sabato 23 luglio 2011

255 - GRANO BUONO E ZIZZANIA OVVERO REALISMO E PERSEVERANZA INVECE CHE PESSIMISMO O SANTO ZELO

Per una pausa spirituale durante la XVIª settimana

La parabola del buon grano e della zizzania apre una finestra sulla storia del mondo, anzi su ogni pagina della storia del mondo, compresa quella attuale. Essa ci insegna quel necessario realismo, antidoto per atteggiamenti poco produttivi, che permette di guardare alla realtà con le sue grandezze e miserie. Al di là della cronaca dei fatti quotidiani o degli eventi epocali, una costante di ogni tempo è che sempre troviamo grano e zizzania che convivono, bene e male, segni di speranza e segni di declino, gesti che edificano la società umana e gesti che la minacciano nei fondamenti essenziali.
Che fare davanti a questa realtà? Il vangelo ci assicura che sarà sempre così e che le due opposte tendenze convivranno finché durerà il nostro mondo. Questo realismo preserva da quegli atteggiamenti poco produttivi che oscillano tra il pessimismo
e il santo zelo. Il pessimismo porta a dire che il male regna nel mondo e che non c’è speranza di alcuna ripresa, chiudendosi così nella rassegnazione. Il santo zelo è quello rappresentato dai servi della parabola, che vorrebbero estirpare la zizzania: non si concepisce che il male e il bene possano, anzi debbano convivere e quindi si desidera la società dei puri e dei senza macchia. La Chiesa non ha mai ceduto a questa tentazione che a più riprese si è affacciata nella storia (per esempio il movimento ereticale dei catari), ma ha accolto l’insegnamento del Signore secondo
cui i puri e gli empi stanno nel mondo gli uni accanto agli altri.
Il realismo evangelico porta anzitutto all’accettazione di questa realtà e sollecita la perseveranza nella logica del Regno, indica chiaramente da che parte stare e invita a essere, nella storia del mondo, il buon grano.
La parabola ci consente di prendere la lente d’ingrandimento e di zoomare sulla nostra storia, sulla vita di ciascuno di noi. Anche qui il buon grano e la zizzania convivono, anche dentro di noi riscontriamo il male e il bene, spesso con sofferenza per ciò che vorremmo attuare e ciò che non riusciamo a evitare. È l’esperienza che Paolo con acume sintetizza quando riconosce: «Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. […] Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me» (Rm 7,19.21). Anche questa è una realtà da accettare senza rassegnazione, ma col desiderio della perseveranza nella parola di Dio. Le due forze del bene e del male non stanno solo dentro di noi, ma si esprimono anche nei
fatti, da quelli quotidiani sino alle scelte di vita, dove comunque l’opzione fondamentale di seguire il Signore è quella che, per un cristiano, è predominante e dà l’indirizzo all’intera esistenza.
Come agisce Dio davanti a questa realtà ambivalente? Egli non è all’origine del male (Sap 2,24: «Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono»), ma attende che i suoi figli si accostino a lui prima del giudizio definitivo; allora sì, nel giudizio finale, egli dividerà il buon grano dalla zizzania. Dio rispetta la libertà dell’uomo, per questo sa attendere e accogliere chi a lui ritorna.
Il libro della Sapienza ricorda la possibilità di scegliere ogni giorno della vita tra il bene e il male, poiché Dio sospende il giudizio, comprende e rispetta il cammino di ogni uomo: «Hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il
pentimento» (12,19).
Gesù tuttavia non intende deresponsabilizzare i suoi discepoli invocando un perdono che giunge sempre e comunque, ma la parabola è un forte richiamo a non seguire la zizzania seminata dal maligno, per stare invece dalla parte del buon grano. L’appello
finale: «Chi ha orecchi, ascolti», risuona come un invito urgente a scegliere per il Regno, sapendo che se Dio attende e tiene conto della libertà dell’uomo, tuttavia si giungerà al giudizio finale, al momento promesso della separazione tra i figli del Regno e i seguaci del maligno. Sarà un momento di verifica di tutta la storia dell’umanità davanti a Cristo re e giudice dell’universo e un momento di verifica della storia di ogni singola persona. Senza riesumare toni apocalittici a proposito di salvezza o dannazione eterna, non è comunque da tacere il richiamo alla realtà del giudizio.

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