familiare. Per esempio la lettura di Isaia gioca su intense simbologie materne: Gerusalemme è la madre capace di offrire ai suoi figli vita, alimento e protezione. La metafora di una città dai caratteri femminili, ora di “donna”, ora di “madre”, ora di “figlia”, costituisce una tradizione ampiamente presente nei profeti. Il testo di oggi riesce a farci percepire forti sensazioni, quando descrive in modo vivo e somatico il tenero rapporto che la madre (Gerusalemme) intrattiene con i suoi figli. Si parla dell’atto di nutrire le sue creature (“sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni”), della partecipazione piena della madre alla gioia dei figli che rientrano nelle sue mura, di tenere e amorevoli affettuosità (“portati in braccio e sulle ginocchia accarezzati”). E’ interessante notare come dietro queste affettuose premure materne ci si rivela la presenza del Signore stesso che si prende cura del suo popolo (“come una madre consola un figlio, così Io vi consolerò”).
C’è un’altra perla nella Parola di oggi sulla quale e bene fermarci: “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Questo vuol dire che ciascuno di noi è stato pensato, voluto ed amato sin dall’eternità, vuol dire che Qualcuno ci ha disegnato sulle palme delle Sue mani. L’Architetto, che ha ideato il mondo e l’umanità all’alba dei tempi, è lo stesso che, donando la vita a ciascuno di noi, ne garantisce il compimento nel tempo e nello spazio: Egli conosce il progetto e la chiave di volta per realizzarlo, ma si appella alla libera decisione di ciascuno perché il disegno si compia.
A tutti è concesso il dono dell’esistenza per conoscere e giungere alla Vita vera, alla Vita che non muore. L’amore che abbiamo realizzato in terra in tutte le occasioni e in tutte le forme possibili, è la manifestazione più pura e più duratura del nostro essere partecipi alla Vita della Trinità, fonte unica di carità piena.
Notiamo che “sono scritti” è un verbo al presente-passivo: l’iscrizione nel libro della Vita è opera di Dio ed è tale non dopo la nostra morte, ma nel qui ed ora della storia, perché il Salvatore ha già compiuto l’opera della salvezza. Sta a noi esercitare la libertà in modo di essere parte attiva nel meraviglioso piano d’amore che Dio sta realizzando con il suo Regno e non piuttosto per autoescluderci.
La famiglia è il luogo dove queste verità sono vissute quotidianamente. Che bello pensare che i nostri due nomi sono scritti in Cielo e che Qualcuno crede nel nostro amore al di là delle nostre povertà e lo sostiene con la sua presenza e con la sua grazia! Che bello pensare che quando doniamo la vita ad un figlio/a…..con Dio scriviamo il suo nome nel Libro della Vita che mai finisce!