sabato 18 settembre 2010

61 - Una settimana con il capolavoro Figlio prodigo di Rembrandt

Ottavo giorno: Vivere il dipinto

Che io sia il figlio più giovane o il figlio maggiore, l’unico desiderio del Padre è di portarmi a casa. “Il padre ama ogni figlio a dà ad ognuno la libertà di essere ciò che vuole, ma non può dar loro la libertà che non si sentiranno di assumere o che non comprenderanno adeguatamente. Il padre sembra rendersi conto, al di là dei costumi della società in cui vive, del bisogno dei propri figli di essere se stessi. Ma egli sa anche che hanno bisogno del suo amore e di una “casa”. Come si concluderà la storia dipende da loro. Il fatto che la parabola non abbia una finale garantisce che l’amore del padre non dipende da una conclusione appropriata del racconto. L’amore del padre dipende solo da lui e fa esclusivamente parte della sua scelta. Come dice Shakespeare in uno dei suoi sonetti: “L’amore non è amore se muta quando trova mutamenti”.
La gioia per il drammatico ritorno del figlio più giovane non significa assolutamente che il figlio maggiore fosse meno amato, meno apprezzato, meno favorito. Il padre non stabilisce confronti tra i due figli. Li ama entrambi di un amore totale ed esprime quell’amore in sintonia con i loro itinerari individuali. Li conosce entrambi intimamente. E’ consapevole delle loro peculiari qualità e difetti. Vede con amore la passione del figlio minore, anche quando non è regolata dall’obbedienza. Con lo stesso amore vede l’obbedienza del figlio maggiore, anche quando non è vivificata dalla passione. Il padre risponde ad entrambi rispettando la loro personalità. Il ritorno del figlio più giovane lo porta a sollecitare festeggiamenti gioiosi. Il ritorno del figlio maggiore lo induce ad estendere l’invito ad una piena partecipazione a quella gioia.
Dio mi spinge a raggiungere la sua casa, a entrare nella sua luce e a scoprire che lì, in Lui, tutte le persone sono amate in modo unico e totale. Nella sua luce posso vedere il mio vicino come mio fratello, come colui che appartiene a Dio quanto appartengo io. Ma fuori della casa di Dio, fratelli e sorelle, mariti e mogli, innamorati e amici diventano rivali e persino nemici; ognuno continuamente afflitto da gelosie, sospetti e risentimenti.
Sono in grado di far crescere il figlio più giovane e il figlio maggiore in me fino alla maturità del padre misericordioso? Il lungo viaggio mi ha condotto dal figlio minore inginocchiato e scarmigliato, al cuore indurito del figlio primogenito, fino al padre in piedi e ricurvo; dal luogo in cui si è benedetti, all’oscurità dell’egoismo chiusa ad ogni benedizione, al luogo in cui si benedice….. Quando guardo le mie mani ormai invecchiate, capisco che mi sono state date per tendersi verso tutti quelli che soffrono, per posarsi sulle spalle di tutti quelli che vengono e per offrire la benedizione che emerge dall’immensità dell’amore misericordioso di Dio.

(Queste riflessioni sono tolte dal libro di Henri J.M. Nouwen
L’abbraccio benedicente - Editrice Queriniana)

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