Se c’è, chi è Dio e che volto ha? Questo interrogativo se lo pongono uomini e donne di tutti i tempi. La Bibbia risponde descrivendolo all’opera: è un Dio geloso che salva il popolo che si è scelto (prima lettura); un Dio amorevole che si rende visibile nella vicenda umana del suo Figlio, Gesù (vangelo). Non è un Dio che se ne sta immobile sulle nuvole, lontano da noi. Il Dio di Abramo, di Mosè, di Gesù, di Paolo è un Dio che agisce, che ‘salva’. Allora, se si vuole rispondere alla domanda: «Chi è Dio?», occorre costruire la risposta sulla stessa lunghezza d’onda, non si può fare appello alle idee chiare e distinte: la risposta andrà trovata attraverso la nostra storia personale, attraverso un itinerario esistenziale.
Cercare Dio là dove si fa trovare: nelle relazioni che ha costruito dentro, non nonostante, la storia. Ci vuole l’umiltà di cercare le sue orme dentro un popolo. Come Mosè. Anche se quel popolo è peccatore e ha cercato di farsi un’immagine più accessibile di Dio nel vitello d’oro. Occorre cercare l’identità di Dio dentro la comunità credente, forse proprio là dove pecca, per vedere le meraviglie che fa un amore che riconcilia. Come lo vede Paolo, che dopo aver richiamato la comunità dei Corinzi a una vita coerente col vangelo, riesce comunque a vedere in essa e ad augurare ad essa la grazia, l’amore e la comunione della Trinità.
Un po’ alla volta si fa più chiaro nella storia della salvezza il mistero di Dio, mentre si fa anche sempre più chiaro il mistero dell’uomo, dalla creazione attraverso Gesù fino alla nuova creazione negli ultimi tempi. Un Dio che si rivela come unica origine
di tutto ciò che ci è dato e siamo, un Dio che si rivela nel sospingerci a tornare a lui, l’unico nel quale possiamo ritrovare la pienezza di noi stessi. E più l’uomo sarà capace di accettare, conoscere e vivere la sua più vera umanità, più vivrà lo stesso
dinamismo divino e più comprenderà il mistero delle divine persone.
Il Dio unico e uno, riconosciuto tale dalle grandi religioni monoteiste, non è un Dio di solitudine, ma è comunione perché si è rivelato come relazione. Egli è Padre della sua creazione ed è il creatore perché c’è il creato; è il Dio d’Israele perché l’ha amato e salvato, ma anche perché Israele l’ha scelto come suo Dio fedele nella propria infedeltà. La vera identità di Dio si esprime nel suo voler e poter donarsi, nella sua volontà di alleanza e di redenzione.
Cercare Dio là dove si fa trovare: in Gesù, il Figlio. Forse occorre l’umiltà di cercare Dio nella vita, nelle opere, nei detti e nel modo di amare e morire di un uomo, Gesù, che si può capire solo se lo si àncora in Dio e se lo si riconosce venuto da Dio.
Il vangelo di Giovanni, più degli altri, ci dà accesso ai segreti dell’interiorità di Dio. Gesù ci dice che è Padre, perché lo «sente» come la sua origine e se ne sente «Figlio». Egli svela il Padre che l’ha inviato e annuncia lo Spirito che lo accompagna nel suo agire e perfezionerà il suo annuncio nel tempo della sua «assenza»: «Dunque, lo sguardo di fede, richiesto da Dio Padre al mondo per essere salvato, è di sostare sull’evento storico di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, che egli ha mandato, ha dato (vv.16 e 17 di Gv 3), ha consegnato (parédōken: cfr. Rm 8,32)».
Disegnare nella storia l’immagine del Dio vero. Se Dio è in se stesso «relazione» che salda l’unità, allora di relazioni vivono il mondo e l’uomo. La Trinità/Unità ha scritto la sua orma nella storia. È allora possibile vedere il volto di Dio nelle molteplici relazioni che fanno la nostra vita, è allora possibile disegnare/mostrare il volto di Dio nelle relazioni sanate dalle fede e dalla grazia di Cristo. Fossero anche solo di un momento.
