giovedì 14 ottobre 2010

72 - UNA SETTIMANA SU LA BELLEZZA DELLA COPPIA

Quarto giorno: Non smantellare la potenziale bellezza dell’altro/a

A volte succede – forse senza piena consapevolezza – che l’uno lavori per smantellare la potenziale bellezza dell’altro/a!

Analizzerei anche questo aspetto da un punto di vista positivo. Che cose si nasconde dietro le piccole o grandi meschinità nella relazione di coppia, se non il desiderio di qualcosa di grande che non sappiamo come realizzare? Ecco perché si cercano delle scorciatoie. Ebbene, anche in questo desiderio che ha preso una direzione sbagliata c’è una grande intuizione. Tale consapevolezza mi permette di dire anche a chi ha vissuto un’esperienza di fallimento del proprio amore: “ Sapevo che cercavi qualcosa di bello, ma non hai visto e forse non hai voluto nemmeno capire l’ampiezza del tuo desiderio. Non hai desiderato fino in fondo la bellezza e la grandezza che cercavi.

C’è però anche chi non cerca più la bellezza o non desidera risvegliarla dentro di sé, e alla fine si accontenta!

L’emozione è la scintilla necessaria a manifestare quel qualcosa di grande che sta accadendo nella mia vita. E’ un dono molto fragile che devo far crescere pian piano. Sappiamo bene che una relazione che si ferma alla sola emozione finisce nel giro di brave tempo. Infatti, quando essa diminuisce d’intensità, tende a svanire per far posto a un’altra emozione più forte e a un altro ipotetico amore. L’amore invece è qualcosa che va oltre. L’amore è la memoria di quel dono fragile e intenso che illumina la vita tutta. Attraverso la memoria dei doni ricevuti, risvegliamo il senso della bellezza.

(Intervista a Padre José Noriega, vicepreside del Pontificio Istituto per studi su matrimonio e famiglia fondato da Giovanni Paolo II nel 1981)

L’amore di coppia (che è paradigma anche per altri amori e relazioni) non corre tra due persone perfette, costruite, arrivate, ma tra soggetti in divenire. Essi sono come due ‘nomadi’ in cerca di se stessi, sempre in tensione per decifrare la propria identità e rispondere ad un progetto. Ma può questo essere inseguito senza scosse, turbamenti, devianze? Il pretendere dall’altro/a la perfezione o che non debba mai peccare, è realmente amore all’altro/a nella sua concretezza e nella sua realtà? Uno sposo (e viceversa) non può amare la sua sposa finché è irreprensibile o perché è giusta, ma perché lo possa diventare. Di fronte ad uno sbaglio la coppia deve diventare il luogo dove i due si interrogano, si confrontano, ricercano insieme il perché di quell’errore e insieme si ripropongono di ricominciare da capo. Se questo non avvenisse, vuol dire che l’amore non c’era o non era adulto, perché non era aperto all’altro/a, ma alle proprie attese sull’altro/a. Amare l’altro/a, invece, è accettare anche la sua debolezza, le sue imperfezioni, i suoi eventuali peccati. “La peggior scuola è quella che educa all’infallibilità. Imparare a vivere la fallibilità nostra e quella dell’altro, smantellano le immagini di onnipotenza che devastano il vero amore” (K. Popper).

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