sabato 8 ottobre 2011

286 - PERCHÉ DA NOI IL CRISTIANESIMO È IN DIFFICOLTÀ, MENTRE ALTROVE FIUORISCE?

Quarto giorno: La negazione di Dio

La negazione di Dio – «uccidiamo il figlio e avremo noi l’eredità» – è avvenuta nel Novecento con una forza così dirompente quasi ovvia: la negazione di Dio è diventata, per così dire, la nuova religione, propagandata da una straordinaria persuasione ideologica. Non solo vivere come se Dio non ci fosse, non solo organizzare il mondo senza Dio e contro Dio, ma costruire già qui, nella vigna che è diventata nostra, il nostro paradiso. Pensiamo alle varie forme dell’ateismo comunista e del nazismo e a tutte le ideologie atee nate a partire dall’affermazione della ragione adulta e autonoma.
Emblematica è, ad esempio, la posizione del filosofo francese A. Comte (1798-1857) che proclama il superamento della questione di Dio in modo ben più radicale rispetto all’ateismo tradizionale. Infatti, al pari di Marx, egli vuole eliminare il senso religioso sradicandolo dal cuore dell’uomo, dichiarando superata l’attenzione alle domande che riguardano il destino e le origini dell’uomo e del mondo. Comte stesso confessa di voler superare l’ateismo, considerandolo una «emanazione insufficiente, poiché tende a prolungare indefinitamente lo stato metafisico, ricercando senza posa nuove soluzioni dei problemi teorici invece di eliminare, come radicalmente vane, tutte le ricerche accessibili» (Sistema di politica positiva). Dunque la forma tradizionale dell’ateismo non è capace, secondo Comte, di estirpare alla radice il senso religioso, in quanto conserva «i termini del problema di Dio, le abitudini di pensare e i modi di ragionare del credente» e quindi si inoltra in una via da cui è possibile ricadere di nuovo nell’ansia religiosa. Così l’uomo, con le sue domande ultime, con la sua ricerca di senso, scompare e lascia il posto al trionfo dell’oggetto, delle cose, verso cui si sente sempre più asservito (cfr. H. De Lubac, Il dramma dell’umanesimo ateo, Morcelliana, Brescia 1978, 113-130). L’ateismo assume allora connotati tali da diventare una vera e propria religione, con i suoi dogmi, con la sua ortodossia e con i suoi idoli, con i suoi sacerdoti: una religione di ‘salvezza’ terrena, semplicemente umana, a portata dell’uomo e opera dell’uomo. Questa religione immanente genera uno a uno tutti gli ingredienti delle dittature totalitarie: dalla religione della razza alla religione della patria, alla religione della classe sociale. Così la politica, la razza, lo stato, la scienza, l’economia sono al di sopra di tutto, sono al posto di Dio.
(Articolo di Gianni Ambrosio in Servizio della Parola n.429 pp.138-143 – Editrice Queriniana)

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