Il racconto della trasfigurazione è preceduto dalla confessione messianica di Pietro a Cesarea e dalle istruzioni di Gesù sulla sequela dei discepoli, che comporta l’accettazione della croce. A conclusione di questo discorso, viene una dichiarazione di Gesù, che prospetta la venuta del Figlio dell’uomo nella gloria del Padre e il misterioso detto finale: “In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno” (Mt 16,28). L’interpretazione di questo detto è controversa ma, se colta nella prospettiva del lettore, significherebbe che ogni generazione può, nella fede, fare esperienza del venire del Figlio dell’uomo, aprirsi al riconoscimento della sua gloria. L’espressione in greco suona ancora più interessante, perché parla di “presenti che non gusteranno la morte, finché …”; si gusta qualcosa di buono, non certo il morire, ma il vedere venire il Figlio dell’uomo nel suo regno rende lo stesso morire un’esperienza gioiosa. Ebbene, per Matteo un’esperienza simile è quella che avviene durante la trasfigurazione. Il racconto inizia con la presentazione del tempo, del luogo e degli attori: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte “ (Matteo 17,1). Certamente al lettore di Matteo suona inconsueta l’indicazione cronologica che, se si esclude il racconto della passione, è l’unica precisa; si intuisce così il valore simbolico e verosimilmente il rimando ad Esodo 24,16 in cui il monte di Dio viene ricoperto dalla nube per sei giorni, prima che Mosè entri in essa per dialogare intimamente con lui. Questo collegamento porta il lettore ad attendersi un racconto di relazione divina. D’altra parte, l’enigmatica espressione “ dopo sei giorni” in cui niente indica a partire da quale giorno si inizi il computo, fa pensare che sia ormai al “settimo giorno”, e cioè al giorno del compimento. I discepoli, che saliranno con Gesù sul monte, si troveranno di fronte a qualcosa che anticipa il compimento, il nuovo mondo di Dio, che si realizzerà in Gesù. Il luogo è il monte. È evidente la sua portata simbolica, coerente con il primo vangelo, che colloca sul monte vari eventi di grande importanza: il discorso della montagna, la moltiplicazione dei pani, l’apparizione del Risorto. Il “monte alto” è una sorta di frontiera tra cielo e terra, e quindi luogo di rivelazione, nel quale Dio si rende accessibile, pur restando un Dio misterioso. Per quanto riguarda gli attori, oltre a Gesù, appaiono tre discepoli che già precedentemente erano stati da lui scelti quali testimoni della risurrezione della figlia di Giairo, e più tardi dovranno loro malgrado essere testimoni dell’evento sconvolgente del Getsemani. Per Giovanni e Giacomo l’evangelista rimarca anche il loro rapporto di fratellanza, proprio perché la fraternità della comunità del Regno è uno dei temi che più lo interessano. Infine il racconto precisa che quanto avviene sul monte si dà in un luogo “ in disparte”, per sottolineare come questo evento non possa essere accessibile nella dimensione della chiacchera, della curiosità superfiale, ma solo nella contemplazione e nel silenzio accogliente.
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