È lo stesso Spirito che conduce Gesù nel deserto, prima che egli dia inizio alla sua missione pubblica. Lo scopo è chiaro: affrontarvi la tentazione, che mira ad intaccare l’anima profonda di tutto quello che egli dirà e farà, cioè il suo rapporto unico con il Padre, la comunione intima che lo lega a Lui. Ma non è questo l’obiettivo del Tentatore nei confronti di ognuno di noi, cioè quello di separarci da Dio, dal suo amore, presentandocelo sotto le sembianze del padrone, del concorrente, di colui che è geloso delle nostre risorse e vuole mantenerci in uno stato perenne di minorità? È la storia, in fondo, che ci presenta la lettura della Genesi meditata nei primi giorni della settimana. In quell’occasione i primi uomini sono riusciti a cambiare il giardino in cui erano collocati in un deserto, a causa del loro peccato.
Invece Gesù risulta vittorioso sulle sue tentazioni. Quali sono le ragioni del suo successo? È interessante perché le due prime tentazioni cominciano nello stesso modo: “Se tu sei Figlio di Dio …”. Un invito scoperto a far valere la propria identità e ad esigere un trattamento di favore.
° Il Figlio di Dio non avrebbe tutto il diritto di essere esonerato dall’esperienza della fame, della sete, della debolezza? Non sono forse queste le condizioni di chi è una creatura e quindi immerso nei limiti? Non è lecito a colui che viene da Dio sottrarsi a tutto questo con un gesto miracoloso? La risposta di Gesù obbliga a fare la differenza tra ciò che riempie la bocca e ciò che sazia la profondità dell’essere umano. Certo, c’è un pane di cui si finisce con il provare un bisogno estremo, ma solo la parola di Dio è in grado di sostenere un’esistenza e di guidarla sui sentieri che portano ad una pienezza sconosciuta. Nessun bene in questo mondo può sostituirsi a quel dono che nutre e sostiene più di quanto si possa immaginare. E poi il Figlio ha deciso di essere uomo fino in fondo, senza sottrarsi alle difficoltà che contraddistinguono la condizione umana.
° Il Figlio di Dio, proprio per il suo ruolo e per il compito che gli è stato affidato, non ha in qualche modo diritto al successo, al plauso, al consenso? E quindi non è comprensibile se egli provoca l’intervento di Dio per obbligarlo ad intervenire a suo favore e quindi segnalarlo agli occhi di tutti? La replica di Gesù è anch’essa - come la proposta del tentatore - fondata sulla Scrittura: egli non ha bisogno di mettere alla prova il Padre perché è sicuro del suo amore, qualunque cosa gli accada. E in ogni caso non è venuto per convincere gli uomini con segni prodigiosi, ma con un amore che non si tira indietro neanche davanti alla sofferenza e alla morte.
° Il Figlio di Dio, per realizzare il progetto che il Padre gli ha affidato, non trarrebbe vantaggio dall’uso dei mezzi umani, del potere, della forza, della ricchezza? In fondo ciò che gli viene chiesto in cambio è poca cosa: riconoscere che a fronte della paternità di Dio che non gli offre né beni, né dominio, c’è una paternità del diavolo che gli assicura tutto quello che il cuore umano brama intensamente. Anche in questo caso la reazione di Gesù è netta: Dio è unico e la sua paternità non è in discussione. E poi l’unico potere autentico non è fondato sull’asservimento o sullo sfruttamento degli altri, ma sul servizio e sul dono della propria vita.
Invece Gesù risulta vittorioso sulle sue tentazioni. Quali sono le ragioni del suo successo? È interessante perché le due prime tentazioni cominciano nello stesso modo: “Se tu sei Figlio di Dio …”. Un invito scoperto a far valere la propria identità e ad esigere un trattamento di favore.
° Il Figlio di Dio non avrebbe tutto il diritto di essere esonerato dall’esperienza della fame, della sete, della debolezza? Non sono forse queste le condizioni di chi è una creatura e quindi immerso nei limiti? Non è lecito a colui che viene da Dio sottrarsi a tutto questo con un gesto miracoloso? La risposta di Gesù obbliga a fare la differenza tra ciò che riempie la bocca e ciò che sazia la profondità dell’essere umano. Certo, c’è un pane di cui si finisce con il provare un bisogno estremo, ma solo la parola di Dio è in grado di sostenere un’esistenza e di guidarla sui sentieri che portano ad una pienezza sconosciuta. Nessun bene in questo mondo può sostituirsi a quel dono che nutre e sostiene più di quanto si possa immaginare. E poi il Figlio ha deciso di essere uomo fino in fondo, senza sottrarsi alle difficoltà che contraddistinguono la condizione umana.
° Il Figlio di Dio, proprio per il suo ruolo e per il compito che gli è stato affidato, non ha in qualche modo diritto al successo, al plauso, al consenso? E quindi non è comprensibile se egli provoca l’intervento di Dio per obbligarlo ad intervenire a suo favore e quindi segnalarlo agli occhi di tutti? La replica di Gesù è anch’essa - come la proposta del tentatore - fondata sulla Scrittura: egli non ha bisogno di mettere alla prova il Padre perché è sicuro del suo amore, qualunque cosa gli accada. E in ogni caso non è venuto per convincere gli uomini con segni prodigiosi, ma con un amore che non si tira indietro neanche davanti alla sofferenza e alla morte.
° Il Figlio di Dio, per realizzare il progetto che il Padre gli ha affidato, non trarrebbe vantaggio dall’uso dei mezzi umani, del potere, della forza, della ricchezza? In fondo ciò che gli viene chiesto in cambio è poca cosa: riconoscere che a fronte della paternità di Dio che non gli offre né beni, né dominio, c’è una paternità del diavolo che gli assicura tutto quello che il cuore umano brama intensamente. Anche in questo caso la reazione di Gesù è netta: Dio è unico e la sua paternità non è in discussione. E poi l’unico potere autentico non è fondato sull’asservimento o sullo sfruttamento degli altri, ma sul servizio e sul dono della propria vita.
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