Israele ha imparato nel deserto ad affrontare la prova che genera umiltà e la ricerca di ciò che davvero nutre e disseta l’uomo. «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere … ti ha fatto provare la fame …». Abbiamo fame e sete e spesso vaghiamo nella vita come in un deserto. Abbiamo un grande desiderio di vita ma non riusciamo a saziarlo. Abbiamo fame e sete di infinito. Il rischio è che ci nutriamo di cose non nutrienti. La nostra continua ricerca di cose effimere proclama, in realtà, il nostro desiderio di qualcosa di grande.
«L’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore». L’antico Israele cercava di riempire di senso la vita del credente nutrendola con l’osservanza della Legge. I precetti di Dio gli tracciavano la strada dentro il deserto della vita. La Legge era la
vera ‘manna’ per i sapienti ebrei. Così la vita si saziava del sapore della parola di Dio, una parola da ‘masticare’ e ‘digerire’ esistenzialmente, così la vita non era vuota di senso e di orizzonti.
«Non dimenticare il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dall’Egitto…». L’osservanza della Legge è risposta nella vita al Signore della storia. Israele diventa il popolo di Dio, perché Dio suscita eventi e persone che lo fanno esistere. Gli eventi della sua storia interpretati alla luce della fede nutrono la vita del popolo di Dio.
«La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda». Ora c’è un evento decisivo che può riempire di senso e di sazietà la nostra vita: la vicenda di Gesù di Nazareth, il corpo e il sangue della sua vita da uomo. Vivendo, amando, morendo come lui…. Nutrendo la nostra vita di lui, della nostra adesione a lui, delle sue stesse scelte esistenziali, saziando la vita di lui e dissetandola in lui potremo avere un futuro.
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Lo stimolo della fame e della sete ci avvertono che la vita si sta scaricando, che rischiamo di non arrivare a domani e di esaurire i nostri giorni. Si mangia non per la fame del presente,
ma per continuare a vivere anche domani. Mangiare e bere è una scommessa, una promessa, una garanzia di futuro. Israele camminava nel deserto, nutrito di manna, per poter vedere il compimento delle promesse: la terra che Dio aveva dato ad Abramo. Il cristiano si nutre di Cristo perché la sua vita diventa ‘sazia’, ‘piena’, ‘sovrabbondante’, tanto debordante da diventare vita eterna, vita che non può esaurirsi nell’al-di-qua. Chi ‘mangia’Cristo, pane di Dio, vivrà in eterno, dice Giovanni. Una vita vissuta riempiendola di Cristo apre a un futuro di speranza.
«Prendete, mangiate… Prendete, bevete… Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». Accogliamo ancora una volta l’invito e veniamo a saziarci al Corpo di Cristo, a dissetarci al suo Sangue. Mangiamo insieme il Pane della vita e beviamo insieme al calice della salvezza perché, nutriti di Cristo, anche la nostra vita si trasformi in lui.
Preghiera - Quello che tu ci chiedi, Signore Gesù, è decisamente semplice: mangiare la tua carne,bere il tuo sangue per aver parte alla tua vita. Non ci domandi di compiere viaggi estenuanti e pericolosi, né di cercarti per vie impervie.
C’è una tavola che tu prepari per noi, di domenica in domenica. È ad essa che siamo invitati: come dei poveri che ben conoscono la loro fame e il bisogno di un cibo che li nutra veramente; come dei figli che sanno di non meritarsi il dono di Dio ma contano sulla bontà del Padre che ti ha mandato a liberarci e a salvarci; come dei fratelli che scoprono tutti i buoni motivi esistenti per comprendersi e accogliersi, per sostenersi e perdonarsi.
Quello che tu ci chiedi, Signore Gesù, è decisamente semplice: mangiare un pane che ci trasforma e ci fa diventare più simili a te; bere ad un calice per anticipare quella festa che segnerà il nostro approdo, quando ogni male e anche la morte saranno definitivamente sconfitti
«L’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore». L’antico Israele cercava di riempire di senso la vita del credente nutrendola con l’osservanza della Legge. I precetti di Dio gli tracciavano la strada dentro il deserto della vita. La Legge era la
vera ‘manna’ per i sapienti ebrei. Così la vita si saziava del sapore della parola di Dio, una parola da ‘masticare’ e ‘digerire’ esistenzialmente, così la vita non era vuota di senso e di orizzonti.
«Non dimenticare il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dall’Egitto…». L’osservanza della Legge è risposta nella vita al Signore della storia. Israele diventa il popolo di Dio, perché Dio suscita eventi e persone che lo fanno esistere. Gli eventi della sua storia interpretati alla luce della fede nutrono la vita del popolo di Dio.
«La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda». Ora c’è un evento decisivo che può riempire di senso e di sazietà la nostra vita: la vicenda di Gesù di Nazareth, il corpo e il sangue della sua vita da uomo. Vivendo, amando, morendo come lui…. Nutrendo la nostra vita di lui, della nostra adesione a lui, delle sue stesse scelte esistenziali, saziando la vita di lui e dissetandola in lui potremo avere un futuro.
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Lo stimolo della fame e della sete ci avvertono che la vita si sta scaricando, che rischiamo di non arrivare a domani e di esaurire i nostri giorni. Si mangia non per la fame del presente,
ma per continuare a vivere anche domani. Mangiare e bere è una scommessa, una promessa, una garanzia di futuro. Israele camminava nel deserto, nutrito di manna, per poter vedere il compimento delle promesse: la terra che Dio aveva dato ad Abramo. Il cristiano si nutre di Cristo perché la sua vita diventa ‘sazia’, ‘piena’, ‘sovrabbondante’, tanto debordante da diventare vita eterna, vita che non può esaurirsi nell’al-di-qua. Chi ‘mangia’Cristo, pane di Dio, vivrà in eterno, dice Giovanni. Una vita vissuta riempiendola di Cristo apre a un futuro di speranza.
«Prendete, mangiate… Prendete, bevete… Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». Accogliamo ancora una volta l’invito e veniamo a saziarci al Corpo di Cristo, a dissetarci al suo Sangue. Mangiamo insieme il Pane della vita e beviamo insieme al calice della salvezza perché, nutriti di Cristo, anche la nostra vita si trasformi in lui.
Preghiera - Quello che tu ci chiedi, Signore Gesù, è decisamente semplice: mangiare la tua carne,bere il tuo sangue per aver parte alla tua vita. Non ci domandi di compiere viaggi estenuanti e pericolosi, né di cercarti per vie impervie.
C’è una tavola che tu prepari per noi, di domenica in domenica. È ad essa che siamo invitati: come dei poveri che ben conoscono la loro fame e il bisogno di un cibo che li nutra veramente; come dei figli che sanno di non meritarsi il dono di Dio ma contano sulla bontà del Padre che ti ha mandato a liberarci e a salvarci; come dei fratelli che scoprono tutti i buoni motivi esistenti per comprendersi e accogliersi, per sostenersi e perdonarsi.
Quello che tu ci chiedi, Signore Gesù, è decisamente semplice: mangiare un pane che ci trasforma e ci fa diventare più simili a te; bere ad un calice per anticipare quella festa che segnerà il nostro approdo, quando ogni male e anche la morte saranno definitivamente sconfitti
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