Per una pausa spirituale durante il Mercoledì Santo - 04 Aprile 2012
[2] "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza": sono le parole del mio lamento.[3] Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo. [4] Eppure tu abiti la santa dimora, tu, lode di Israele.[5] In te hanno sperato i nostri padri, hanno sperato e tu li hai liberati;[6] a te gridarono e furono salvati, sperando in te non rimasero delusi.[7] Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.[8] Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo:[9] "Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico".[10] Sei tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.[11] Al mio nascere tu mi hai raccolto, dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.[12] Da me non stare lontano, poiché l'angoscia è vicina e nessuno mi aiuta.[13] Mi circondano tori numerosi, mi assediano tori di Basan.[14] Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce.[15] Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere.[16] È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto.[17] Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi,[18] posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano:[19] si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte.[20] Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto.[21] Scampami dalla spada, dalle unghie del cane la mia vita.[22] Salvami dalla bocca del leone e dalle corna dei bufali.[23] Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea.[24] Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele;[25] perché egli non ha disprezzato né sdegnato l'afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.[26] Sei tu la mia lode nella grande assemblea, scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.[27] I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano: "Viva il loro cuore per sempre".[28] Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli.[29] Poiché il regno è del Signore, egli domina su tutte le nazioni.[30] A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere. E io vivrò per lui,[31] lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene;[32] annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: "Ecco l'opera del Signore!".
Nel racconto della passione Marco (come pure Matteo) mette sulle labbra di Gesù morente il versetto iniziale del Salmo21, riportando la forma aramaica del testo: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?» (Mc 15,34). Le ultime parole di Gesù in croce non sono però un urlo di disperazione, né le espressioni di un uomo che soffre con angoscia il silenzio di Dio: riportando questo versetto, gli evangelisti volevano dire che Gesù pregava con le parole del salmo e, per coglierne il senso profondo, bisogna considerare tutta la composizione, che non considera solo l’aspetto della persecuzione e del dolore, ma comprende anche la fiducia nell’intervento di Dio e si conclude con la certezza della vita. In forza di questa autorevole interpretazione cristologica il Salmo 21 è stato scelto per la Domenica di Passione.
Questo salmo appartiene al genere letterario delle suppliche individuali ed è stato composto da un abile poeta che ha vissuto una tragica esperienza di sofferenza, ma ha pure sperimentato la liberazione e la salvezza. Come spesso avveniva nell’antica liturgia di Israele, quando una persona era riconoscente al Signore per un beneficio ricevuto, compiva un rito liturgico chiamato «todah», cioè «ringraziamento»: in questa circostanza veniva innalzata una preghiera in cui si faceva memoria del pericolo corso e si esprimeva la riconoscenza al Dio salvatore. Per lo più si trattava di formulari liturgici preconfezionati; ma in alcuni casi l’offerente stesso poteva comporre una propria personale preghiera di supplica e di ringraziamento. Con probabilità il Salmo 21 è nato in questo modo.
Partendo proprio dal ricordo della preghiera di Gesù in croce, la primitiva comunità cristiana ha riletto il Salmo 21 come supplica di Cristo e, attraverso una attenta meditazione di queste parole, insieme ai poemi del Servo, ha potuto comprendere meglio il senso e il valore della Passione. I discepoli di Gesù infatti ripensando ai drammatici eventi capitati al loro Maestro nei giorni della Pasqua, li trovarono in modo sorprendente simili a quelli evocati dal salmista e, lentamente, compresero il misterioso progetto divino della salvezza che passa attraverso la morte.
[2] "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza": sono le parole del mio lamento.[3] Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo. [4] Eppure tu abiti la santa dimora, tu, lode di Israele.[5] In te hanno sperato i nostri padri, hanno sperato e tu li hai liberati;[6] a te gridarono e furono salvati, sperando in te non rimasero delusi.[7] Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.[8] Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo:[9] "Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico".[10] Sei tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.[11] Al mio nascere tu mi hai raccolto, dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.[12] Da me non stare lontano, poiché l'angoscia è vicina e nessuno mi aiuta.[13] Mi circondano tori numerosi, mi assediano tori di Basan.[14] Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce.[15] Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere.[16] È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto.[17] Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi,[18] posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano:[19] si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte.[20] Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto.[21] Scampami dalla spada, dalle unghie del cane la mia vita.[22] Salvami dalla bocca del leone e dalle corna dei bufali.[23] Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea.[24] Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele;[25] perché egli non ha disprezzato né sdegnato l'afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.[26] Sei tu la mia lode nella grande assemblea, scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.[27] I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano: "Viva il loro cuore per sempre".[28] Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli.[29] Poiché il regno è del Signore, egli domina su tutte le nazioni.[30] A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere. E io vivrò per lui,[31] lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene;[32] annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: "Ecco l'opera del Signore!".
Nel racconto della passione Marco (come pure Matteo) mette sulle labbra di Gesù morente il versetto iniziale del Salmo21, riportando la forma aramaica del testo: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?» (Mc 15,34). Le ultime parole di Gesù in croce non sono però un urlo di disperazione, né le espressioni di un uomo che soffre con angoscia il silenzio di Dio: riportando questo versetto, gli evangelisti volevano dire che Gesù pregava con le parole del salmo e, per coglierne il senso profondo, bisogna considerare tutta la composizione, che non considera solo l’aspetto della persecuzione e del dolore, ma comprende anche la fiducia nell’intervento di Dio e si conclude con la certezza della vita. In forza di questa autorevole interpretazione cristologica il Salmo 21 è stato scelto per la Domenica di Passione.
Questo salmo appartiene al genere letterario delle suppliche individuali ed è stato composto da un abile poeta che ha vissuto una tragica esperienza di sofferenza, ma ha pure sperimentato la liberazione e la salvezza. Come spesso avveniva nell’antica liturgia di Israele, quando una persona era riconoscente al Signore per un beneficio ricevuto, compiva un rito liturgico chiamato «todah», cioè «ringraziamento»: in questa circostanza veniva innalzata una preghiera in cui si faceva memoria del pericolo corso e si esprimeva la riconoscenza al Dio salvatore. Per lo più si trattava di formulari liturgici preconfezionati; ma in alcuni casi l’offerente stesso poteva comporre una propria personale preghiera di supplica e di ringraziamento. Con probabilità il Salmo 21 è nato in questo modo.
Partendo proprio dal ricordo della preghiera di Gesù in croce, la primitiva comunità cristiana ha riletto il Salmo 21 come supplica di Cristo e, attraverso una attenta meditazione di queste parole, insieme ai poemi del Servo, ha potuto comprendere meglio il senso e il valore della Passione. I discepoli di Gesù infatti ripensando ai drammatici eventi capitati al loro Maestro nei giorni della Pasqua, li trovarono in modo sorprendente simili a quelli evocati dal salmista e, lentamente, compresero il misterioso progetto divino della salvezza che passa attraverso la morte.
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