Oltre il sentimentalismo
Il cristianesimo non è solo una dottrina o una conoscenza, ma una storia vissuta. E’ nella trama talvolta intricata e oscura dell’esistenza quotidiana che si è chiamati a riconoscere Dio come Colui che ci accompagna e si rivela nella storia. La fede non è evasione, fuga intimistica o spiritualistica, ma è incarnazione, fedeltà al tempo, alla terra, all’umanità. Nessun disprezzo per le realtà create, materiali, corporee è consentito al credente. Il Natale di Gesù avviene nella storia per “salvare” il tempo aprendolo all’Eterno, perché questa Notte e tutte le notti siano chiare come il giorno. L’evangelizzazione esige un annuncio capace di incarnarsi in tutto il tessuto socio-culturale-religioso della comunità cristiana.
Ogni eucaristia è il “vero presepe” che rende Cristo contemporaneo ad ognuno. Nel sacramento Cristo si fa visibile e tangibile per un incontro che cambia la vita, come un giorno è avvenuto per i pastori, i Magi e i discepoli. La “carne di Cristo” è luogo di salvezza e di unità fra i discepoli di Cristo. Attorno alla Parola fatta pane si raccoglie il popolo di Dio per vivere con fedeltà la gioia del Mistero celebrato. E’ la sfida di Nietzsche: “Canti migliori dovrebbero cantarmi, perché io impari a credere al loro Redentore: più ardenti dovrebbero sembrarmi i suoi discepoli”.
Uno dei tratti dell’odierna cultura è il “consumo”, strettamente connesso all’appiattimento sul presente e sull’immediato. Si consumano non solo sostanze che sembrano coprire un vuoto, ma anche esperienze e relazioni. Il Natale è il rapporto definitivo di Dio con l’umanità, è il suo “abitare in mezzo”: l’opposto della comparsa e dell’avventura o della logica della “data di scadenza”, che si vanno diffondendo e che rendono sempre più fragile il senso di appartenenza reciproca. Il Natale educa all’attenzione all’altro, al dono di sé e alla condivisione.
Il cristianesimo non è solo una dottrina o una conoscenza, ma una storia vissuta. E’ nella trama talvolta intricata e oscura dell’esistenza quotidiana che si è chiamati a riconoscere Dio come Colui che ci accompagna e si rivela nella storia. La fede non è evasione, fuga intimistica o spiritualistica, ma è incarnazione, fedeltà al tempo, alla terra, all’umanità. Nessun disprezzo per le realtà create, materiali, corporee è consentito al credente. Il Natale di Gesù avviene nella storia per “salvare” il tempo aprendolo all’Eterno, perché questa Notte e tutte le notti siano chiare come il giorno. L’evangelizzazione esige un annuncio capace di incarnarsi in tutto il tessuto socio-culturale-religioso della comunità cristiana.
Ogni eucaristia è il “vero presepe” che rende Cristo contemporaneo ad ognuno. Nel sacramento Cristo si fa visibile e tangibile per un incontro che cambia la vita, come un giorno è avvenuto per i pastori, i Magi e i discepoli. La “carne di Cristo” è luogo di salvezza e di unità fra i discepoli di Cristo. Attorno alla Parola fatta pane si raccoglie il popolo di Dio per vivere con fedeltà la gioia del Mistero celebrato. E’ la sfida di Nietzsche: “Canti migliori dovrebbero cantarmi, perché io impari a credere al loro Redentore: più ardenti dovrebbero sembrarmi i suoi discepoli”.
Uno dei tratti dell’odierna cultura è il “consumo”, strettamente connesso all’appiattimento sul presente e sull’immediato. Si consumano non solo sostanze che sembrano coprire un vuoto, ma anche esperienze e relazioni. Il Natale è il rapporto definitivo di Dio con l’umanità, è il suo “abitare in mezzo”: l’opposto della comparsa e dell’avventura o della logica della “data di scadenza”, che si vanno diffondendo e che rendono sempre più fragile il senso di appartenenza reciproca. Il Natale educa all’attenzione all’altro, al dono di sé e alla condivisione.
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