Certo, questo non è il primo Natale della nostra vita. E c’è il rischio – lo abbiamo già provato – di arrivare a questa festa con molte attese, e poi di vederle deluse. I preparativi sono cominciati da molto tempo. Ma quello che ci è stato annunciato è spesso un Natale che non ha molto da spartire con la celebrazione cristiana. È il Natale predisposto, organizzato, pubblicizzato da una società che avverte la possibilità di vendere, di far consumare i prodotti che ha preparato. Contribuisce a ‘far girare’ l’economia, ma non è detto che soddisfi i cuori. L’Avvento avrebbe dovuto provvedere proprio a questo: a farci vivere un tempo prezioso in cui allertare gli animi, aprire gli occhi e gli orecchi, per intendere la Parola e cogliere i segni che vengono disseminati attorno a noi. Come che sia andato l’Avvento, comunque, questo tempo di grazia arriva per tutti e può offrire a tutti la sua Luce e la sua Pace…
L’importante è viverlo bene, per non restare con la nostra fame e la nostra sete… Non fame e sete di cibo: quello sarà – per alcuni di noi nel mondo – abbondante fino allo spreco. Fame e sete di qualcosa che solo Dio può darci: una pace che raggiunge il profondo della nostra esistenza, che mette fine alle ansie e agli affanni che ci accompagnano sempre; un senso al nostro andare, una direzione al nostro camminare e la certezza che stiamo andando nel verso giusto; un sostegno alla nostra fragilità, una forza ed un entusiasmo nuovi con cui affrontare i momenti difficili.
Cosa significa viverlo bene? Il vangelo di Luca ci offre come modello i pastori. Non idee astratte, dunque, ma persone vive, in carne ed ossa. E quindi più facili da imitare. Siamo invitati a vivere il Natale come i pastori, e quindi:
* ad ascoltare l’annuncio, che risuona da duemila anni: «Oggi vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore». Non è facile intenderlo questo messaggio in mezzo al frastuono di questi giorni. Ecco perché è indispensabile fare almeno un poco di silenzio, far tacere le voci, le musiche, ma anche gli affanni, le preoccupazioni che urgono sempre alle porte della nostra esistenza;
* a prendere sul serio questo annuncio e dunque a mettersi in marcia per «vedere questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Sì, c’è un percorso da compiere, un cammino di ricerca da fare, guidati dalla Parola. Non riceviamo la salvezza a domicilio, come un pacco dono che basta scartare;
* a contemplare il segno: «Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia». Anche qui bisogna subito mettere in chiaro che Egli ci viene incontro a modo suo e che dobbiamo accettare che Egli ci raggiunga nella fragilità di un bambino, non nella forza di un potente. Non vuole infatti imporsi a noi, essere ricambiato nell’amore che ci offre;
* a trasmettere quello che ci è accaduto, a non tenere per noi quello che abbiamo scoperto. Abbiamo udito e visto: ora le nostre parole, dettate dal cuore, devono raggiungere quelli che ci stanno accanto, contagiarli della nostra gioia, far intravedere loro il sapore di quella pace che abita la nostra vita perché ci sentiamo amati;
* a lodare Dio che nel suo Figlio si è fatto vicino, uno di noi, e che si è manifestato innanzitutto ai poveri, a quelli che hanno bisogno della sua forza per andare avanti e si sentono dunque rincuorati e sostenuti nel loro pellegrinaggio.
Se faremo così, se imiteremo i pastori, le nostre attese non verranno tradite e questo sarà un buon Natale, il Natale del Signore Gesù!
L’importante è viverlo bene, per non restare con la nostra fame e la nostra sete… Non fame e sete di cibo: quello sarà – per alcuni di noi nel mondo – abbondante fino allo spreco. Fame e sete di qualcosa che solo Dio può darci: una pace che raggiunge il profondo della nostra esistenza, che mette fine alle ansie e agli affanni che ci accompagnano sempre; un senso al nostro andare, una direzione al nostro camminare e la certezza che stiamo andando nel verso giusto; un sostegno alla nostra fragilità, una forza ed un entusiasmo nuovi con cui affrontare i momenti difficili.
Cosa significa viverlo bene? Il vangelo di Luca ci offre come modello i pastori. Non idee astratte, dunque, ma persone vive, in carne ed ossa. E quindi più facili da imitare. Siamo invitati a vivere il Natale come i pastori, e quindi:
* ad ascoltare l’annuncio, che risuona da duemila anni: «Oggi vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore». Non è facile intenderlo questo messaggio in mezzo al frastuono di questi giorni. Ecco perché è indispensabile fare almeno un poco di silenzio, far tacere le voci, le musiche, ma anche gli affanni, le preoccupazioni che urgono sempre alle porte della nostra esistenza;
* a prendere sul serio questo annuncio e dunque a mettersi in marcia per «vedere questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Sì, c’è un percorso da compiere, un cammino di ricerca da fare, guidati dalla Parola. Non riceviamo la salvezza a domicilio, come un pacco dono che basta scartare;
* a contemplare il segno: «Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia». Anche qui bisogna subito mettere in chiaro che Egli ci viene incontro a modo suo e che dobbiamo accettare che Egli ci raggiunga nella fragilità di un bambino, non nella forza di un potente. Non vuole infatti imporsi a noi, essere ricambiato nell’amore che ci offre;
* a trasmettere quello che ci è accaduto, a non tenere per noi quello che abbiamo scoperto. Abbiamo udito e visto: ora le nostre parole, dettate dal cuore, devono raggiungere quelli che ci stanno accanto, contagiarli della nostra gioia, far intravedere loro il sapore di quella pace che abita la nostra vita perché ci sentiamo amati;
* a lodare Dio che nel suo Figlio si è fatto vicino, uno di noi, e che si è manifestato innanzitutto ai poveri, a quelli che hanno bisogno della sua forza per andare avanti e si sentono dunque rincuorati e sostenuti nel loro pellegrinaggio.
Se faremo così, se imiteremo i pastori, le nostre attese non verranno tradite e questo sarà un buon Natale, il Natale del Signore Gesù!
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