LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
.
La famiglia primo testimone della bontà della salvezza ( Isaia 66,10-14c Galati 6,14-18 Luca 10,1-12.17-20 )
.
Gesù chiama per mandare. L’essere discepoli non è un privilegio per sé, ma un servizio per il Regno di Dio. La bontà e la misericordia del Padre arrivano agli uomini attraverso la testimonianza di coloro che ne hanno fatto esperienza nella propria persona…….
Spesse volte la Parola di Dio per toccare il nostro cuore usa immagini prese dalla vita coniugale e familiare. Per esempio la lettura di Isaia gioca su intense simbologie materne: Gerusalemme è la madre capace di offrire ai suoi figli vita, alimento e protezione. La metafora di una città dai caratteri femminili, ora di “donna”, ora di “madre”, ora di “figlia”, costituisce una tradizione ampiamente presente nei profeti. Il testo di oggi riesce a farci percepire forti sensazioni, quando descrive in modo vivo e somatico il tenero rapporto che la madre (Gerusalemme) intrattiene con i suoi figli. Si parla dell’atto di nutrire le sue creature (“sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni”), della partecipazione piena della madre alla gioia dei figli che rientrano nelle sue mura, di tenere e amorevoli affettuosità (“portati in braccio e sulle ginocchia accarezzati”). E’ interessante notare come dietro queste affettuose premure materne ci si rivela la presenza del Signore stesso che si prende cura del suo popolo (“come una madre consola un figlio, così Io vi consolerò”).
C’è un’altra perla nella Parola di oggi sulla quale e bene fermarci: “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Questo vuol dire che ciascuno di noi è stato pensato, voluto ed amato sin dall’eternità, vuol dire che Qualcuno ci ha disegnato sulle palme delle Sue mani. L’Architetto, che ha ideato il mondo e l’umanità all’alba dei tempi, è lo stesso che, donando la vita a ciascuno di noi, ne garantisce il compimento nel tempo e nello spazio: Egli conosce il progetto e la chiave di volta per realizzarlo, ma si appella alla libera decisione di ciascuno perché il disegno si compia.
A tutti è concesso il dono dell’esistenza per conoscere e giungere alla Vita vera, alla Vita che non muore. L’amore che abbiamo realizzato in terra in tutte le occasioni e in tutte le forme possibili, è la manifestazione più pura e più duratura del nostro essere partecipi alla Vita della Trinità, fonte unica di carità piena.
Notiamo che “sono scritti” è un verbo al presente-passivo: l’iscrizione nel libro della Vita è opera di Dio ed è tale non dopo la nostra morte, ma nel qui ed ora della storia, perché il Salvatore ha già compiuto l’opera della salvezza. Sta a noi esercitare la libertà in modo di essere parte attiva nel meraviglioso piano d’amore che Dio sta realizzando con il suo Regno e non piuttosto per autoescluderci.
La famiglia è il luogo dove queste verità sono vissute quotidianamente. Che bello pensare che i nostri due nomi sono scritti in Cielo e che Qualcuno crede nel nostro amore al di là delle nostre povertà e lo sostiene con la sua presenza e con la sua grazia! Che bello pensare che quando doniamo la vita ad un figlio/a…..con Dio scriviamo il suo nome nel Libro della Vita che mai finisce!
Spesse volte la Parola di Dio per toccare il nostro cuore usa immagini prese dalla vita coniugale e familiare. Per esempio la lettura di Isaia gioca su intense simbologie materne: Gerusalemme è la madre capace di offrire ai suoi figli vita, alimento e protezione. La metafora di una città dai caratteri femminili, ora di “donna”, ora di “madre”, ora di “figlia”, costituisce una tradizione ampiamente presente nei profeti. Il testo di oggi riesce a farci percepire forti sensazioni, quando descrive in modo vivo e somatico il tenero rapporto che la madre (Gerusalemme) intrattiene con i suoi figli. Si parla dell’atto di nutrire le sue creature (“sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni”), della partecipazione piena della madre alla gioia dei figli che rientrano nelle sue mura, di tenere e amorevoli affettuosità (“portati in braccio e sulle ginocchia accarezzati”). E’ interessante notare come dietro queste affettuose premure materne ci si rivela la presenza del Signore stesso che si prende cura del suo popolo (“come una madre consola un figlio, così Io vi consolerò”).
C’è un’altra perla nella Parola di oggi sulla quale e bene fermarci: “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Questo vuol dire che ciascuno di noi è stato pensato, voluto ed amato sin dall’eternità, vuol dire che Qualcuno ci ha disegnato sulle palme delle Sue mani. L’Architetto, che ha ideato il mondo e l’umanità all’alba dei tempi, è lo stesso che, donando la vita a ciascuno di noi, ne garantisce il compimento nel tempo e nello spazio: Egli conosce il progetto e la chiave di volta per realizzarlo, ma si appella alla libera decisione di ciascuno perché il disegno si compia.
A tutti è concesso il dono dell’esistenza per conoscere e giungere alla Vita vera, alla Vita che non muore. L’amore che abbiamo realizzato in terra in tutte le occasioni e in tutte le forme possibili, è la manifestazione più pura e più duratura del nostro essere partecipi alla Vita della Trinità, fonte unica di carità piena.
Notiamo che “sono scritti” è un verbo al presente-passivo: l’iscrizione nel libro della Vita è opera di Dio ed è tale non dopo la nostra morte, ma nel qui ed ora della storia, perché il Salvatore ha già compiuto l’opera della salvezza. Sta a noi esercitare la libertà in modo di essere parte attiva nel meraviglioso piano d’amore che Dio sta realizzando con il suo Regno e non piuttosto per autoescluderci.
La famiglia è il luogo dove queste verità sono vissute quotidianamente. Che bello pensare che i nostri due nomi sono scritti in Cielo e che Qualcuno crede nel nostro amore al di là delle nostre povertà e lo sostiene con la sua presenza e con la sua grazia! Che bello pensare che quando doniamo la vita ad un figlio/a…..con Dio scriviamo il suo nome nel Libro della Vita che mai finisce!
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.