“Ultimo giorno del 2011 per fare qualcosa di buono da mettere nelle mani di Dio perché il Suo Regno cresca e si renda presente in tutto il mondo!”
Nell’oscurità della notte di Natale, oggi come duemila anni fa, anche noi intendiamo il canto degli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egliama». Ma qual è la pace del Natale? Forse abbiamo affrontato il buio e il freddo per andare celebrazione della messa di mezzanotte, calamitati dalla festa del Natale che è come l’alta marea: trascina con sé tutti, quasi a dispetto della nostra pigrizia, delle nostre infedeltà, dei lunghi silenzi che abbiamo lasciato cadere tra noi e Dio, della distanza che abbiamo frapposto fra Lui e noi. Dobbiamo ammetterlo: tutti abbiamo desiderio della pace, una nostalgia insopprimibile di esserne abitati, fin nel profondo. Ebbene, è proprio questa l’offerta che ci viene fatta.
Il buio non è solo all’esterno, ma molte volte scende nel nostro cuore: allora, coperti da una spessa coltre, noi non riusciamo più a vedere la direzione della nostra esistenza, cadiamo in balia di forze oscure dalle quali ci lasciamo condurre, diciamo e facciamo cose di cui non possiamo gloriarci. Al nostro animo tormentato, talora angosciato e incapace di distinguere il bene dal male, costretto a riconoscere che la cattiveria attecchisce anche nella nostra esistenza viene offerta una luce. È la stessa luce che avvolse i pastori in quella notte. Quella Luce è Cristo: il Salvatore, il Cristo, il Signore.
È lui il Salvatore: lui solo può strapparci alle ombre e alle suggestioni del male e donarci un’esistenza nuova. E lo fa nell’unico modo possibile: offrendoci il suo amore, un amore più forte del nostro peccato, più tenace di qualsiasi nostra infedeltà, Riconoscerlo come Salvatore significa ammettere le nostre debolezze, le nostre fragilità, le nostre responsabilità, ma nel contempo poter abbandonarsi a lui, così come siamo. Non dobbiamo nascondere, occultare nulla di noi stessi. Tanto meno le nostre ferite. Egli è venuto proprio per questo: per liberarci, per guarirci, per farci sperimentare una vita nuova.
È lui il Cristo, cioè l’Inviato di Dio: in lui si compie l’attesa di Israele, ma anche di tutta l’umanità. Grazie a lui Dio non è più distante, sconosciuto, inarrivabile o coperto da quelle maschere confezionate dagli uomini e appiccicate sul suo volto. Dio ora è vicino, vicinissimo, accessibile a tutti coloro che intendono accoglierlo: è un uomo come noi. Viene nella debolezza non con la forza, viene per salvare non per castigare, viene per offrire misericordia non per condannare, viene per rialzare non per abbattere. La gloria di questo Dio, il suo biglietto da visita è proprio la nostra felicità, la dignità a cui ci innalza, la pienezza che ci abita.
È lui il Signore: è lui che pronuncia l’ultima parola sulla storia, che cambia il corso degli eventi ed imprime una svolta al percorso dell’umanità. Al di là delle apparenze noi non siamo più sotto il potere del male. Il titolo, Signore, che gli viene attribuito in questa notte, non è casuale. È lo stesso che i discepoli gli riconoscono quando percepiscono il senso della sua risurrezione. Né la morte, né nessun altro potere hanno potuto trattenerlo nelle loro mani. Con il suo amore egli li ha sconfitti e anche noi, assieme a lui, partecipiamo a questa vittoria, che un giorno sarà completa.
Ecco qual è la pace del Natale. Non quella evanescente di un’atmosfera, creata dalla pubblicità. Non quella zuccherosa e di poco costo di un buonismo generico da avvertire per un giorno all’anno. E neppure quella che ignora i conflitti e i mali di questa terra. È la pace che viene da lui, Gesù, il Salvatore, il Cristo, il Signore. Se gli affidiamo la nostra esistenza, egli la può trasformare, pacificare, colmare di gioia.
