Per una pausa spirituale durante la XXXIIª settimana
Nella vita di ciascun uomo vi sono delle parole e delle azioni che non possono in alcun modo essere delegate. Gli altri possono sì aiutarci, ma mai sostituirsi a noi in quello che personalmente, e in modo responsabile, siamo chiamati a dire e realizzare.
La pagina evangelica delle vergini sagge e stolte ci presenta una di queste impossibili deleghe. Se l’olio – il combustibile per le lampade – già nel giudaismo, come nei Padri, è stato considerato come le buone/giuste azioni, ne consegue che, quando saremo dinanzi al Signore, ciascuno presenterà quanto compiuto. O, con altre parole, tutto ciò che la vita ci ha offerto per l’esercizio della nostra personale responsabilità, alla fine dei tempi ci verrà chiesto, con la tragedia che non avremo alcuna possibilità per colmare il vuoto che presentiamo, chiedendo ad altri un, ormai impossibile, aiuto. Siamo responsabili in prima persona di quanto detto o non detto, operato o non operato. Per questo, «nessuno deve appoggiarsi sulle opere e sui meriti altrui, perché è necessario che ognuno compri olio per la propria lampada» (Ireneo di Lione).
Ma quanto finora considerato per i singoli ha, al contempo, una valenza comunitaria, perché il numero dieci presente nella parabola dice l’interezza della comunità cristiana (cfr. 2 Cor 11,3). Vi sono, così, delle responsabilità prettamente ecclesiali – per questo non delegabili – che vanno assolte, delle quali ci verrà chiesto conto dal Signore, e nei riguardi delle quali risponderemo pienamente: l’annuncio evangelico, il dono eucaristico, l’amore vicendevole fino al perdono illimitato, la testimonianza trasparente del Dio di Gesù Cristo. Sono, questi, soltanto alcuni ambiti essenziali della vita e dell’azione della Chiesa che esigono la sua piena assunzione di responsabilità nell’attesa che lo Sposo ritorni. Ambiti che ricordano come la Chiesa è in funzione del suo Signore e del Regno e che nella sua vita, nel frattempo storico assegnatole, deve annunciare agli altri uomini e donne l’Evangelo liberante di Gesù.
La prudenza delle cinque vergini, poi, significa vivere sempre preparati alla Parusia, essere cioè vigilanti/pronti durante l’attesa. E anche questo non è delegabile, memori sempre della parola di Gesù: «due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato» (Mt 24,40), perché non si può vigilare/essere pronti al posto di un altro. Ovvero, se la vigilanza/prontezza è l’attesa gioiosa e amante del Signore che viene, proprio queste caratteristiche non possono essere inoculate nel profondo del cuore di un’altra persona. O si ama o non si ama lo Sposo. Pertanto, la delega impossibile consiste proprio nel trovarsi pronti alla venuta del Signore Gesù, rispetto a chi non lo sarà.
La vigilanza dice, inoltre, la fedeltà che deve caratterizzare il discepolo nell’adempimento del dono della fede cristiana ricevuta nel Battesimo, nella vocazione alla quale il Signore ci ha chiamati, nel luogo e con le persone con le quali Egli vuole che ci santifichiamo. Ed anche questa vigilanza non può essere delegata e si manifesta sempre più come atto responsabile del credente che aspetta il ritorno del Signore in atteggiamento di profonda fede nella sua promessa e nella consequenziale fedeltà all’oggi di Dio che è il tempo quotidiano.
Olio che non si può prestare è, ancora, tutto il tempo vissuto nell’ascolto del Signore e nello stare alla sua presenza. Non si può delegare ad altri quanto è responsabilità di ciascuno. Non vi sono persone e luoghi deputati a questo. È l’interezza della compagine ecclesiale che deve avvertire l’impellenza di una vita vissuta nel e col Signore. Per questo la tradizione cristiana ha sempre raccomandato l’esigenza di nutrire e custodire la vita spirituale, personale ed ecclesiale.
Tutte queste impossibili deleghe non potranno mai spegnere però il grido che sempre si alzerà a Dio da parte della comunità ecclesiale: che sia misericordioso verso tutti gli uomini e le donne e ci renda tutti commensali del banchetto eterno.
