La Samaritana viene ad attingere l’acqua al pozzo, cosa che, secondo le testimonianze bibliche, è eminentemente lavoro femminile. Il colloquio si apre con la richiesta di Gesù, che non può non lasciare stupita la donna: “Dammi da bere!”. La stanchezza di Gesù potrebbe motivare la domanda, ma certo propone l’immagine di un Gesù che si fa bisognoso, che avanza richieste. E ciò è un atteggiamento ricorrente nei racconti giovannei, dove Gesù si approccia alle persone spesso chiedendo qualcosa. In tal modo traspare una prima indicazione: è necessaria una certa disponibilità, un’apertura all’altro, perché si possa poi accogliere il dono della salvezza. A riprova di ciò si ricordi la richiesta ai discepoli dei pochi pani e pesci disponibili, per imbandire poi il grande banchetto messianico (cfr. Giovanni 6,5ss.). Certo la richiesta di Gesù sorprende la donna per più aspetti. Anzitutto un giudeo non chiederebbe mai un favore ad un samaritano. Inoltre, per un rabbino è disdicevole parlare a lungo con una donna, e tanto meno, intrattenersi con lei su un tema religioso. Non mancano dunque motivi di reazione e di sorpresa da parte della donna. E anche i discepoli rimarranno stupiti nel vedere il loro Maestro parlare al pozzo con una donna samaritana (v. 27), prolungando così il senso di meraviglia e sorpresa che deve coinvolgere anche noi! Intanto, però, il dialogo è iniziato, ed è quanto interessa veramente a Gesù. Infatti, attraverso il dialogo, egli porterà la donna all’incontro personale con lui e da ultimo alla fede in lui. E se la reazione della Samaritana manifesta tutto il suo sconcerto, ecco Gesù capovolgere radicalmente la situazione, lasciando la donna ancora più stupita, perché egli non le risponde, ma le comunica un appello gravido di promessa: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva …”(v. 10). Gesù fa balenare davanti al cuore della Samaritana non un beneficio qualsiasi (una guarigione, la soluzione di un problema), ma un dono più grande, un dono in cui viene placato il desiderio di vita e di pienezza che assilla il cuore umano. Dono che, in definitiva, non può che essere la vita divina. La condizione necessaria per accedere a tale dono è il riconoscerne la trascendenza,la non disponibilità alle risorse umane. Ma ancor di più, bisognerà riconoscere il legame tra questo dono di Dio e l’identità misteriosa dell’interlocutore, di Gesù. Per l’evangelista questo legame è decisivo: il dono di Dio lo si può riconoscere soltanto conoscendo colui che ne è il mediatore. E qui si aprono le due piste che dovranno essere sviluppate dal dialogo: chiarire la natura del dono di Dio e approfondire l’identità misteriosa del mediatore del dono, fino allo svelamento nell’autorivelazione del v. 26: “Sono io, che parlo con te”. Per un verso la risposta di Gesù suona enigmatica, in quanto fa capire che lei non conosce l’identità di colui che le chiede da bere, ma per altro verso suona anche come una provocazione a cercare di conoscere e una promessa accordata a tale ricerca. Così il dialogo introduce, collegandosi al tema del pozzo, il simbolo dell’acqua viva che, nel Primo Testamento, è solitamente posta in opposizione all’acqua stagnante, non potabile (cfr. Genesi 26,19). Nei profeti il simbolismo viene applicato a Dio stesso (Geremia 2,13; 17,13). Inoltre il simbolismo viene a saldarsi con quello sponsale, per cui l’acqua viva è l’appassionato amore di Dio per il proprio popolo, che invece è traviato da una brama sfrenata di adulterio e di idolatria. Acqua viva è dunque la fedeltà all’alleanza, quale esperienza dell’indefettibile amore di Dio. Proprio il fatto che Gesù abbia difficoltà ad approvvigionarsi dell’acqua del pozzo di Giacobbe, consente di dare al dialogo un orientamento sempre più simbolico. Da parte di Gesù vi è la volontà di portare la donna a riscoprire dentro di sé una sete di senso e di verità che giacciono nel più profondo del suo cuore; da parte della donna vi sono invece reticenze, allusioni, insinuazioni, come se l’interlocutore volesse portare il discorso all’ambito della sfera sessuale e sentimentale. Così ella oscilla tra un’esplorazione delle intenzioni di Gesù, battute ironiche per schermirsi di fronte ad un’inaudita promessa, desiderio di accogliere tale promessa, volontà di capire finalmente la questione essenziale, quella di Dio e della giusta relazione con lui.
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