sabato 9 luglio 2011

251 - UNA LEZIONE DI VITA SULLA RISURREZIONE DI GESÙ - Per una pausa spirituale a metà della XIVª settimana

Gesù ha detto nel vangelo di domenica: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.”(Matteo 11,25). Una storia che arriva dalla California … quella di un bambino malato terminale che dimostra come Dio dona la sapienza del cuore agli “ultimi” e alle “pietre scartate”.
JEREMY NON SA PARLARE MA VEDE CON IL CUORE1
È una di quelle storie che arrivano sulle ali del vento, con parole leggere, ma profende ed inquietanti, che provocano un sussulto di intensa commozione. Dimostrano come Dio dona la sapienza del cuore alle “pietre scartate” e agli “ultimi”. Arriva dalla California, da un’aula di seconda elementare, diciannove bambini, fra cui Jeremy, dodici anni, ferito dalla nascita nella mente e nel corpo. Non riesce a stare fermo al suo posto, sbava, emette dei grugniti, interrompe le lezioni. Ogni tanto, come se la lama di luce penetrasse nel buio della sua mente, riesce a esprimersi con parole chiare.
La maestra spesso perde la pazienza. È esasperata: non è giusto che quel ragazzino che non potrà mai imparare a leggere e a scrivere, che ha una malattia terminale, le impedisca di lavorare con serenità con gli allievi normali, di cinque anni più piccoli di lui. Convoca i genitori e chiede loro di portarlo in una scuola speciale. “Nei dintorni non ci sono queste scuole e poi per Jeremy sarebbe uno shock drammatico, a lui piace molto venire in questa classe”, dice la madre, piangendo.
Qualche giorno dopo Jeremy, zoppicando sulla gamba ammalata, si avvicina timidamente alla cattedra e con voce chiara le dice: “Ti amo, Miss Miller”. La donna colpita e commossa da quell’improvvisa esternazione, arrossisce e dice a voce alta: “Io mi lamento dei miei problemi e non penso a quelli degli altri, a quelli della famiglia di Jeremy”. Da quel giorno guarda con occhi diversi il ragazzo e cerca di essere più paziente con i suoi sguardi vuoti, con lo scompiglio che provoca.
Arriva Pasqua. Dopo aver raccontato la morte e la risurrezione di Gesù la maestra consegna ai bambini un grande uovo di plastica: “Riportatelo con dentro qualcosa che richiami il risorgere ad una vita nuova”. Tutti sono entusiasti della proposta. Soltanto Jeremy rimane in silenzio. L’indomani gli allievi ripongono le uova nella grande cesta sulla cattedra. Miss Miller comincia ad aprirle, fra l’eccitazione generale. Nel primo c’è un fiore appena sbocciato, nel secondo una farfalla di plastica, nel terzo un frammento di roccia con sopra del muschio. Il quarto uovo è vuoto. Non ha dubbi, è quello di Jeremy. Per non metterlo a disagio, non fa nessun commento.
Il ragazzino le chiede con apprensione: “Miss Miller perché non dici nulla del mio uovo? Non ti piace?”. “Jeremy, il tuo uovo è vuoto!”. “Sì, ma anche la tomba di Gesù era vuota!”. “Ma tu lo sai perché la tomba era vuota?”. “Oh, sì, maestra che lo so! Gesù fu crocifisso e posto lì., poi suo Padre lo ha risuscitato. Questo è il segno di una nuova vita!”, risponde il bambino con dolcezza.
La donna piange, sente sciogliersi i nodi che le stringono l’anima. Jeremy ha visto e detto quanto nessuno di loro aveva visto ed era riuscito a dire. Le ha insegnato che, per rinascere a nuova vita, bisogna spogliarsi di tutto. Tre mesi dopo Jeremy muore. Sulla sua bara ci sono diciannove uova tutte vuote. (Da Famiglia Cristiana 2011 n. 19 pag. 182).

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