giovedì 29 dicembre 2011

315 - UN MISTERO D’AMORE - 27 Dicembre – San Giovanni apostolo

Il Mistero dell’Incarnazione che è al centro della festa del Natale del Signore Gesù non può venire esaurito dalla celebrazione di un solo giorno, pur solenne. Ecco perché la liturgia prevede un «tempo di Natale»: perché ogni discepolo possa contemplare i diversi aspetti di una realtà così grande e sorprendente, che ha dell’inaudito e dell’inimmaginabile. Due sono le strade che ci vengono proposte dal Nuovo Testamento.
La prima, narrativa, ci mette davanti al racconto di una nascita che avviene nel bel mezzo del trambusto suscitato dal censimento, in un alloggio di fortuna. Nel Bambino appena nato, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, anche noi come i pastori, siamo invitati a vedere il segno e a riconoscere il Salvatore, il Cristo, il Signore. Nella sua umanità: nel bambino fragile e bisognoso di tutto (notte di Natale) come nell’uomo fatto che condivide in tutto e per tutto la nostra condizione (festa del Battesimo) noi contempliamo il Figlio di Dio che ci viene incontro per offrirci gioia e pace, salvezza e liberazione.
Ma c’è anche un’altra via, teologica ed esistenziale al contempo, quella del Prologo del Vangelo di Giovanni. Essa ci svela la realtà da un altro punto di vista, quella del Verbo eterno, che era fin dal principio e che ha assunto la carne di un uomo, quella del Figlio che viene a piantare la sua tenda in mezzo a noi e che ci dona di contemplare la sua gloria, offrendoci grazia e verità.
Questo percorso, è vero, manca dell’animazione che ritroviamo nel presepio: niente angeli e pastori, niente capanna, Maria e Giuseppe. L’unico che figura, oltre al protagonista, è Giovanni, il Battista, l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento. E tuttavia questo straordinario brano poetico ci conduce a considerare la nostra esperienza di fede in quello che essa ha di fondamentale.
Il paradosso non viene affatto smussato: il Verbo eterno assume la fragilità della carne umana. Egli si offre a noi come Parola, come Vita e come Luce.
* Una Parola che interpella, che risuona nel profondo del cuore, una Parola d’amore che ha creato l’universo ed attende una risposta d’amore. Una Parola non solo consolante e misericordiosa, ma anche dura ed esigente, che mette su sentieri nuovi e domanda una conversione profonda.
* Una Vita che ha i connotati di Dio, della sua pienezza, della sua bontà e che raggiunge le dimensioni dell’eternità. Non una vita qualsiasi, dunque. Spesa in qualsiasi modo, a qualunque condizione. La Vita che viene offerta ha il sapore inequivocabile di una realtà che ci supera, in cui possiamo solamente abbandonarci, come in un oceano che non può essere abbracciato.
* Una Luce che rischiara ogni anfratto della nostra esistenza. Non una luce potente, che abbaglia e ferisce, ma una Lucecalda e misericordiosa, che rischiara il cammino e accende di speranza il nostro animo.
Così il Figlio di Dio si propone ad ognuno di noi. Non si impone con la forza, ma domanda di essere accolto, a costo di esporsi al rifiuto degli uomini. Anche questo può accadere…Ma a coloro che credono nel suo nome si apre un’occasione del tutto inedita: essere generati da Dio stesso alla vita dei figli di Dio. Ecco la nostra esperienza di discepoli è tutta qui: in questa Parola, in questa Vita e in questa Luce che ci strappano al vuoto e al silenzio, alla morte e all’oscurità e ci fanno entrare in una comunione divina, feconda di bene.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.