martedì 28 dicembre 2010

117 - VIVERE IL NATALE - 28 dicembre 2010 – I Santi Innocenti

Ritrovare il centro
Il paradosso del Natale: all’accoglienza della vita corrisponde il rifiuto. Inizialmente Giuseppe pensa di licenziare in segreto Maria; ambedue non trovano posto a Betlemme e, di riflesso, vengono rifiutati da Erode, che cerca di uccidere Gesù. La fuga in Egitto e la strage degli “innocenti” è l’alto prezzo da pagare. C’è un mistero di accoglienza e di rifiuto, già annunciato nel Prologo di Giovanni: entra nel mondo il Verbo della vita e cominciano i problemi per chi si apre a Lui. E’ così per Maria e Giuseppe, per i primi discepoli e per tutti gli autentici testimoni del Vangelo, Cristo stesso vive questa costante: salva il mondo attraverso il rifiuto, l’amore vince passando attraverso la croce. Satana, per dividere e far del male, mira al punto più debole dell’umanità. Da sempre, le maggiori vittime del male sono i bambini. Nell’antichità non erano considerati neppure esseri umani, venivano sacrificati agli dèi per fermare le malattie e vincere i nemici.
Oggi, tempo di scienza e tecnologia, la carne della propria carne la si uccide legalmente nel ventre delle madri; altrove si uccidono le figlie femmine o si vendono gli organi dei piccoli; in altre parti si lasciano i bambini nella miseria e nell’ignoranza o si armano, si violentano. Nel ricco occidente si organizzano tour sessuali, le cui maggiori vittime sono proprio i piccoli. Ma c’è qualcosa di ancora più grave. Nei paesi ricchi è l’anima dei bambini ad essere assediata. Da una parte vengono trattati come principi a cui non si può dire un “no”; dall’altra si toglie loro l’infanzia facendone degli adulti in miniatura. Questo, nello sfascio di tante famiglie.
I genitori presentano un sovrainvestimento di attenzione ai figli, un “puerocentrismo narcisistico”, per cui essi mettono al centro il bambino e lo investono di proprie aspettative, fino all’eccesso. Il rischio è che il “bambino-sovrano” governi la famiglia, la quale invece si regge su una relazione di coppia.
Il comune riferimento a Dio (preghiera, appartenenza alla comunità, servizio) impedisce che la relazione di coppia tra Giuseppe e Maria collassi in quella genitoriale, mentre le due relazioni sono interdipendenti, ma tra loro distinte. Va ritrovato il giusto equilibrio dinamico tra la dimensione sponsale e quella genitoriale. Il figlio sta diventando il fondamento della famiglia, mentre dovrebbe essere la coppia a fondarla.
Il rischio è che l’educazione non sia più un “e-ducere”, cioè portare a sé, verso le proprie aspettative e i propri bisogni nei confronti dei figli. Manca la giusta distanza nell’educazione e nel rapporto coi figli, per considerarli come altro da sé e non a propria immagine. Per uscire dall’autoreferenzialità e dal ripiegamento, dalla solitudine e dall’isolamento va favorita la rete di incontro e di confronto tra le famiglie e avviata un’alleanza educativa fondamentale. La fede di Giuseppe e Maria diventa anche il criterio educativo, in controtendenza. Oggi, infatti, i genitori vogliono sapere che cosa fanno e dove vanno i figli in ogni momento e, dall’altra, permettono loro qualsiasi cosa.

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