Sesto giorno: La questione di Dio morta in Occidente … vive altrove!
Per molti aspetti, vi è da restare stupiti se la questione di Dio, dopo il tragico percorso compiuto dall’Occidente, sia questione ancora viva. La martellante proposta di un umanesimo chiuso ed esclusivo avrebbe dovuto portare al declino di tutti i fini che trascendono la prosperità terrena dell’umanità, fino ad eliminare la stessa possibilità di un riferimento religioso. Così non sembra essere avvenuto, anche se effettivamente siamo in presenza di un nuovo sfondo che ha cambiato il peso, il posto, il significato
della religione nella nostra società.
Ma sarà opportuno osservare che la questione di Dio è certamente ben viva in altri contesti lontani dall’Occidente, ma su cui l’Occidente da secoli ha cercato di imporre la propria storia e la propria visione del mondo. Ed è certamente viva anche la questione del cristianesimo: di fronte alle frequenti diagnosi di regresso della fede cristiana e in generale di perdita di peso culturale e sociale delle religioni, Philip Jenkins (La terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo, Fazi, Roma 2004; I nuovo volti del cristianesimo, Vita e Pensiero, Milano 2008) rileva con anglosassone freddezza documentaria che ciò che riguarda l’Occidente (con più precisione, l’Europa, anzi una parte dell’Europa) non riguarda il resto del pianeta. In Asia, in Africa e in parte nell’America del Sud, il cristianesimo sta vivendo una fase di espansione che lo rende la religione che presenta il maggior tasso di crescita nel mondo.
Possono essere sollevati parecchi interrogativi a simile valutazione, ma certamente gli studi proposti invitano a formulare con maggior cautela le ipotesi sul destino del cristianesimo nel suo senso universale e cattolico. In ogni caso questi studi pongono
la questione seria circa il problema della trasmissione del cristianesimo: soprattutto oggi l’assunzione del linguaggio evangelico nella sua essenzialità manifesta tutto il suo fascino, mentre appare faticosa e spesso inconcludente la ricerca, forse ossessiva, circa il modo di tradurlo nella complessità attuale. Non si tratta ovviamente di tornare al passato, quanto piuttosto di accogliere la domanda circa l’identità più autentica di quel Dio a cui l’uomo non può rinunciare, anche quell’uomo che vive in Occidente. Perché anche in Occidente la visione semplicemente secolare – la nuova religione dell’umanità – non appare così pervasiva e soprattutto così soddisfacente: in quella vigna eredita con l’uccisione del figlio, vi è ancora – e forse cresce – la nostalgia di Colui che è stato cacciato. Allora si dovrà venire incontro al desiderio di sentir narrare di Lui come Lógos-Amore, venuto comunque in questa vigna da cui fu scacciato, per offrirsi alla libertà degli uomini come un Dio che ama.
(Articolo di Gianni Ambrosio in Servizio della Parola n.429 pp.138-143 – Editrice Queriniana)
Per molti aspetti, vi è da restare stupiti se la questione di Dio, dopo il tragico percorso compiuto dall’Occidente, sia questione ancora viva. La martellante proposta di un umanesimo chiuso ed esclusivo avrebbe dovuto portare al declino di tutti i fini che trascendono la prosperità terrena dell’umanità, fino ad eliminare la stessa possibilità di un riferimento religioso. Così non sembra essere avvenuto, anche se effettivamente siamo in presenza di un nuovo sfondo che ha cambiato il peso, il posto, il significato
della religione nella nostra società.
Ma sarà opportuno osservare che la questione di Dio è certamente ben viva in altri contesti lontani dall’Occidente, ma su cui l’Occidente da secoli ha cercato di imporre la propria storia e la propria visione del mondo. Ed è certamente viva anche la questione del cristianesimo: di fronte alle frequenti diagnosi di regresso della fede cristiana e in generale di perdita di peso culturale e sociale delle religioni, Philip Jenkins (La terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo, Fazi, Roma 2004; I nuovo volti del cristianesimo, Vita e Pensiero, Milano 2008) rileva con anglosassone freddezza documentaria che ciò che riguarda l’Occidente (con più precisione, l’Europa, anzi una parte dell’Europa) non riguarda il resto del pianeta. In Asia, in Africa e in parte nell’America del Sud, il cristianesimo sta vivendo una fase di espansione che lo rende la religione che presenta il maggior tasso di crescita nel mondo.
Possono essere sollevati parecchi interrogativi a simile valutazione, ma certamente gli studi proposti invitano a formulare con maggior cautela le ipotesi sul destino del cristianesimo nel suo senso universale e cattolico. In ogni caso questi studi pongono
la questione seria circa il problema della trasmissione del cristianesimo: soprattutto oggi l’assunzione del linguaggio evangelico nella sua essenzialità manifesta tutto il suo fascino, mentre appare faticosa e spesso inconcludente la ricerca, forse ossessiva, circa il modo di tradurlo nella complessità attuale. Non si tratta ovviamente di tornare al passato, quanto piuttosto di accogliere la domanda circa l’identità più autentica di quel Dio a cui l’uomo non può rinunciare, anche quell’uomo che vive in Occidente. Perché anche in Occidente la visione semplicemente secolare – la nuova religione dell’umanità – non appare così pervasiva e soprattutto così soddisfacente: in quella vigna eredita con l’uccisione del figlio, vi è ancora – e forse cresce – la nostalgia di Colui che è stato cacciato. Allora si dovrà venire incontro al desiderio di sentir narrare di Lui come Lógos-Amore, venuto comunque in questa vigna da cui fu scacciato, per offrirsi alla libertà degli uomini come un Dio che ama.
(Articolo di Gianni Ambrosio in Servizio della Parola n.429 pp.138-143 – Editrice Queriniana)
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