Quinto giorno: L’Umanità prende il posto di Dio
Può ancora essere illuminante un richiamo al filosofo Comte. Per il filosofo positivista l’‘Umanità’ prende il posto dell’‘antico Dio’. Così Comte può fare il verso alla frase di san Paolo di Atti 17, 28: «in essa – e cioè nell’Umanità che prende il posto di Dio – noi viviamo, ci muoviamo e siamo», essa è «il centro delle nostre affezioni» (Appello ai conservatori, 1855).
Se oggi appare superata – e certamente ridicola – una simile concezione, ciò non significa che lo scientismo o il pragmatismo o un certo laicismo non vadano sostanzialmente nella stessa direzione: al posto di Dio vi è l’uomo o ciò che l’uomo realizza con le sue mani, con la sua ragione, con le sue decisioni, con la sua autonomia. Così pure se oggi appare superata – ed anche raccapricciante – la fase delle grandi e terribili ‘narrazioni’ – dal socialismo comunista al nazi-fascismo, con i vari nazionalismi e razzismi –, ciò non significa che sia finita l’ideologia – sotto forme più banali, ma striscianti e ugualmente pervasive – che vuole l’autonomia totale e radicale dell’uomo. La stessa affermazione della cosiddetta laicità è spesso così fanatica nel voler cancellare i segni della memoria religiosa di un popolo da lasciar intendere che essa stessa pretende di ergersi come l’unica forma religiosa, adatta ai nostri tempi come per Comte l’umanità stessa doveva prendere il posto dell’antico Dio. Il primato della persona umana non è stato paurosamente negato solo dai totalitarismi, ma può essere negato anche da tutte quelle concezioni che rinchiudono l’uomo nella «gabbia d’acciaio», per usare l’espressione cara a M. Weber, che favoriscono la manipolazione dell’uomo o che disprezzano la vita nelle sue diverse espressioni. Persino lo sconvolgente gesto del suicidio di una persona viene presentato come «estremo scatto di volontà» e strumentalizzato per perorare inquietanti legislazioni che aprono all’eutanasia: così è avvenuto per il regista Mario Monicelli.
(Articolo di Gianni Ambrosio in Servizio della Parola n.429 pp.138-143 – Editrice Queriniana)
Può ancora essere illuminante un richiamo al filosofo Comte. Per il filosofo positivista l’‘Umanità’ prende il posto dell’‘antico Dio’. Così Comte può fare il verso alla frase di san Paolo di Atti 17, 28: «in essa – e cioè nell’Umanità che prende il posto di Dio – noi viviamo, ci muoviamo e siamo», essa è «il centro delle nostre affezioni» (Appello ai conservatori, 1855).
Se oggi appare superata – e certamente ridicola – una simile concezione, ciò non significa che lo scientismo o il pragmatismo o un certo laicismo non vadano sostanzialmente nella stessa direzione: al posto di Dio vi è l’uomo o ciò che l’uomo realizza con le sue mani, con la sua ragione, con le sue decisioni, con la sua autonomia. Così pure se oggi appare superata – ed anche raccapricciante – la fase delle grandi e terribili ‘narrazioni’ – dal socialismo comunista al nazi-fascismo, con i vari nazionalismi e razzismi –, ciò non significa che sia finita l’ideologia – sotto forme più banali, ma striscianti e ugualmente pervasive – che vuole l’autonomia totale e radicale dell’uomo. La stessa affermazione della cosiddetta laicità è spesso così fanatica nel voler cancellare i segni della memoria religiosa di un popolo da lasciar intendere che essa stessa pretende di ergersi come l’unica forma religiosa, adatta ai nostri tempi come per Comte l’umanità stessa doveva prendere il posto dell’antico Dio. Il primato della persona umana non è stato paurosamente negato solo dai totalitarismi, ma può essere negato anche da tutte quelle concezioni che rinchiudono l’uomo nella «gabbia d’acciaio», per usare l’espressione cara a M. Weber, che favoriscono la manipolazione dell’uomo o che disprezzano la vita nelle sue diverse espressioni. Persino lo sconvolgente gesto del suicidio di una persona viene presentato come «estremo scatto di volontà» e strumentalizzato per perorare inquietanti legislazioni che aprono all’eutanasia: così è avvenuto per il regista Mario Monicelli.
(Articolo di Gianni Ambrosio in Servizio della Parola n.429 pp.138-143 – Editrice Queriniana)
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