sabato 12 novembre 2011

301 - I TALENTI RICEVUTI DAL SIGNORE, DA METTERE A FRUTTO! - 13 Novembre 2011 – Domenica XXXIIIª Tempo Ordinario

(Proverbi 31,10-31 1ª Tessalonicesi 5,1-6 Matteo 25,14-30)

La traccia sobria ed essenziale della parabola dei talenti lascia appena intravedere il profondo messaggio di Gesù circa la relazione da vivere da parte delle creature con il Signore della nostra esistenza. Sta qui l’efficacia inequivocabile della parabola interpretata da Matteo, da non ‘sciupare’ perciò in eccessive elaborazioni allegoriche! Nel tempo della Chiesa, che precede e prepara quello conclusivo, quando il Signore ritornerà, in questo tempo il Signore consegna ai suoi servi i suoi beni: subentrino a lui nell’utilizzarli e nel gestirli! E lo facciano con libertà, genialità, senza sentirsi costretti da direttive dettagliate: ciascuno secondo la sua capacità! A disposizione dei servi c’è molto tempo. Il padrone non ha fretta di chiedere conto del lavoro fatto. E quando ritorna, non gli importa quanto hanno guadagnato, egli apprezza il fatto che sono rimasti fedelmente legati a lui: riceveranno autorità su molto, e soprattutto, entreranno nella gioia del loro Signore.
Davvero sconcertanti perciò risultano il comportamento e le dichiarazioni del servo malvagio: non ha capito l’animo e le intenzioni del suo padrone, che agli occhi e all’animo di quel servo dovette risultare semplicemente un ‘datore di lavoro’, anzi uno che lo sfruttava! Perciò non soltanto deve ammettere che ha paura di lui, ma mostra di comprenderlo in stridente contrasto con la fiducia e la fede degli altri due suoi amici.
Ecco una delle mete dell’approdo alla fede: scoprire Dio magnanimo e vicino! Quando lo si considera lontano, infatti, si è tentati di pensarlo a propria misura, o anche semplicemente di dimenticarlo. Le strade che possono portare l’uomo a incontrarsi con Dio sono assai varie. Una loro caratteristica e costante è però quella di riconoscere che quanto si è e si possiede è tutto dono di Dio, da trafficare per lui e per il prossimo che egli ci fa incontrare.
Può anche accadere che qualcuno metta i suoi talenti a servizio del prossimo per soli motivi di coscienza e di coerenza interiore. Ebbene, prima o poi troverà quel Signore che gli aveva dato i talenti così bene trafficati. Gli dirà allora: ogni volta che operavi il bene a vantaggio dei miei fratelli più piccoli, lo consideravo già fatto per fedeltà a me (cfr. Mt 25,31-46).
Preghiera -Se ci affida tanti beni preziosi – questo mondo e le sue risorse, e tanti doni di intelligenza e di grazia – allora Dio, il padre tuo, ha veramente fiducia in noi. Non è affatto un padrone esoso, né uno sfruttatore esigente, ma piuttosto uno che fa appello alla nostra responsabilità, alla nostra inventiva, alla nostra operosità. Tanto è vero che, alla fine, invita ad entrare nella sua gioia e cosa può esserci di più desiderabile della pienezza che ci offre per l’eternità?
La ricchezza, però, che mette nelle nostre mani non è un regalo destinato solo a noi, a nostro esclusivo beneficio. Sotterrare la nostra fede, coprire la nostra speranza, mortificare la carità, significa in definitiva condannarle alla sterilità e vederle appassire. Si tratta di doni inestimabili, ma anche molto fragili, bisognosi di essere spesi nella vita quotidiana.
Ecco perché la tua parabola, Gesù, ha anche un finale amaro: è il destino di chi si è illuso di poter vivere di rendita, tirando i remi in barca.

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