Per una pausa spirituale durante il Venerdì Santo - 06 Aprile 2012
È il giorno drammatico della passione e morte del Signore. Gesù vive l’abbandono. Ma, anche se si abbandona fiduciosamente al Padre, offre se stesso a coronamento di una vita spesa per gli uomini. È il giorno in cui si fa esperienza del silenzio di Dio. La Chiesa non celebra l’Eucaristia, il momento liturgico è segnato dalla centralità della Croce, da venerare nel mistero che richiama. Ma è, anche, un giorno di riconciliazione, in cui nelle chiese cristiane non dovrebbero regnare paura e lamento, ma alzarsi forte il grido: «Lasciatevi riconciliare con Dio».
L’azione liturgica di questo giorno santo ci offre, in forma mirabile, la sintesi di un percorso di sacrificio oblativo: il profeta Isaia (52,13-53,12) offre un’intuizione meravigliosa del servo sofferente che viene indicato, nel Vangelo, come il Figlio di Dio che offre la vita per il mondo e che ci viene presentato nella lettera agli Ebrei (4,14-16;5,7-9) come colui presso il quale possiamo trovare misericordia. La Passione descritta da San Giovanni (18,1-19,42) è il culmine di questo disvelamento. L’innalzamento di Cristo in croce coincide con la sua ascensione nella gloria. Questo mistero del binomio croce-gloria ci offre la possibilità di incontrarci con Cristo, il grande sacerdote che, mediante il mistero della salvezza eterna, dà compimento ad ogni attesa di redenzione e di grazia.
Il Signore, agnello immolato, non ha improvvisato questo suo gesto. Aveva imboccato, con risolutezza, la strada per Gerusalemme, aveva rimesso la sua esistenza nelle mani del Padre, aveva conosciuto un momento di titubanza nel Getsemani, ma, poi, la tortura e la croce non l’avrebbero più fermato. Quest’agnello immolato è il Salvatore promesso che, con la sua vita offerta, supera, infinitamente, tutti i sacrifici antichi. È Giovanni che ci conduce a riconoscere Gesù crocifisso, il vero agnello pasquale, la sorgente del Battesimo e dell’Eucaristia, il Figlio eterno del Padre, disceso da lui per condurci fino a lui. Nel profondo silenzio di questo giorno, lo Spirito ci spinge a continuare la meditazione su questo mistero e a vedere fin dove la passione e la risurrezione di Gesù ci hanno coinvolto. E tutto questo avviene mentre attendiamo che le tombe delle miserie umane si aprano alla luce della Pasqua.
PREGHIERA - Dal tuo fianco squarciato, Gesù, escono sangue ed acqua, immagine dello Spirito e dei santi Sacramenti, ultimi doni che tu fai all’umanità, lavacro che rigenera a nuova vita. Ecco perché, oggi, giorno consacrato al ricordo della tua passione e morte, io mi metto ai piedi della croce.
Contemplo il tuo corpo, denudato e inchiodato al patibolo, riconosco i segni delle battiture, le lacerazioni aperte dai flagelli Ne, sul tuo capo, la corona di spine,
macabra invenzione dei soldati per dire il loro dileggio e provocarti ulteriori sofferenze.
Non posso fare a meno di pensare quanta consolazione, quanta speranza ha trasmesso questo corpo che ora è percorso dallo spasimo dell’agonia. Non posso dimenticare
la forza liberante che ha emanato, la compassione che l’ha abitato, il contatto che ha cercato con tutti i sofferenti.
Ma sono qui soprattutto perché voglio essere bagnato da quel sangue e da quell’acqua che lavano la mia esistenza e le offrono la possibilità di attingere alla vita stessa di Dio.
È il giorno drammatico della passione e morte del Signore. Gesù vive l’abbandono. Ma, anche se si abbandona fiduciosamente al Padre, offre se stesso a coronamento di una vita spesa per gli uomini. È il giorno in cui si fa esperienza del silenzio di Dio. La Chiesa non celebra l’Eucaristia, il momento liturgico è segnato dalla centralità della Croce, da venerare nel mistero che richiama. Ma è, anche, un giorno di riconciliazione, in cui nelle chiese cristiane non dovrebbero regnare paura e lamento, ma alzarsi forte il grido: «Lasciatevi riconciliare con Dio».
L’azione liturgica di questo giorno santo ci offre, in forma mirabile, la sintesi di un percorso di sacrificio oblativo: il profeta Isaia (52,13-53,12) offre un’intuizione meravigliosa del servo sofferente che viene indicato, nel Vangelo, come il Figlio di Dio che offre la vita per il mondo e che ci viene presentato nella lettera agli Ebrei (4,14-16;5,7-9) come colui presso il quale possiamo trovare misericordia. La Passione descritta da San Giovanni (18,1-19,42) è il culmine di questo disvelamento. L’innalzamento di Cristo in croce coincide con la sua ascensione nella gloria. Questo mistero del binomio croce-gloria ci offre la possibilità di incontrarci con Cristo, il grande sacerdote che, mediante il mistero della salvezza eterna, dà compimento ad ogni attesa di redenzione e di grazia.
Il Signore, agnello immolato, non ha improvvisato questo suo gesto. Aveva imboccato, con risolutezza, la strada per Gerusalemme, aveva rimesso la sua esistenza nelle mani del Padre, aveva conosciuto un momento di titubanza nel Getsemani, ma, poi, la tortura e la croce non l’avrebbero più fermato. Quest’agnello immolato è il Salvatore promesso che, con la sua vita offerta, supera, infinitamente, tutti i sacrifici antichi. È Giovanni che ci conduce a riconoscere Gesù crocifisso, il vero agnello pasquale, la sorgente del Battesimo e dell’Eucaristia, il Figlio eterno del Padre, disceso da lui per condurci fino a lui. Nel profondo silenzio di questo giorno, lo Spirito ci spinge a continuare la meditazione su questo mistero e a vedere fin dove la passione e la risurrezione di Gesù ci hanno coinvolto. E tutto questo avviene mentre attendiamo che le tombe delle miserie umane si aprano alla luce della Pasqua.
PREGHIERA - Dal tuo fianco squarciato, Gesù, escono sangue ed acqua, immagine dello Spirito e dei santi Sacramenti, ultimi doni che tu fai all’umanità, lavacro che rigenera a nuova vita. Ecco perché, oggi, giorno consacrato al ricordo della tua passione e morte, io mi metto ai piedi della croce.
Contemplo il tuo corpo, denudato e inchiodato al patibolo, riconosco i segni delle battiture, le lacerazioni aperte dai flagelli Ne, sul tuo capo, la corona di spine,
macabra invenzione dei soldati per dire il loro dileggio e provocarti ulteriori sofferenze.
Non posso fare a meno di pensare quanta consolazione, quanta speranza ha trasmesso questo corpo che ora è percorso dallo spasimo dell’agonia. Non posso dimenticare
la forza liberante che ha emanato, la compassione che l’ha abitato, il contatto che ha cercato con tutti i sofferenti.
Ma sono qui soprattutto perché voglio essere bagnato da quel sangue e da quell’acqua che lavano la mia esistenza e le offrono la possibilità di attingere alla vita stessa di Dio.
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