(Numeri 6,22-27 Galati 4,4-7 Luca 2,16-21)
Oggi è l’ottava del Natale, e quindi è la festa di Maria, la Madre di Dio. Nello stesso tempo ricordiamo l’inizio di un nuovo anno civile e viviamo la Giornata mondiale della pace. Vogliamo aprire il 2012 nel segno della speranza, della fiducia e liberi della paura.
È vero: la speranza è la più piccola e sembra la più fragile delle tre virtù teologali, ma è proprio lei a prenderle per mano e a trascinarle verso il futuro di Dio. Il suo sguardo ci aiuta a cogliere le tracce di un mondo nuovo, anche se appaiono coperte da tanti segni contrari che indurrebbero alla disillusione e al disincanto. La sua bocca pronuncia parole che incoraggiano anche quando solo la tristezza e l’angoscia sembrano realistiche. In mezzo al buio e al freddo della notte, essa annuncia il giorno nuovo che sta levandosi. Quando l’ostilità e la violenza sembrano farle da padrone, essa proclama possibili la riconciliazione e la pace, la giustizia e la fraternità. Le sue mani, tenere e delicate, sono fatte apposta per ricucire strappi considerati ineluttabili, per lanciare ponti arditi sui baratri della terra, per stringere in una catena di solidarietà mani che hanno conosciuto solo il metallo spietato delle armi.
È nel segno della speranza che siamo invitati a cominciare questo nuovo anno. Non una speranza generica: quella di coloro che affermano di aver bisogno di credere in ‘qualcosa’, e si accontentano di un sogno qualsiasi. Non una speranza d’obbligo: quella di ciechi che si stringono l’uno all’altro nell’illusione di vincere l’oscurità ed i pericoli disseminati nel cammino.
La nostra speranza ha un volto ed un nome. Il volto di un uomo che è il Figlio di Dio. Il suo nome è Gesù ed annuncia a tutti un Dio che salva, che strappa l’umanità ad ogni schiavitù e ad ogni paura, per farle conoscere un’esistenza nuova. Accogliamo questa speranza con il cuore di Maria, con la saggezza di colei che fa scendere nel profondo dell’anima ogni parola ed ogni evento. Accogliamola con la determinazione dei pastori che vanno senz’indugio alla capanna per vedere il Bambino e riferiscono con gioia l’annuncio di grazia che li ha raggiunti. Accogliamola con la pazienza e la sollecitudine di tutti gli uomini e di tutte le donne di buona volontà, disposti a soffrire ed a lottare per un mondo di pace e di giustizia.
Come cristiani avvertiamo in questo momento particolare un duplice pericolo: il disorientamento e la paura. Il disorientamento è legato ai messaggi controversi che ci raggiungono e che inducono, nella fragilità, a cercare appoggi e compromessi. Ma la nostra rotta è tracciata dal Vangelo, un Vangelo non edulcorato, annacquato, un Vangelo ‘sine glossa’ come 800 anni fa Francesco d’Assisi chiedeva ai frati che lo volevano seguire. Il disorientamento è perdita di ciò che distingue le scelte, i comportamenti, gli atteggiamenti dei cristiani. Seguire Cristo povero, crocifisso, adottare i mezzi poveri da lui utilizzati – la parola ed i gesti concreti – ci consegna disarmati alle vicende della storia. Ma è proprio questa fedeltà, tenace e talora ostinata, feriale e mite che alla lunga risulterà vincente. Non l’appoggio dei potenti di turno. Non i compromessi volti ad assicurare posizioni di rendita. Non il cedimento alla logica di questo mondo. Perché questo avvenga bisogna uscire dalla paura: la paura che blocca, che riduce al silenzio, il silenzio dell’omertà, il silenzio della connivenza, il silenzio della neutralità che consente l’affermarsi dei violenti, degli arroganti, dei furbi. È vero che, come riconosceva don Abbondio nei Promessi Sposi: «Il coraggio uno non se lo può dare». Ma è altrettanto vero che lo si può ricevere e questo dono si chiama fiducia. Fiducia nel Signore Gesù: è lui il Salvatore, il Cristo, il Signore, e non Cesare o l’Augusto di turno. Fiducia nella sua Parola e nella saggezza della Croce, e non nei mezzi della propaganda. Fiducia nell’amore che è sempre tolleranza, comprensione, dialogo, rispetto, condivisione, e non esibizione di potenza, di muscoli o di immagine.
PREGHIERA - Nel cominciare questo nuovo anno noi non possiamo fare a meno, Signore, di volgerci indietro e di guardare alla carovana di giorni che ci lasciamo alle spalle, ai momenti difficili di trepidazione e di paura, al carico pesante dei giorni oscuri, ai sogni infranti, alle promesse non mantenute, ai progetti rimasti sulla carta.
Eppure, Signore, nonostante tutto non vogliamo lasciarci catturare dalla paura, dalla delusione o dal disincanto. Sì, noi osiamo sperare che verrà quel giorno in cui vedrà la luce una nuova terra e questo mondo lascerà il posto ad un giardino di pace e di giustizia.
Nel cominciare questo nuovo anno ci lasciamo prendere per mano da Maria, la Madre tua. Da lei impariamo a custodire ogni frammento prezioso della nostra esistenza e a collegarlo con la tua Parola perché emerga un percorso di grazia, rischiarato dalla tua luce. Da lei impariamo ad esprimere il canto della lode e della riconoscenza, a dare voce alla gioia dei poveri che riconoscono la forza del tuo amore.
