venerdì 20 aprile 2012

376 - LA RISURREZIONE … IL RISORTO (seconda parte)

Per una pausa spirituale durante la IIª Settimana di Pasqua

C’è ancora un particolare: il ‘sudario’, che in greco indica semplicemente un fazzoletto. Non era messo sulla faccia per coprire il volto, ma veniva arrotolato intorno al viso, nella composizione della salma per conservare chiusa la bocca. Infatti il verbo greco utilizzato (entylíssō) non vuol dire ‘piegare’, ma ‘arrotolare’: quindi il narratore vuol dire che il sudario, rimasto arrotolato, non era sgonfio, ma sollevato. Il corpo di Gesù fu composto così nel sepolcro. Ora però il testimone oculare nota che, in contrasto con la posizione delle altre tele, il sudario era arrotolato, non sgonfio, ma sollevato come prima. L’espressione greca allà chōrís significa proprio: «ma diversamente» ed evidenzia il contrasto fra la posizione delle tele e quella del sudario.
Eppure si trovava nello stesso posto (eis héna tópon, ovvero in unum locum, come traduce il latino). Letteralmente l’espressione vuol dire: in un posto; ma se è solo questo, l’indicazione è davvero banale e inutile, giacché tutte le cose sono «in un posto». L’uso dell’aggettivo numerale in un caso simile non è previsto dalla lingua greca, ma Giovanni si esprime con una formula semitica, per cui il numerale uno corrisponde all’aggettivo «stesso, medesimo». Pertanto la strana espressione giovannea intende ribadire che il sudario non era in un altro luogo, bensì nello stesso di prima: nessuno lo aveva tolto ed era ancora lì dove lo avevano messo.
Ma l’effetto prodotto era strano: infatti, poteva sembrare che ci fosse rimasta solo la testa, dal momento che il sudario, arrotolato e spesso, teneva sollevate le tele nella zona del capo, senza che nessuno avesse rimosso niente.
Ecco che cosa vide il discepolo amato. Vide una situazione tale che nessun agente umano avrebbe potuto produrre: nessuno infatti avrebbe potuto portare via il corpo e lasciare le tele in quello stato. Vide una situazione umanamente inspiegabile e credette alle Scritture e alla parola stessa di Gesù.
La risurrezione quindi non è presentata come una rianimazione del cadavere, ma come una “sparizione” del corpo, che implica una trasformazione totale dell’essere di Gesù. Egli infatti lasciando le tele funebri nel sepolcro, si presenta ai discepoli con il suo vero corpo: è lo stesso di prima, eppure vive in una dimensione totalmente nuova. È l’assoluta novità del Risorto. Lazzaro uscì dal sepolcro, portando cioè con sé i segni della morte, con le mani e i piedi ancora bloccati dai ‘legacci’ (keiríai) e il viso ‘circondato’ (periedédeto) dal sudario (cfr. Gv 11,44): Gesù, al contrario, lascia dentro tutte le tele funebri e semplicemente ‘sparisce’.
A questo punto l’evangelista interviene direttamente nel testo per dire che i discepoli non avevano ancora capito; così ribadisce come la comprensione piena e matura dell’evento di Cristo si abbia solo dopo la Pasqua. Infatti, solo dopo l’esperienza dell’incontro con il Risorto, gli apostoli capirono tutto il senso della storia precedente. Capirono che la risurrezione è l’intervento decisivo e creatore di Dio che ha trasformato completamente il corpo umano di Gesù, facendolo entrare in una dimensione nuova, annuncio e garanzia anche della nostra risurrezione.

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