sabato 26 maggio 2012

395 - IL FRUTTO DELLO SPIRITO SANTO

Giovedì – Per una pausa spirituale nella settimana di Pentecoste

GALATI 5,16-25: “Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito”.

Il brano è tratta dal finale della lettera ai Galati e comprende un passo importante in cui Paolo insegna che la morale cristiana è «una vita secondo lo Spirito». Dopo aver concluso la spiegazione teologica sulla salvezza, insistendo sul fatto che Dio salva in modo generoso e gratuito sulla base della fede, l’apostolo tira le conseguenze: all’essere fa seguito un agire. Il cristiano è stato liberato dalla «carne»: è un dato di fatto; ma poi, concretamente, al cristiano è chiesto di vivere questa possibilità nuova che gli è stata donata.

Col termine «carne» (sárx) Paolo designa la forza negativa dell’egoismo, l’istinto della natura umana inclinata al male; ma afferma con forza che essa non domina più la nostra vita. C’è uno «Spirito» (pnêuma) più forte, che può cambiare la vita dell’uomo; e il cristiano è colui che ha accettato di collaborare con questo Spirito, di utilizzare cioè questa potenzialità per la realizzazione perfetta del progetto di Dio.

Anche nell’uomo redento infatti rimane un elemento negativo chiamato ‘concupiscenza’ (epithymía – bramosia): è conseguenza della disobbedienza del primo peccato e, al tempo stesso, conferma l’eredità del peccato; nelle facoltà morali dell’uomo, dunque, c’è disordine e in esso si fa sentire prepotente l’istinto che, senza essere peccato, inclina l’uomo a commettere il peccato. Proprio questa situazione di divisione interna porta al combattimento spirituale e chiede all’uomo un impegno serio e costante: la vittoria, grazie a Gesù Cristo, è possibile, ma la collaborazione dell’uomo è indispensabile.

Il regime della legge è finito: non che la legge sia stata abolita, ma non si tratta più di obbedire con le proprie forze a comandi esterni. La novità è il regime dello Spirito: la forza di Dio stesso abilita l’uomo dall’interno a compiere la legge. Ma lo Spirito non agisce indipendentemente dall’uomo; non porta l’uomo dove vuole, senza che l’uomo voglia. Perché l’azione dello Spirito abbia efficacia pratica è necessario che l’uomo «si lasci guidare». La docilità allo Spirito Santo è dunque condizione della vita nuova in Cristo. Lo Spirito e la carne sono due principi operativi antitetici che si escludono a vicenda, creando nella persona che non si decide una specie di dualismo psicologico; per evidenziare questa contrapposizione Paolo offre una abbondante esemplificazione.

Le opere proprie dell’uomo, quando segue il suo istinto naturale, sono purtroppo note nella vita di tutti i giorni e riempiono le pagine dei giornali. I quattordici (doppio di sette) peccati che Paolo elenca, si possono dividere in quattro categorie: peccati di lussuria, peccati contro la religione, peccati contro la carità e peccati contro la temperanza. Questo è l’amaro quadro della vita umana guidata dalla «carne», cioè dall’istinto negativo che influenza l’uomo, anche dopo la redenzione realizzata da Gesù Cristo.

In contrapposizione, l’apostolo elenca subito dopo «il frutto» dello Spirito, espressione singolare spiegata da molte sfumature. Alle nove realtà elencate nel testo greco la Vulgata latina ne aggiunge altre tre: «benevolenza, modestia e castità»; così si raggiunge il simbolico numero dodici. Questo «frutto» – uno eppur variegato – rappresenta le perfezioni che lo Spirito Santo plasma in noi come primizie della gloria eterna; grazie alla potenza dello Spirito, i figli di Dio possono portare frutto. Colui che ci ha innestati nella vera Vite, che è il Cristo, farà sì che portiamo i frutti conseguenti a questo innesto.

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