domenica 15 maggio 2011

211 - IO SONO IL BUON PASTORE - 15 Maggio 2011 – Quarta domenica di Pasqua (Atti 2,14a.36-41 1ª Pietro 2,20b-25 Giovanni 10,1-10)

L’immagine del pastore che guida e protegge il suo gregge è usata da Gesù stesso per presentare la sua missione. Era una immagine familiare nell’ambiente di Gesù e anche nelle Scritture di Israele, in particolare nella preghiera dei Salmi. L’immagine del pastore buono, contrapposta a quella del mercenario indifferente, richiama anche una profonda esperienza di fede: ci parla della responsabilità di tutti all’interno della comunità cristiana e, in particolare, della responsabilità di quanti svolgono un ministero di guida. Il servizio dell’amore è la via attraverso la quale continua l’azione del Risorto nel mondo e nella Chiesa. L’immagine del pastore buono è al centro del Vangelo. È illuminante riflettere sul suo comportamento: entra dalla porta del recinto, conosce le pecore una ad una, le porta al pascolo e le protegge. Il vangelo propone dunque uno stile per le relazioni che devono contrassegnare la comunità cristiana: non relazioni puramente strumentali e interessate, ma fatte di coinvolgimento personale e cura, di attenzione e premura. Poche immagini riescono ad esprimere, con alcuni semplici tratti, l’essenziale della fede cristiana in modo tanto suggestivo come quella di Gesù buon pastore; è un’immagine da sempre particolarmente cara alla tradizione cristiana, come testimonia già l’iconografia delle catacombe. La fermezza e la sollecitudine con cui il pastore deve custodire e guidare il gregge ne fanno infatti, nel contesto culturale mediorientale e mediterraneo, un simbolo eminente della regalità. Tale simbologia sta sullo sfondo del linguaggio biblico, che ama paragonare la cura e la misericordia divine per Israele alla costante premura di un pastore per il proprio gregge. A questa allegoria Giovanni affida il compito di raccogliere in modo sintetico e immaginativo il suo messaggio sul mistero di Cristo, sul senso e sull’efficacia della sua Pasqua. Per realizzare questo suo intento non esita neppure ad introdurre elementi di rottura con la familiare immagine del pastore, ben nota al contesto culturale dell’antichità. Questa rottura è innanzitutto nel fatto che il Pastore chiami per nome le sue pecore, una per una. Ancora più insolito è il fatto che esse siano raccolte non in un ovile, ma in un luogo che la traduzione rende ‘recinto’, ma che nel vangelo di Giovanni indica innanzitutto l’atrio del tempio. Ma l’elemento più inatteso è il fatto che il pastore giunge a dare la propria vita per le pecore (cfr. Giovanni 10,11ss.)!
Preghiera - Signore Gesù, tu instauri con ogni discepolo un rapporto personale, unico. Ai tuoi occhi nessuno di noi diventa solo un numero. Anzi, ciascuno sperimenta cosa significhi essere conosciuti e conoscere nel profondo. Come le pecore riconoscono la voce del loro pastore, così anche noi distinguiamo il timbro, il colore, il suono della tua voce.
Ecco perché quando ci parli ci sentiamo raggiunti non da un messaggio generico, destinato a tutti, ma da un annuncio che risponde alle nostre attese, ai nostri interrogativi e traccia dentro la nostra storia un percorso di luce, un sentiero di grazia. Signore Gesù, è attraverso di te che noi possiamo entrare nel mistero di amore che trasfigura la nostra esistenza: tu sei la porta, il passaggio che conduce al volto di Dio e ne rivela la misericordia senza limiti; tu sei la porta che apre su una pienezza sconosciuta, l’approdo di gioia e di pace del nostro pellegrinaggio.
Preghiera a Maria - Vergine, figlia di Adamo per la nascita, figlia di Abramo per la fede, pianta della radice di Jesse da cui è sbocciato il Fiore, Cristo Gesù, ci rivolgiamo a te. Tu sei la voce dell’antico Israele, esultanza del piccolo resto fedele, grembo sacro che genera Colui nel quale tutte le promesse antiche hanno compimento. Donaci il tuo cuore di povera perché diveniamo capaci di fervente attesa. Donaci il tuo ascolto attento rivolto al Dio delle Scritture, affinché anche in noi possa germogliare il seme della Parola deposto nelle profondità dell’essere. Ti ringraziamo, Vergine benedetta, madre del Frutto benedetto.

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