Nella vita di ciascun uomo vi sono delle parole e delle azioni che non possono in alcun modo essere delegate. Gli altri possono sì aiutarci, ma mai sostituirsi a noi in quello che personalmente, e in modo responsabile, siamo chiamati a dire e realizzare.
La pagina evangelica delle vergini sagge e stolte ci presenta una di queste impossibili deleghe. Se l’olio – il combustibile per le lampade – già nel giudaismo, come nei Padri, è stato considerato come le buone/giuste azioni, ne consegue che, quando saremo dinanzi al Signore, ciascuno presenterà quanto compiuto. O, con altre parole, tutto ciò che la vita ci ha offerto per l’esercizio della nostra personale responsabilità, alla fine dei tempi ci verrà chiesto, con la tragedia che non avremo alcuna possibilità per colmare il vuoto che presentiamo, chiedendo ad altri un, ormai impossibile, aiuto. Siamo responsabili in prima persona di quanto detto o non detto, operato o non operato. Per questo, «nessuno deve appoggiarsi sulle opere e sui meriti altrui, perché è necessario che ognuno compri olio per la propria lampada» (Ireneo di Lione).
Ma quanto finora considerato per i singoli ha, al contempo, una valenza comunitaria, perché il numero dieci presente nella parabola dice l’interezza della comunità cristiana (cfr. 2 Cor 11,3). Vi sono, così, delle responsabilità prettamente ecclesiali – per questo non delegabili – che vanno assolte, delle quali ci verrà chiesto conto dal Signore, e nei riguardi delle quali risponderemo pienamente: l’annuncio evangelico, il dono eucaristico, l’amore vicendevole fino al perdono illimitato, la testimonianza trasparente del Dio di Gesù Cristo. Sono, questi, soltanto alcuni ambiti essenziali della vita e dell’azione della Chiesa che esigono la sua piena assunzione di responsabilità nell’attesa che lo Sposo ritorni. Ambiti che ricordano come la Chiesa è in funzione del suo Signore e del Regno e che nella sua vita, nel frattempo storico assegnatole, deve annunciare agli altri uomini e donne l’Evangelo liberante di Gesù.
La prudenza delle cinque vergini, poi, significa vivere sempre preparati alla Parusia, essere cioè vigilanti/pronti durante l’attesa. E anche questo non è delegabile, memori sempre della parola di Gesù: «due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato» (Mt 24,40), perché non si può vigilare/essere pronti al posto di un altro. Ovvero, se la vigilanza/prontezza è l’attesa gioiosa e amante del Signore che viene, proprio queste caratteristiche non possono essere inoculate nel profondo del cuore di un’altra persona. O si ama o non si ama lo Sposo. Pertanto, la delega impossibile consiste proprio nel trovarsi pronti alla venuta del Signore Gesù, rispetto a chi non lo sarà.
La vigilanza dice, inoltre, la fedeltà che deve caratterizzare il discepolo nell’adempimento del dono della fede cristiana ricevuta nel Battesimo, nella vocazione alla quale il Signore ci ha chiamati, nel luogo e con le persone con le quali Egli vuole che ci santifichiamo. Ed anche questa vigilanza non può essere delegata e si manifesta sempre più come atto responsabile del credente che aspetta il ritorno del Signore in atteggiamento di profonda fede nella sua promessa e nella consequenziale fedeltà all’oggi di Dio che è il tempo quotidiano.
Olio che non si può prestare è, ancora, tutto il tempo vissuto nell’ascolto del Signore e nello stare alla sua presenza. Non si può delegare ad altri quanto è responsabilità di ciascuno. Non vi sono persone e luoghi deputati a questo. È l’interezza della compagine ecclesiale che deve avvertire l’impellenza di una vita vissuta nel e col Signore. Per questo la tradizione cristiana ha sempre raccomandato l’esigenza di nutrire e custodire la vita spirituale, personale ed ecclesiale.
Tutte queste impossibili deleghe non potranno mai spegnere però il grido che sempre si alzerà a Dio da parte della comunità ecclesiale: che sia misericordioso verso tutti gli uomini e le donne e ci renda tutti commensali del banchetto eterno.
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