LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
L’amore di Dio … in famiglia! ( Amos 8,4-7 1° Timoteo 2,1-8 Luca 16,1-13 )
L’insegnamento sulla ricchezza di Gesù è molto chiaro: i beni sono un ostacolo insuperabile per il Regno; i ricchi, che non investono i loro beni nel grande fiume dell’Amore, non entreranno nel Regno. Dio ed il denaro si oppongono frontalmente come due padroni tra i quali è necessario scegliere: “Nessun servo può servire a due padroni!”. Ossia dovete scegliere tra il Dio dell’amore e il dio del denaro, che Gesù chiama ‘disonesto’ e che personifica in un potere assoluto opposto al suo – un potere che fa parte del regno delle tenebre.
Nella parabola dell’amministratore astuto Gesù ci dà un ulteriore insegnamento. Proprio quella ‘ricchezza di ingiustizia’, che spesso è frutto di iniquità, di sotterfugi e compromessi con la propria coscienza, causa di divisioni, invidie e conflitti anche in seno alle famiglie, può diventare strumento capace di dilatare gli spazi dell’amore e dell’amicizia. Rinunciare agli averi per darli in elemosina non è solo una condizione per seguire il Signore, ma costituisce pure la vera ‘astuzia spirituale’ che apre l’accesso ai tesori del Regno: “Perché, quando questa verrà a mancare, i poveri vi accolgano nelle dimore eterne”.
Il Signore ci invita a preparare il nostro avvenire e a darGli conto della gestione con il dono dei nostri beni ai poveri mediante la condivisione. La ricchezza non è maledetta in se stessa. E’ un servizio ed un dono ai fratelli che il Signore ci dona. Ma la ricchezza può essere un rischio permanente. Una volta che la sete della ricchezza ci afferra non ci molla più. Tende di per sé a sottometterci e ad assorbire tutto il nostro interesse. Così, a poco a poco, Dio finisce per diventare secondario, o peggio, finisce per diventare un avversario pericoloso che bisogna assolutamente eliminare dalla nostra vita. Al contrario quanto più Dio diventa il nostro solo amore, l’unico sole della vita, il tutto del proprio cuore, tanto più si affievolisce l’amore alla ricchezza, fino a scomparire del tutto, come in S. Francesco, per il quale Dio diventa l’unico tesoro da condividere con i fratelli. O, come diceva lui stesso, il suo ‘forziere celeste’.
Dall’amore di Dio nasce l’amore al prossimo, che è prima di tutto la propria famiglia, e l’amore del prossimo alimenta l’amore di Dio. Chi trascura di amare Dio, non può amare il prossimo; e invece progrediamo nel più autentico amore di Dio se prima veniamo nutriti nel grembo del suo amore mediante l’amore verso il prossimo. Poiché l’amore di Dio genera l’amore del prossimo, il Signore che per mezzo della legge avrebbe detto: “Ama il tuo prossimo”, prima disse: “Ama il Signore tuo Dio”; e cioè, prima nel terreno del nostro cuore deve mette radice il suo amore perché questo poi germogli attraverso i rami dell’amore fraterno.
E che a sua volta l’amore di Dio sia alimentato dall’amore del prossimo, lo afferma Giovanni, il quale ammonisce: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”. L’amore divino nasce sì per mezzo del timore, ma crescendo si tramuta in affetto.
L’amore di Dio … in famiglia! ( Amos 8,4-7 1° Timoteo 2,1-8 Luca 16,1-13 )
L’insegnamento sulla ricchezza di Gesù è molto chiaro: i beni sono un ostacolo insuperabile per il Regno; i ricchi, che non investono i loro beni nel grande fiume dell’Amore, non entreranno nel Regno. Dio ed il denaro si oppongono frontalmente come due padroni tra i quali è necessario scegliere: “Nessun servo può servire a due padroni!”. Ossia dovete scegliere tra il Dio dell’amore e il dio del denaro, che Gesù chiama ‘disonesto’ e che personifica in un potere assoluto opposto al suo – un potere che fa parte del regno delle tenebre.
Nella parabola dell’amministratore astuto Gesù ci dà un ulteriore insegnamento. Proprio quella ‘ricchezza di ingiustizia’, che spesso è frutto di iniquità, di sotterfugi e compromessi con la propria coscienza, causa di divisioni, invidie e conflitti anche in seno alle famiglie, può diventare strumento capace di dilatare gli spazi dell’amore e dell’amicizia. Rinunciare agli averi per darli in elemosina non è solo una condizione per seguire il Signore, ma costituisce pure la vera ‘astuzia spirituale’ che apre l’accesso ai tesori del Regno: “Perché, quando questa verrà a mancare, i poveri vi accolgano nelle dimore eterne”.
Il Signore ci invita a preparare il nostro avvenire e a darGli conto della gestione con il dono dei nostri beni ai poveri mediante la condivisione. La ricchezza non è maledetta in se stessa. E’ un servizio ed un dono ai fratelli che il Signore ci dona. Ma la ricchezza può essere un rischio permanente. Una volta che la sete della ricchezza ci afferra non ci molla più. Tende di per sé a sottometterci e ad assorbire tutto il nostro interesse. Così, a poco a poco, Dio finisce per diventare secondario, o peggio, finisce per diventare un avversario pericoloso che bisogna assolutamente eliminare dalla nostra vita. Al contrario quanto più Dio diventa il nostro solo amore, l’unico sole della vita, il tutto del proprio cuore, tanto più si affievolisce l’amore alla ricchezza, fino a scomparire del tutto, come in S. Francesco, per il quale Dio diventa l’unico tesoro da condividere con i fratelli. O, come diceva lui stesso, il suo ‘forziere celeste’.
Dall’amore di Dio nasce l’amore al prossimo, che è prima di tutto la propria famiglia, e l’amore del prossimo alimenta l’amore di Dio. Chi trascura di amare Dio, non può amare il prossimo; e invece progrediamo nel più autentico amore di Dio se prima veniamo nutriti nel grembo del suo amore mediante l’amore verso il prossimo. Poiché l’amore di Dio genera l’amore del prossimo, il Signore che per mezzo della legge avrebbe detto: “Ama il tuo prossimo”, prima disse: “Ama il Signore tuo Dio”; e cioè, prima nel terreno del nostro cuore deve mette radice il suo amore perché questo poi germogli attraverso i rami dell’amore fraterno.
E che a sua volta l’amore di Dio sia alimentato dall’amore del prossimo, lo afferma Giovanni, il quale ammonisce: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”. L’amore divino nasce sì per mezzo del timore, ma crescendo si tramuta in affetto.
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