Sesta giornata: IL DECALOGO – Meditazione
Forse per il nostro tempo la pagina biblica del decalogo è una delle più necessarie perché ci mostra quello che dobbiamo fare, e la priorità con cui dobbiamo agire, cioè dare il dovuto peso e la dovuta importanza ai tre primi comandamenti, che sono i più esposti alla critica e agli attacchi del mondo e più facili da tralasciarsi, trascurandoli o dimenticandoli magari per accentuare qualsiasi altro dei precetti divini. Il ritorno a Dio, alla vera fede, alla preghiera, al rapporto con Dio è oggi quanto mai necessario. Il mondo paganizzato dimentica Dio e il suo servizio: noi dobbiamo rivivere queste grandi verità della nostra fede, ricordata dai comandamenti di Dio. Ascoltiamo alcuni dei pensieri di Papa Giovanni Paolo II espressi nella sua allocuzione nel monastero di S. Caterina del Sinai, il 26 febbraio 2000: “ I dieci comandamenti non sono l’imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono scritti nel cuore dell’uomo come legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci parole della Legge forniscono l’unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni. Oggi come sempre, esse sono l’unico futuro della famiglia umana. Salvano l’uomo dalla forza distruttiva dell’egoismo, dell’odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l’amore di sé fino all’esclusione di Dio, l’avidità del potere e di piacere che sovverte l’ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo […]. Osservare i comandamenti significa essere fedeli a Dio, ma significa anche essere fedeli a noi stessi, alla nostra autentica natura e alle nostre più profonde aspirazioni. Il vento che ancora oggi soffia dal Sinai ci ricorda che Dio desidera essere onorato nelle sue creature e nella loro crescita: Gloria Dei vivens homo (La gloria di Dio è l’uomo vivente) … “
Sembrerà sorprendente ma è un fatto: l’Esodo non chiama mai il decalogo ‘legge’ o il contenuto del decalogo ‘comandamenti’. Questo elenco di impegni è chiamato, dall’autore biblico, le “dieci parole”. Questa non è una curiosità linguistica, ma rivela la giusta prospettiva per comprendere il decalogo. Sono le dieci condizioni o clausole per vivere nella libertà l’esodo. Il popolo si è lasciato alle spalle il paese della schiavitù e della paura, l’Egitto; si è fidato di Dio e ha iniziato il cammino nella libertà, guidato e protetto dal Signore che lo ha tratto fuori dall’oppressione. Ma la meta del cammino nella libertà è quel ‘santuario’ che per Israele è stato il deserto del Sinai; là viene consolidata la libertà mediante un atto di amicizia tra Dio e il suo popolo. Non si può essere liberi senza una méta e uno scopo, altrimenti si ritorna agli antichi padroni. Si può essere liberi solo insieme agli altri, camminando con il Signore che ci chiama. Così il popolo liberato dall’Egitto arriva all’appuntamento con il Signore nel deserto del Sinai, ai piedi della montagna santa. Agli uomini liberati, il Signore fa la sua proposta di amicizia: “Ora se vorrete ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra”. La proposta di Dio può essere accolta solo liberamente, poiché egli propone un patto di amicizia e l’amicizia non si può imporre. “Tutto il popolo rispose e disse: Quanto il Signore ha detto noi lo faremo!”
Forse per il nostro tempo la pagina biblica del decalogo è una delle più necessarie perché ci mostra quello che dobbiamo fare, e la priorità con cui dobbiamo agire, cioè dare il dovuto peso e la dovuta importanza ai tre primi comandamenti, che sono i più esposti alla critica e agli attacchi del mondo e più facili da tralasciarsi, trascurandoli o dimenticandoli magari per accentuare qualsiasi altro dei precetti divini. Il ritorno a Dio, alla vera fede, alla preghiera, al rapporto con Dio è oggi quanto mai necessario. Il mondo paganizzato dimentica Dio e il suo servizio: noi dobbiamo rivivere queste grandi verità della nostra fede, ricordata dai comandamenti di Dio. Ascoltiamo alcuni dei pensieri di Papa Giovanni Paolo II espressi nella sua allocuzione nel monastero di S. Caterina del Sinai, il 26 febbraio 2000: “ I dieci comandamenti non sono l’imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono scritti nel cuore dell’uomo come legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci parole della Legge forniscono l’unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni. Oggi come sempre, esse sono l’unico futuro della famiglia umana. Salvano l’uomo dalla forza distruttiva dell’egoismo, dell’odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l’amore di sé fino all’esclusione di Dio, l’avidità del potere e di piacere che sovverte l’ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo […]. Osservare i comandamenti significa essere fedeli a Dio, ma significa anche essere fedeli a noi stessi, alla nostra autentica natura e alle nostre più profonde aspirazioni. Il vento che ancora oggi soffia dal Sinai ci ricorda che Dio desidera essere onorato nelle sue creature e nella loro crescita: Gloria Dei vivens homo (La gloria di Dio è l’uomo vivente) … “
Sembrerà sorprendente ma è un fatto: l’Esodo non chiama mai il decalogo ‘legge’ o il contenuto del decalogo ‘comandamenti’. Questo elenco di impegni è chiamato, dall’autore biblico, le “dieci parole”. Questa non è una curiosità linguistica, ma rivela la giusta prospettiva per comprendere il decalogo. Sono le dieci condizioni o clausole per vivere nella libertà l’esodo. Il popolo si è lasciato alle spalle il paese della schiavitù e della paura, l’Egitto; si è fidato di Dio e ha iniziato il cammino nella libertà, guidato e protetto dal Signore che lo ha tratto fuori dall’oppressione. Ma la meta del cammino nella libertà è quel ‘santuario’ che per Israele è stato il deserto del Sinai; là viene consolidata la libertà mediante un atto di amicizia tra Dio e il suo popolo. Non si può essere liberi senza una méta e uno scopo, altrimenti si ritorna agli antichi padroni. Si può essere liberi solo insieme agli altri, camminando con il Signore che ci chiama. Così il popolo liberato dall’Egitto arriva all’appuntamento con il Signore nel deserto del Sinai, ai piedi della montagna santa. Agli uomini liberati, il Signore fa la sua proposta di amicizia: “Ora se vorrete ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra”. La proposta di Dio può essere accolta solo liberamente, poiché egli propone un patto di amicizia e l’amicizia non si può imporre. “Tutto il popolo rispose e disse: Quanto il Signore ha detto noi lo faremo!”
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