sabato 29 ottobre 2011

296 - CHI TRA VOI È PIÙ GRANDE, SARÀ VOSTRO SERVO

30 Ottobre 2011 – Domenica XXXIª Tempo Ordinario
(Malachia 1,14-2,1-2.8-10 1ª Tessalonicesi2,7-9.13 Matteo 23,1-12)

Poiché Dio è unico e padre di tutti, nella comunità cristiana e nel rapporto con tutti gli uomini il vangelo cristiano indica l’ideale della fraternità: un ideale a cui tendere e mai raggiungibile in forma piena su questa terra. Ma da tradurre in gesti concreti, il cui spirito è decisamente individuato nel ‘servizio’, nella disponibilità.
Attraverso l’interpretazione attualizzante di Matteo, Gesù parla anche alla Chiesa d’oggi. Matteo scrive infatti non tanto da cronista e storico del passato, in vista di ricostruire l’identità precisa di coloro ai quali Gesù si riferiva, quanto per istruire i suoi uditori e lettori, noi che ascoltiamo il Signore attraverso il suo vangelo, segnalando un rischio sempre attuale e possibile: quello di far da guide agli altri, senza poi vivere in coerenza con quanto insegnato. Nelle parole di Gesù risuona la denuncia di una triplice ipocrisia, quale insidia per chi esercita ruoli responsabili nei confronti di altri: *mostrarsi rigidi nel chiedere a tutti l’osservanza di norme morali, salvo poi essere indulgenti e permissivi con se stessi; *ambire riconoscimenti e stima immeritata da parte della gente, senza preoccuparsi di risultare effettivamente ciò che i fedeli si attendono o cercano; *passare per rabbì, maestri qualificati e considerati tali da tutti, mentre non si è di fatto tali! Dicono e non fanno! Le varianti alla triplice forma di ipocrisia possono essere molteplici. Una verifica e un esame di coscienza quindi da non eludere, quando si viva la responsabilità nei confronti di altri: in famiglia, negli ambienti di formazione religiosa e civile; e anche quando si occupi qualche ‘cattedra’ di direzione della comunità politica.
In alternativa a ciò che veniva denunciato come negativo nei responsabili dell’ebraismo di quel tempo, già si intravede l’identità del gruppo dei discepoli, che nasceva alla scuola di Gesù. Ma il secondo brano indica anche più esplicitamente come si articolano le relazioni fra i seguaci di Gesù. Vi si può nuovamente trovare una triplice direttiva (vv. 8-12): maestro e guida è (e resta unico per tutti) Gesù Cristo Signore: rispetto a lui si è sempre discepoli! Padre, a cui far costante riferimento filiale e fiducioso, è Dio, il Padre che sta nei cieli. Nella comunità cristiana, e verso tutti gli uomini, si è dunque chiamati a rapporti di fraternità! Anzi, il più grande tra voi sia vostro servo! È evidente quanto speculare ed alternativa sia questa semplice carta d’identità di chi presiede servendo una comunità cristiana, rispetto a quella di coloro che erano allora assisi «sulla cattedra di Mosè».
Sulla cattedra dunque di Gesù Maestro e Signore non sono previsti successori! Si può essere chiamati talvolta a ripetere qualche sua lezione, ma episodicamente, dopo averla ascoltata attentamente; e per dirla agli altri ‘condiscepoli’ e fratelli con l’accento discreto di una testimonianza vissuta e convinta. Sta qui l’identità di chiunque presta servizio al Vangelo nella comunità cristiana: genitori, catechisti, teologi, predicatori della Parola da ogni pulpito, anche da quello semplice e ‘dialogico’ che a volte ha per interlocutore uno non ancora (o non più) credente in Dio e nel Vangelo.
La sentenza sapienziale con cui si chiude il testo evangelico odierno – chi s’innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato – ci fa raggiungere idealmente il luogo di nascita del cristianesimo, Nazaret! A commento di quanto era cominciato nella sua vita spirituale, Maria di Nazaret aveva cantato che (Dio) rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili; ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote. Effettivamente il Vangelo era cominciato così a Nazaret! E la comunità cristiana rinasce ogni volta che parte nuovamente di là.
Preghiera - Sono parole dure, Gesù, quelle che rivolgi agli scribi e ai farisei, parole che lasciano il segno perché portano alla luce comportamenti in contrasto con un rapporto autentico verso Dio.
Il campionario da te descritto va dalla voglia di esibirsi per ricevere il plauso e la stima degli uomini all’illusione di poter sottrarsi agli obblighi dell’alleanza, dalle piccole manie rituali, indizi evidenti di nevrosi, al rigorismo di certi giudizi che non combaciano poi con l’impegno e le scelte personali.
C’è un po’ di tutto, Gesù: un insieme di debolezze, di piccinerie, di ingenuità, che rivelano però un rischio notevole. Sì, perché dietro la voglia di apparire si cela la pretesa di sottrarsi alla legge di Dio, dietro la smania di titoli altisonanti il bisogno segreto di prendere il posto dell’unico Padre e dell’unico Maestro.
A questo punto il gioco si fa veramente pericoloso, tanto da pregiudicare ogni relazione con Dio.

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