“Perché cercate il Vivente con i morti?”- Dio non è dei morti, ma dei viventi; poiché tutti vivono per lui (20,38). La sua promessa, veramente più grande di ogni fama (Salmo 138,2), si oppone alla nostra attesa come la vita alla morte. Solo la sua parola è in grado di portare la nostra ricerca a chiarire l’enigma del sepolcro vuoto e a sperimentare il Vivente. Infatti ci libera dalla nostra fissazione di morte e ci indirizza verso dove non osiamo sperare. Toglie dai nostri occhi il drappo nero che ci impedisce di vedere il suo dono. L’annuncio dichiara l’errore delle nostre ricerche: quali sono le nostre ricerche sbagliate?
“Non è qui”- Il sepolcro è vuoto. Come i discepoli di allora, ancora noi oggi possiamo andarlo a visitare. E troviamo la stessa assenza. Il Vivente è passato di qui ma non è qui. Tuttavia solo chi cerca qui sa che è da cercare altrove. Non tra i morti, bensì tra i vivi, al cui cammino si accompagna. Ogni ricerca umana finisce in questo: “Non è qui”. Il sepolcro vuoto, smentita di Dio a ogni nostra attesa, volge la nostra mente in una direzione nuova e sorprendente. Il ventre della madre terra si è svuotato, ha generato la vita nuova.
“È risorto!”- E’ l’annuncio pasquale che, spiegando perché non è qui, rivela il dono di Dio. La morte di Gesù ha svuotato il sepolcro: “La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria?” (1ªCorinti 15,54s). Anche noi, come i discepoli, incontriamo il Signore attraverso questo annuncio, tanto incredibile per noi quanto per loro. Le modalità dell’esperienza di fede sono uguali per tutti. L’unica differenza tra noi e quelli che furono “testimoni oculari” (1,2) è che il loro incontro fu anche un “vedere” (vv. 34.39ss), mentre il nostro è solo un “riconoscerlo” (vv31.35).
“Ricordate come vi parlò”- Il “ricordo” delle parole di Gesù è il principio di ogni incontro con lui. Il racconto del Vangelo strutturato attorno al “memoriale” eucaristico, è questa “anamnesi”, trasmessa fino a noi, di ciò che lui ha fatto e insegnato (At 1,1). È la luce sia per vederlo che per riconoscerlo come risorto. Ricordare significa custodire nel cuore la Parola, come Maria (2,19.51). L’uomo è ciò che ricorda: vive la parola che gli sta a cuore.
“Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”- Questo versetto è il nocciolo del kerygma evangelico, la sintesi di tutto quanto Gesù ha fatto e detto.
“E si ricordarono delle sue parole”. Si ribadisce l’importanza del ricordo di Gesù. Per questo Luca ci ha scritto il suo Vangelo.
“Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria di Giacomo e le altre”-Questi nomi sono le firme dei testimoni. Notiamo che sono tutte donne. Nella cultura ebraica non erano abilitate a testimoniare. Ma “Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato”(1ªCorinti 1,38), perché ha fatto della pietra scartata una testata d’angolo (cfr Luca 20,17=Salmo118,22).
“Parvero loro come deliranti”- L’annuncio di pasqua è assurdo per tutti. Ancora prima che a quelli di Atene (Cfr Atti 17,32), sembrano vuote parole agli apostoli stessi. Anche Festo griderà a Paolo che annunciava il Cristo risorto: “Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello”(Atti 26,24). L’aporia delle donne al sepolcro è inevitabile per tutti.
“E non credevano loro”- L’incredulità è un passaggio d’obbligo ed il verbo all’imperfetto indica che è persistente.
“Pietro, levatosi, corse al sepolcro”- Anche Pietro fa lo stesso cammino delle donne. Dopo di lui seguiranno schiere innumerevoli di pellegrini. Tutti costateranno la medesima realtà: “Non è qui!”. Il sepolcro vuoto azzera per tutti e per sempre ogni sicurezza di morte e mette davanti a quel mistero che solo l’annuncio può rivelare.
“Curvatosi, vide le sole bende”-Nel sepolcro non c’è più la spoglia del morto, ma le spoglie della morte. Sono il segno del trionfo su colei che trionfava su tutti. Finalmente la vincitrice è vinta.
