giovedì 15 marzo 2012

344 - LE DIECI PAROLE-DECALOGO-I DIECI COMANDAMENTI

Seconda giornata: IL DECALOGO – Storia (prima parte)

Noi oggi possediamo due redazioni scritturistiche del decalogo in ESODO (Es) 20,2-17.
“Dio allora pronunciò tutte queste parole: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: *non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.*Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.*Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.
*Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. *Non uccidere.*Non commettere adulterio. *Non rubare. *Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. *Non desiderare la casa del tuo prossimo. *Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo"
e in DEUTERONOMIO (Dt) 5,6-21:
“Egli disse: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile. *Non avere altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Perché io il Signore tuo Dio sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano, ma usa misericordia fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. *Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non ritiene innocente chi pronuncia il suo nome invano. *Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato.
*Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. *Non uccidere. *Non commettere adulterio. *Non rubare. *Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. *Non desiderare la moglie del tuo prossimo.* Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo”.

Il testo dell’Esodo si trova inserito nella narrazione elohista della rivelazione divina del Sinai (cap. 19-24), la quale risale al secolo VIII. Il decalogo del Deuteronomio fa parte del codice deuteronomico, che abbraccia i capitoli 5-26 del libro e che risale al secolo VII. Mettendo a confronto i due testi si possono facilmente notare differenze, alcune molto significative ed altre meno. Tra le più rilevanti non si può disattendere la diversa motivazione del riposo sabatico, che nel libro dell’Esodo è offerta dal richiamo dell’azione creatrice di Dio che ha operato per sei giorni e riposato il settimo, mentre nel Deuteronomio si rievoca la permanenza delle tribù israelitiche nella terra egiziana di schiavitù. Lo stesso comandamento del riposo sabatico è introdotto in maniera diversa: il libro dell’Esodo fa obbligo di “ricordarsi” del sabato, mentre il Deuteronomio ingiunge di “osservare” il settimo giorno. Nell’ultimo comandamento la redazione deuteronomica fa precedere la donna del prossimo alla sua casa come oggetto della “concupiscenza”, mentre il libro dell’Esodo enumera la donna tra le cose appartenenti al prossimo. Non è qui il caso di annotare le altre differenze.
Ora, mettendo da parte le peculiarità di ognuna delle due redazioni e le amplificazioni del Deuteronomio, è possibile ricostruire un testo del decalogo che sia il fondo comune delle due testimonianze bibliche. Ma non raggiungeremmo così una versione del decalogo che possa rivendicare il ruolo di matrice delle nostre due redazioni, perché è facile riscontrare nel fondo comune l’impronta del linguaggio tipico della tradizione deuteronomistica a cui risale Dt 5,6-21 e che ha rielaborato il testo di Es 20,2-17. Tanto meno si potrebbe congetturare di avere in mano la forma originaria del decalogo. Inoltre in Es 20,2-17 mostra chiaramente di essere stato inserito a forza nel contesto della narrazione elohista dell’alleanza del Sinai (Es 19-24), non costituendo la continuazione di ciò che precede. Infatti la conclusione del capitolo 19 trova la sua logica successione nel capitolo 24. Il nostro decalogo e il cosiddetto codice dell’alleanza (Es 20,22-23,33) sono inserzioni nella trama del racconto. Il che significa che la redazione del decalogo di Es 20,2-17, pur appartenendo ad un blocco di origine elohista del secolo VIII, non è elohista nella forma in cui noi lo possediamo. Sia la redazione del Deuteronomio che quella dell’Esodo nella forma attuale risalgono non oltre il secolo VII e sono propriamente un testo di tradizione deuteronomistica. Siamo dunque molto lontani dal tempo del Sinai e di Mosè. Tuttavia non risulta impossibile risalire nel tempo e indicare la lunga storia che sta alle spalle del decalogo presente in Es 20,2-17 e in Dt 5,6-21. Ciò ci permetterà di mostrare anche che la storia del decalogo non è finita con la redazione deuteronomistica del secolo VII, ma che è continuata nell’esistenza di Israele fino all’interpretazione ultima e decisiva di Cristo. Il decalogo è stato una realtà dinamica, in continua evoluzione secondo le esigenze del tempo e la fede del popolo. Il testo del decalogo comune al libro dell’Esodo e al Deutereonomio appare poco omogeneo dal punto di vista formale; mentre i primi due comandamenti (proibizione di adottare altri dei e di farsi delle statue delle divinità) sono presentati come parola di Dio in prima persona, tutti gli altri sono propriamente solo parola profetica, annunciatrice della volontà di Dio che appare in terza persona. Inoltre solo due comandamenti (del riposo sabatico e dell’onore da prestare ai genitori) sono espressi in forma positiva; gli altri appaiono in forma negativa, cioè sono proibizioni. Terza costatazione: alcuni comandamenti sono enunciati in forma breve e sintetica ( per esempio “Non uccidere”; “Non rubare”), altri hanno una formulazione più analitica e carica di motivazione (per esempio il comandamento del riposo sabatico e l’ultima proibizione di “desiderare” la casa del prossimo, la moglie del prossimo, il suo servitore, la sua schiava, il suo bue, il suo asino).(continua)

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