sabato 18 settembre 2010

59 - Una settimana con il capolavoro Figlio prodigo di Rembrandt

Sabato: Il mio essere figlio maggiore

Da quando un amico mi ha fatto notare che potrei essere molto più simile al fratello maggiore che non a quello più giovane, ho osservato questo “uomo alla destra” con più attenzione e ho visto molte cose nuove e anche dure da accettare. