Giuseppe, noi sappiamo che a te non piace tanto parlare. Però vorremmo che tu ci dicessi chi sei e che cosa fai… insomma che ti facessi conoscere.
Sono un giovane di Nazaret e di mestiere faccio il falegname e il carpentiere. Il mio lavoro consiste nel riparare gli oggetti di lavoro: vanghe, zappe, aratri… Costruisco qualche mobile molto semplice come panche e tavoli. E poi dispongo le strutture di legno che servono per fare una casa: le impalcature su cui salgono i muratori, le travi che servono per la copertura…
Sono originario di Betlemme, la città in cui è nato il grande re Davide e appartengo anch’io alla sua discendenza. E’ grazie a me che, con la nascita di Gesù, si sono realizzate le promesse di Dio riguardo al Messia che sarebbe stato un membro della famiglia di Davide.
Come mai tu, che sei originario di Betlemme, che si trova in Giudea, sei finito a Nazaret, che è in Galilea?
I tempi in cui sono vissuto non erano facili. E bisognava correre dietro al lavoro. Ecco perché sono arrivato a Nazareth. Vicino al villaggio si stava costruendo una grande città e c’era possibilità di lavoro per tanti artigiani come me. E poi a Nazareth ho trovato Maria e ho deciso di sposarla, di fare assieme a lei una famiglia tutta mia.
C’è stato, però, un momento in cui stavi per rompere il fidanzamento?
Sì, è stato quando mi sono accorto che Maria stava aspettando un bambino. Noi eravamo fidanzati, ma non ci eravamo ancora sposati e io sapevo bene che quello non poteva essere mio figlio. La nostra legge prevedeva che io convocassi gli anziani e ripudiassi Maria pubblicamente, rompendo il fidanzamento. Ma io non volevo esporla ai giudizi cattivi della gente e l’avrei fatto, ma segretamente, senza fare chiasso perché in ogni caso le volevo bene.
Giusppe, chi e che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Dio mi ha mandato in sogno un suo angelo, che mi ha detto che quanto era accaduto rientrava nei piani di Dio. E mi ha invitato a prendere in sposa Maria e a riconoscere Gesù come figlio mio, cioè a fargli da padre…
E tu, che cosa hai fatto a questo punto?
Ho seguito le indicazioni di Dio perché ero convinto che sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Così, agli occhi di tutti sono diventato suo padre davanti alla legge ebraica e davanti a tutto il villaggio. E gli ho dato il nome che mi era stato suggerito da Dio: “Gesù”, cioè “Dio salva”. Quella, infatti era la sua missione: salvare gli uomini.
Giuseppe, non è stata quella, però l’unica volta in cui ti sei fidato di Dio…
No, l’ho fatto tutte le volte che mi è stato richiesto: quando si è trattato di fuggire da Betlemme perché Gesù non venisse ucciso dai soldati di Erode e poi quando, morto Erode, si è trattato di tornare in Palestina… A fidarsi di Dio, credimi, non ci si sbaglia mai. L’Altissimo, infatti, ci chiede di collaborare al suo progetto di amore, di fare la nostra parte.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)
Sono un giovane di Nazaret e di mestiere faccio il falegname e il carpentiere. Il mio lavoro consiste nel riparare gli oggetti di lavoro: vanghe, zappe, aratri… Costruisco qualche mobile molto semplice come panche e tavoli. E poi dispongo le strutture di legno che servono per fare una casa: le impalcature su cui salgono i muratori, le travi che servono per la copertura…
Sono originario di Betlemme, la città in cui è nato il grande re Davide e appartengo anch’io alla sua discendenza. E’ grazie a me che, con la nascita di Gesù, si sono realizzate le promesse di Dio riguardo al Messia che sarebbe stato un membro della famiglia di Davide.
Come mai tu, che sei originario di Betlemme, che si trova in Giudea, sei finito a Nazaret, che è in Galilea?
I tempi in cui sono vissuto non erano facili. E bisognava correre dietro al lavoro. Ecco perché sono arrivato a Nazareth. Vicino al villaggio si stava costruendo una grande città e c’era possibilità di lavoro per tanti artigiani come me. E poi a Nazareth ho trovato Maria e ho deciso di sposarla, di fare assieme a lei una famiglia tutta mia.
C’è stato, però, un momento in cui stavi per rompere il fidanzamento?
Sì, è stato quando mi sono accorto che Maria stava aspettando un bambino. Noi eravamo fidanzati, ma non ci eravamo ancora sposati e io sapevo bene che quello non poteva essere mio figlio. La nostra legge prevedeva che io convocassi gli anziani e ripudiassi Maria pubblicamente, rompendo il fidanzamento. Ma io non volevo esporla ai giudizi cattivi della gente e l’avrei fatto, ma segretamente, senza fare chiasso perché in ogni caso le volevo bene.
Giusppe, chi e che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Dio mi ha mandato in sogno un suo angelo, che mi ha detto che quanto era accaduto rientrava nei piani di Dio. E mi ha invitato a prendere in sposa Maria e a riconoscere Gesù come figlio mio, cioè a fargli da padre…
E tu, che cosa hai fatto a questo punto?
Ho seguito le indicazioni di Dio perché ero convinto che sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Così, agli occhi di tutti sono diventato suo padre davanti alla legge ebraica e davanti a tutto il villaggio. E gli ho dato il nome che mi era stato suggerito da Dio: “Gesù”, cioè “Dio salva”. Quella, infatti era la sua missione: salvare gli uomini.
Giuseppe, non è stata quella, però l’unica volta in cui ti sei fidato di Dio…
No, l’ho fatto tutte le volte che mi è stato richiesto: quando si è trattato di fuggire da Betlemme perché Gesù non venisse ucciso dai soldati di Erode e poi quando, morto Erode, si è trattato di tornare in Palestina… A fidarsi di Dio, credimi, non ci si sbaglia mai. L’Altissimo, infatti, ci chiede di collaborare al suo progetto di amore, di fare la nostra parte.
(Roberto Laurita – Servizio della Parola n. 423 – Editrice Queriniana)
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