Il terzo vangelo presenta la Passione (22,1-23,56) prima di tutto come un martirio (o testimonianza), non di un’idea, ma della volontà di Dio: “ Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quando è stabilito” (22,22). La Passione di Gesù avviene secondo il piano di Dio, racchiusa nella visione teocentrica di Luca. L’evangelista ama sottolineare alcuni aspetti che anche per il futuro saranno normativi: il silenzio e la pazienza davanti agli insulti e alle accuse (cfr. 23,9), l’innocenza del condannato ammessa da Pilato e da Erode (cfr. 23,43), il perdono accordato a Pietro (cfr. 22,61) e ai peccatori (cfr. 22,51; 23,34). Per i discepoli la testimonianza di Gesù è un appello, un caldo e pressante invito a fare lo stesso. Infatti Stefano, che incarna il vero discepolo, si comporterà in modo analogo (cfr. Atti 6,59s.). Così Luca raffigura nella Passione il primo e vero martire. Nessuna sorpresa, di conseguenza, che il tema del testimone ricorra con tanta insistenza anche nel libro degli Atti. Affine al tema precedente è quello dell’innocenza. L’ idea non è certo nuova perché ricorre anche negli altri evangelisti, ma solo Luca espone i tre capi di accusa politici che l’autorità giudaica imputa a Gesù (cfr. 23,2) e il singolare fatto che per ben tre volte Pilato dichiari Gesù innocente (cfr. 23,4.14.22). Alla stessa conclusione di innocenza perverrà anche Erode (cfr. 23,15). Parimenti le donne che fanno lamento lungo la via crucis esprimono con il loro pianto che Gesù non è un criminale (cfr. 23,27). Chiaramente lo afferma il buon ladrone (cfr. 23,41). In questa linea è pure da leggere l’affermazione del centurione sotto la croce: “ Veramente quest’uomo era giusto (=innocente)” (23,47). Ricordiamo che per Marco e Matteo il centurione si era espresso così: “Veramente costui era figlio di Dio” (Mc 15,39; Mt 27,54). Il tema sarà continuato nel libro degli Atti. Il terzo vangelo è notoriamente conosciuto come il ‘vangelo della misericordia’, perché Gesù manifesta a più riprese compassione per i peccatori, per gli stranieri e per le donne, tre categorie che a quel tempo formavano il nutrito gruppo degli emarginati. Anche nel racconto della Passione riaffiora questa sensibilità: Gesù cura l’orecchio tagliato del servo (cfr. 22,50s.), guarda a Pietro e lo perdona (cfr. 22,61), non riversa attenzione alle proprie sofferenze ma a quelle delle donne di Gerusalemme che cerca di consolare (cfr.23,27-31), manifesta infine pubblicamente il suo perdono a coloro che lo stanno crocifiggendo, dichiarando: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (23,34).
È pure risaputa la speciale attenzione di Luca alla preghiera (cfr. 3,21;5,16ss). Elementi di novità sono reperibili anche nel racconto della Passione. Oltre alle annotazioni sulla preghiera registrabili anche in Marco e Matteo, Luca aggiunge passi che denotano la sua sensibilità a questo tema. Gesù avverte Simone della tentazione imminente e aggiunge una preziosa assicurazione: “ Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede” (22,32). Il perdono di Gesù ai suoi assassini è formulato sotto forma di preghiera elevata al Padre: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”(23,24). E ancora rivolto al Padre, Gesù conclude la sua esistenza terrena, spegnendosi con le parole del Salmo 31 : “ Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (23,46).
È pure risaputa la speciale attenzione di Luca alla preghiera (cfr. 3,21;5,16ss). Elementi di novità sono reperibili anche nel racconto della Passione. Oltre alle annotazioni sulla preghiera registrabili anche in Marco e Matteo, Luca aggiunge passi che denotano la sua sensibilità a questo tema. Gesù avverte Simone della tentazione imminente e aggiunge una preziosa assicurazione: “ Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede” (22,32). Il perdono di Gesù ai suoi assassini è formulato sotto forma di preghiera elevata al Padre: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”(23,24). E ancora rivolto al Padre, Gesù conclude la sua esistenza terrena, spegnendosi con le parole del Salmo 31 : “ Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (23,46).
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