L’Unità/Trinità di Dio può diventare leggibile nelle mille forme dell’amore e realizza il suo modello anche al di fuori della comunità di fede. Dove nascono relazioni autentiche, dove l’uomo le cerca e le invoca, là dove c’è solidarietà, là dove si riscatta la divisione con la riconciliazione, là c’è l’orma della Trinità che invoca l’Uno.
Cercare Dio là dove si fa trovare: nelle relazioni che ha costruito dentro, non nonostante, la storia. Ci vuole l’umiltà di cercare le sue orme dentro un popolo. Come Mosè. Anche se quel popolo è peccatore e ha cercato di farsi un’immagine più accessibile di Dio nel vitello d’oro. Occorre cercare l’identità di Dio dentro la comunità credente, forse proprio là dove pecca, per vedere le meraviglie che fa un amore che riconcilia. Come lo vede Paolo, che dopo aver richiamato la comunità dei Corinzi a una vita coerente col vangelo, riesce comunque a vedere in essa e ad augurare ad essa la grazia, l’amore e la comunione della Trinità.
Un po’ alla volta si fa più chiaro nella storia della salvezza il mistero di Dio, mentre si fa anche sempre più chiaro il mistero dell’uomo, dalla creazione attraverso Gesù fino alla nuova creazione negli ultimi tempi. Un Dio che si rivela come unica origine
di tutto ciò che ci è dato e siamo, un Dio che si rivela nel sospingerci a tornare a lui, l’unico nel quale possiamo ritrovare la pienezza di noi stessi. E più l’uomo sarà capace di accettare, conoscere e vivere la sua più vera umanità, più vivrà lo stesso
dinamismo divino e più comprenderà il mistero delle divine persone.
Il Dio unico e uno, riconosciuto tale dalle grandi religioni monoteiste, non è un Dio di solitudine, ma è comunione perché si è rivelato come relazione. Egli è Padre della sua creazione ed è il creatore perché c’è il creato; è il Dio d’Israele perché l’ha amato e salvato, ma anche perché Israele l’ha scelto come suo Dio fedele nella propria infedeltà. La vera identità di Dio si esprime nel suo voler e poter donarsi, nella sua volontà di alleanza e di redenzione.
Cercare Dio là dove si fa trovare: in Gesù, il Figlio. Forse occorre l’umiltà di cercare Dio nella vita, nelle opere, nei detti e nel modo di amare e morire di un uomo, Gesù, che si può capire solo se lo si àncora in Dio e se lo si riconosce venuto da Dio.
Il vangelo di Giovanni, più degli altri, ci dà accesso ai segreti dell’interiorità di Dio. Gesù ci dice che è Padre, perché lo «sente» come la sua origine e se ne sente «Figlio». Egli svela il Padre che l’ha inviato e annuncia lo Spirito che lo accompagna nel suo agire e perfezionerà il suo annuncio nel tempo della sua «assenza»: «Dunque, lo sguardo di fede, richiesto da Dio Padre al mondo per essere salvato, è di sostare sull’evento storico di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, che egli ha mandato, ha dato (vv.16 e 17 di Gv 3), ha consegnato (parédōken: cfr. Rm 8,32)».
Disegnare nella storia l’immagine del Dio vero. Se Dio è in se stesso «relazione» che salda l’unità, allora di relazioni vivono il mondo e l’uomo. La Trinità/Unità ha scritto la sua orma nella storia. È allora possibile vedere il volto di Dio nelle molteplici relazioni che fanno la nostra vita, è allora possibile disegnare/mostrare il volto di Dio nelle relazioni sanate dalle fede e dalla grazia di Cristo. Fossero anche solo di un momento.
L’Unità/Trinità di Dio può diventare leggibile nelle mille forme dell’amore e realizza il suo modello anche al di fuori della comunità di fede. Dove nascono relazioni autentiche, dove l’uomo le cerca e le invoca, là dove c’è solidarietà, là dove si riscatta la divisione con la riconciliazione, là c’è l’orma della Trinità che invoca l’Uno.
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