Oggi è l’ottava del Natale, e quindi è la festa di Maria, la Madre di Dio. Nello stesso tempo ricordiamo l’inizio di un nuovo anno civile e viviamo la Giornata mondiale della pace. Vogliamo aprire il 2012 nel segno della speranza, della fiducia e liberi della paura.
È vero: la speranza è la più piccola e sembra la più fragile delle tre virtù teologali, ma è proprio lei a prenderle per mano e a trascinarle verso il futuro di Dio. Il suo sguardo ci aiuta a cogliere le tracce di un mondo nuovo, anche se appaiono coperte da tanti segni contrari che indurrebbero alla disillusione e al disincanto. La sua bocca pronuncia parole che incoraggiano anche quando solo la tristezza e l’angoscia sembrano realistiche. In mezzo al buio e al freddo della notte, essa annuncia il giorno nuovo che sta levandosi. Quando l’ostilità e la violenza sembrano farle da padrone, essa proclama possibili la riconciliazione e la pace, la giustizia e la fraternità. Le sue mani, tenere e delicate, sono fatte apposta per ricucire strappi considerati ineluttabili, per lanciare ponti arditi sui baratri della terra, per stringere in una catena di solidarietà mani che hanno conosciuto solo il metallo spietato delle armi.
È nel segno della speranza che siamo invitati a cominciare questo nuovo anno. Non una speranza generica: quella di coloro che affermano di aver bisogno di credere in ‘qualcosa’, e si accontentano di un sogno qualsiasi. Non una speranza d’obbligo: quella di ciechi che si stringono l’uno all’altro nell’illusione di vincere l’oscurità ed i pericoli disseminati nel cammino.
La nostra speranza ha un volto ed un nome. Il volto di un uomo che è il Figlio di Dio. Il suo nome è Gesù ed annuncia a tutti un Dio che salva, che strappa l’umanità ad ogni schiavitù e ad ogni paura, per farle conoscere un’esistenza nuova. Accogliamo questa speranza con il cuore di Maria, con la saggezza di colei che fa scendere nel profondo dell’anima ogni parola ed ogni evento. Accogliamola con la determinazione dei pastori che vanno senz’indugio alla capanna per vedere il Bambino e riferiscono con gioia l’annuncio di grazia che li ha raggiunti. Accogliamola con la pazienza e la sollecitudine di tutti gli uomini e di tutte le donne di buona volontà, disposti a soffrire ed a lottare per un mondo di pace e di giustizia.
Come cristiani avvertiamo in questo momento particolare un duplice pericolo: il disorientamento e la paura. Il disorientamento è legato ai messaggi controversi che ci raggiungono e che inducono, nella fragilità, a cercare appoggi e compromessi. Ma la nostra rotta è tracciata dal Vangelo, un Vangelo non edulcorato, annacquato, un Vangelo ‘sine glossa’ come 800 anni fa Francesco d’Assisi chiedeva ai frati che lo volevano seguire. Il disorientamento è perdita di ciò che distingue le scelte, i comportamenti, gli atteggiamenti dei cristiani. Seguire Cristo povero, crocifisso, adottare i mezzi poveri da lui utilizzati – la parola ed i gesti concreti – ci consegna disarmati alle vicende della storia. Ma è proprio questa fedeltà, tenace e talora ostinata, feriale e mite che alla lunga risulterà vincente. Non l’appoggio dei potenti di turno. Non i compromessi volti ad assicurare posizioni di rendita. Non il cedimento alla logica di questo mondo. Perché questo avvenga bisogna uscire dalla paura: la paura che blocca, che riduce al silenzio, il silenzio dell’omertà, il silenzio della connivenza, il silenzio della neutralità che consente l’affermarsi dei violenti, degli arroganti, dei furbi. È vero che, come riconosceva don Abbondio nei Promessi Sposi: «Il coraggio uno non se lo può dare». Ma è altrettanto vero che lo si può ricevere e questo dono si chiama fiducia. Fiducia nel Signore Gesù: è lui il Salvatore, il Cristo, il Signore, e non Cesare o l’Augusto di turno. Fiducia nella sua Parola e nella saggezza della Croce, e non nei mezzi della propaganda. Fiducia nell’amore che è sempre tolleranza, comprensione, dialogo, rispetto, condivisione, e non esibizione di potenza, di muscoli o di immagine.
PREGHIERA - Nel cominciare questo nuovo anno noi non possiamo fare a meno, Signore, di volgerci indietro e di guardare alla carovana di giorni che ci lasciamo alle spalle, ai momenti difficili di trepidazione e di paura, al carico pesante dei giorni oscuri, ai sogni infranti, alle promesse non mantenute, ai progetti rimasti sulla carta.
Eppure, Signore, nonostante tutto non vogliamo lasciarci catturare dalla paura, dalla delusione o dal disincanto. Sì, noi osiamo sperare che verrà quel giorno in cui vedrà la luce una nuova terra e questo mondo lascerà il posto ad un giardino di pace e di giustizia.
Nel cominciare questo nuovo anno ci lasciamo prendere per mano da Maria, la Madre tua. Da lei impariamo a custodire ogni frammento prezioso della nostra esistenza e a collegarlo con la tua Parola perché emerga un percorso di grazia, rischiarato dalla tua luce. Da lei impariamo ad esprimere il canto della lode e della riconoscenza, a dare voce alla gioia dei poveri che riconoscono la forza del tuo amore.