(Sapienza 6,12-16 1ª Tessalonicesi 4,13-18 Matteo 25,1-13)
La vigilanza dice la fedeltà che deve contrassegnare il cristiano nel suo vivere secondo lo stato, gli impegni e le relazioni a cui è quotidianamente chiamato. E questa vigilanza, che si manifesta come agire responsabile del credente, non può essere delegata ad altri. Essa esprime il grado di maturità della nostra fede e nutre la vita spirituale, l’impegno personale ed ecclesiale.
La parabola delle vergini sagge e di quelle stolte è stata per secoli tema d’interpretazione artistica nelle cattedrali e nelle chiese. Raccolti idealmente in una serie ben ordinata di sculture, affreschi e vetrate, questi prodotti dell’arte e della fede costituirebbero una galleria di messaggi spirituali e culturali ancora di grande attualità. È, infatti, sempre un’esigenza dello spirito umano motivare l’esistenza con scelte concrete e con la speranza. Assai eloquente è la risposta del Signore alle ragazze stolte, arrivate tardi all’appuntamento fissato: Non vi conosco!
Che questa scena costituisca la nota più drammatica dell’ultimo episodio della storia umana – quello del giudizio finale – trova una conferma in un testo parallelo che Matteo colloca a conclusione del Discorso della montagna. Val la pena di ascoltarlo integralmente da Matteo 7,21-23: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”».
Non si tratta dunque più di ‘vergini stolte’, ma di persone che «in quel giorno» riterranno sufficiente produrre titoli personali di benemerenze qualificate, attuate «nel tuo nome» (ossia in quello del Signore): Matteo lo evidenzia tre volte, al v. 22! E al v. 13, conclusivo della nostra parabola, l’appello del Signore viene formulato con un comando, a cui si fa seguire la motivazione: non si sa né il giorno né l’ora! Pertanto: Vegliate!
A conclusione di un’esistenza male impostata la voce dall’interno aggiunge al «non vi conosco» delle vergini stolte un comando: “Via da me, operatori di iniquità!”di chi si accontenta di dire: “Signore,Signore”! L’inerzia, il vuoto d’impegno nel vivere la propria presenza nella società, il sottrarsi alle personali responsabilità verso il prossimo e verso Dio non fanno di un uomo o di una donna soltanto degli esseri inutili e insipienti, bensì pure degli operatori di male! Nessuno è a questo mondo soltanto per se stesso. Il bene evitato, il vuoto non occupato, l’omissione di un contributo personale alla crescita comune... è già stoltezza e fallimento spirituale!
Preghiera - La nostra esistenza, Gesù, è percorsa da un’attesa perché ognuno di noi ha un appuntamento decisivo e non ne conosce né il giorno né l’ora. Ecco perché le nostre lampade devono rimanere accese: per non giungere impreparati a quell’incontro da cui dipende la nostra sorte eterna.
La nostra esistenza, Gesù, esige che teniamo gli occhi bene aperti perché sono tanti gli incontri che tu ci riservi per sostenerci lungo il cammino. Ecco perché non deve venir meno quest’olio prezioso che ci permette di rimanere desti e pronti.
È l’olio della fede che ci fa discernere la tua presenza in mezzo a noi. È l’olio della speranza che ci consente di affrontare serenamente gli ostacoli e le difficoltà. È l’olio profumato della carità che fa fiorire in noi mille gesti e parole di fraternità e di misericordia, di pace e di giustizia.
La vigilanza dice la fedeltà che deve contrassegnare il cristiano nel suo vivere secondo lo stato, gli impegni e le relazioni a cui è quotidianamente chiamato. E questa vigilanza, che si manifesta come agire responsabile del credente, non può essere delegata ad altri. Essa esprime il grado di maturità della nostra fede e nutre la vita spirituale, l’impegno personale ed ecclesiale.
La parabola delle vergini sagge e di quelle stolte è stata per secoli tema d’interpretazione artistica nelle cattedrali e nelle chiese. Raccolti idealmente in una serie ben ordinata di sculture, affreschi e vetrate, questi prodotti dell’arte e della fede costituirebbero una galleria di messaggi spirituali e culturali ancora di grande attualità. È, infatti, sempre un’esigenza dello spirito umano motivare l’esistenza con scelte concrete e con la speranza. Assai eloquente è la risposta del Signore alle ragazze stolte, arrivate tardi all’appuntamento fissato: Non vi conosco!
Che questa scena costituisca la nota più drammatica dell’ultimo episodio della storia umana – quello del giudizio finale – trova una conferma in un testo parallelo che Matteo colloca a conclusione del Discorso della montagna. Val la pena di ascoltarlo integralmente da Matteo 7,21-23: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”».
Non si tratta dunque più di ‘vergini stolte’, ma di persone che «in quel giorno» riterranno sufficiente produrre titoli personali di benemerenze qualificate, attuate «nel tuo nome» (ossia in quello del Signore): Matteo lo evidenzia tre volte, al v. 22! E al v. 13, conclusivo della nostra parabola, l’appello del Signore viene formulato con un comando, a cui si fa seguire la motivazione: non si sa né il giorno né l’ora! Pertanto: Vegliate!
A conclusione di un’esistenza male impostata la voce dall’interno aggiunge al «non vi conosco» delle vergini stolte un comando: “Via da me, operatori di iniquità!”di chi si accontenta di dire: “Signore,Signore”! L’inerzia, il vuoto d’impegno nel vivere la propria presenza nella società, il sottrarsi alle personali responsabilità verso il prossimo e verso Dio non fanno di un uomo o di una donna soltanto degli esseri inutili e insipienti, bensì pure degli operatori di male! Nessuno è a questo mondo soltanto per se stesso. Il bene evitato, il vuoto non occupato, l’omissione di un contributo personale alla crescita comune... è già stoltezza e fallimento spirituale!
Preghiera - La nostra esistenza, Gesù, è percorsa da un’attesa perché ognuno di noi ha un appuntamento decisivo e non ne conosce né il giorno né l’ora. Ecco perché le nostre lampade devono rimanere accese: per non giungere impreparati a quell’incontro da cui dipende la nostra sorte eterna.
La nostra esistenza, Gesù, esige che teniamo gli occhi bene aperti perché sono tanti gli incontri che tu ci riservi per sostenerci lungo il cammino. Ecco perché non deve venir meno quest’olio prezioso che ci permette di rimanere desti e pronti.
È l’olio della fede che ci fa discernere la tua presenza in mezzo a noi. È l’olio della speranza che ci consente di affrontare serenamente gli ostacoli e le difficoltà. È l’olio profumato della carità che fa fiorire in noi mille gesti e parole di fraternità e di misericordia, di pace e di giustizia.
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