Nell’oscurità della notte di Natale, oggi come duemila anni fa, anche noi intendiamo il canto degli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egliama». Ma qual è la pace del Natale? Forse abbiamo affrontato il buio e il freddo per andare celebrazione della messa di mezzanotte, calamitati dalla festa del Natale che è come l’alta marea: trascina con sé tutti, quasi a dispetto della nostra pigrizia, delle nostre infedeltà, dei lunghi silenzi che abbiamo lasciato cadere tra noi e Dio, della distanza che abbiamo frapposto fra Lui e noi. Dobbiamo ammetterlo: tutti abbiamo desiderio della pace, una nostalgia insopprimibile di esserne abitati, fin nel profondo. Ebbene, è proprio questa l’offerta che ci viene fatta.
Il buio non è solo all’esterno, ma molte volte scende nel nostro cuore: allora, coperti da una spessa coltre, noi non riusciamo più a vedere la direzione della nostra esistenza, cadiamo in balia di forze oscure dalle quali ci lasciamo condurre, diciamo e facciamo cose di cui non possiamo gloriarci. Al nostro animo tormentato, talora angosciato e incapace di distinguere il bene dal male, costretto a riconoscere che la cattiveria attecchisce anche nella nostra esistenza viene offerta una luce. È la stessa luce che avvolse i pastori in quella notte. Quella Luce è Cristo: il Salvatore, il Cristo, il Signore.
È lui il Salvatore: lui solo può strapparci alle ombre e alle suggestioni del male e donarci un’esistenza nuova. E lo fa nell’unico modo possibile: offrendoci il suo amore, un amore più forte del nostro peccato, più tenace di qualsiasi nostra infedeltà, Riconoscerlo come Salvatore significa ammettere le nostre debolezze, le nostre fragilità, le nostre responsabilità, ma nel contempo poter abbandonarsi a lui, così come siamo. Non dobbiamo nascondere, occultare nulla di noi stessi. Tanto meno le nostre ferite. Egli è venuto proprio per questo: per liberarci, per guarirci, per farci sperimentare una vita nuova.
È lui il Cristo, cioè l’Inviato di Dio: in lui si compie l’attesa di Israele, ma anche di tutta l’umanità. Grazie a lui Dio non è più distante, sconosciuto, inarrivabile o coperto da quelle maschere confezionate dagli uomini e appiccicate sul suo volto. Dio ora è vicino, vicinissimo, accessibile a tutti coloro che intendono accoglierlo: è un uomo come noi. Viene nella debolezza non con la forza, viene per salvare non per castigare, viene per offrire misericordia non per condannare, viene per rialzare non per abbattere. La gloria di questo Dio, il suo biglietto da visita è proprio la nostra felicità, la dignità a cui ci innalza, la pienezza che ci abita.
È lui il Signore: è lui che pronuncia l’ultima parola sulla storia, che cambia il corso degli eventi ed imprime una svolta al percorso dell’umanità. Al di là delle apparenze noi non siamo più sotto il potere del male. Il titolo, Signore, che gli viene attribuito in questa notte, non è casuale. È lo stesso che i discepoli gli riconoscono quando percepiscono il senso della sua risurrezione. Né la morte, né nessun altro potere hanno potuto trattenerlo nelle loro mani. Con il suo amore egli li ha sconfitti e anche noi, assieme a lui, partecipiamo a questa vittoria, che un giorno sarà completa.
Ecco qual è la pace del Natale. Non quella evanescente di un’atmosfera, creata dalla pubblicità. Non quella zuccherosa e di poco costo di un buonismo generico da avvertire per un giorno all’anno. E neppure quella che ignora i conflitti e i mali di questa terra. È la pace che viene da lui, Gesù, il Salvatore, il Cristo, il Signore. Se gli affidiamo la nostra esistenza, egli la può trasformare, pacificare, colmare di gioia.
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