“Se ne tornò presso di sé”- Il luogo di riconoscimento del Vivente non è il sepolcro, bensì la casa, dove Lui stesso spezza la sua parola ed il suo pane per tutti i fratelli.
“Meravigliandosi di ciò che era accaduto”- L’incredulità deve aprirsi alla meraviglia, per non chiudersi al dono di “colui che in tutto ha il potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare”(Efesini 3,20).
“Non è qui”- Il sepolcro è vuoto. Come i discepoli di allora, ancora noi oggi possiamo andarlo a visitare. E troviamo la stessa assenza. Il Vivente è passato di qui ma non è qui. Tuttavia solo chi cerca qui sa che è da cercare altrove. Non tra i morti, bensì tra i vivi, al cui cammino si accompagna. Ogni ricerca umana finisce in questo: “Non è qui”. Il sepolcro vuoto, smentita di Dio a ogni nostra attesa, volge la nostra mente in una direzione nuova e sorprendente. Il ventre della madre terra si è svuotato, ha generato la vita nuova.
“È risorto!”- E’ l’annuncio pasquale che, spiegando perché non è qui, rivela il dono di Dio. La morte di Gesù ha svuotato il sepolcro: “La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria?” (1ªCorinti 15,54s). Anche noi, come i discepoli, incontriamo il Signore attraverso questo annuncio, tanto incredibile per noi quanto per loro. Le modalità dell’esperienza di fede sono uguali per tutti. L’unica differenza tra noi e quelli che furono “testimoni oculari” (1,2) è che il loro incontro fu anche un “vedere” (vv. 34.39ss), mentre il nostro è solo un “riconoscerlo” (vv31.35).
“Ricordate come vi parlò”- Il “ricordo” delle parole di Gesù è il principio di ogni incontro con lui. Il racconto del Vangelo strutturato attorno al “memoriale” eucaristico, è questa “anamnesi”, trasmessa fino a noi, di ciò che lui ha fatto e insegnato (At 1,1). È la luce sia per vederlo che per riconoscerlo come risorto. Ricordare significa custodire nel cuore la Parola, come Maria (2,19.51). L’uomo è ciò che ricorda: vive la parola che gli sta a cuore.
“Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”- Questo versetto è il nocciolo del kerygma evangelico, la sintesi di tutto quanto Gesù ha fatto e detto.
“E si ricordarono delle sue parole”. Si ribadisce l’importanza del ricordo di Gesù. Per questo Luca ci ha scritto il suo Vangelo.
“Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria di Giacomo e le altre”-Questi nomi sono le firme dei testimoni. Notiamo che sono tutte donne. Nella cultura ebraica non erano abilitate a testimoniare. Ma “Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato”(1ªCorinti 1,38), perché ha fatto della pietra scartata una testata d’angolo (cfr Luca 20,17=Salmo118,22).
“Parvero loro come deliranti”- L’annuncio di pasqua è assurdo per tutti. Ancora prima che a quelli di Atene (Cfr Atti 17,32), sembrano vuote parole agli apostoli stessi. Anche Festo griderà a Paolo che annunciava il Cristo risorto: “Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello”(Atti 26,24). L’aporia delle donne al sepolcro è inevitabile per tutti.
“E non credevano loro”- L’incredulità è un passaggio d’obbligo ed il verbo all’imperfetto indica che è persistente.
“Pietro, levatosi, corse al sepolcro”- Anche Pietro fa lo stesso cammino delle donne. Dopo di lui seguiranno schiere innumerevoli di pellegrini. Tutti costateranno la medesima realtà: “Non è qui!”. Il sepolcro vuoto azzera per tutti e per sempre ogni sicurezza di morte e mette davanti a quel mistero che solo l’annuncio può rivelare.
“Curvatosi, vide le sole bende”-Nel sepolcro non c’è più la spoglia del morto, ma le spoglie della morte. Sono il segno del trionfo su colei che trionfava su tutti. Finalmente la vincitrice è vinta.
“Se ne tornò presso di sé”- Il luogo di riconoscimento del Vivente non è il sepolcro, bensì la casa, dove Lui stesso spezza la sua parola ed il suo pane per tutti i fratelli.
“Meravigliandosi di ciò che era accaduto”- L’incredulità deve aprirsi alla meraviglia, per non chiudersi al dono di “colui che in tutto ha il potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare”(Efesini 3,20).
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.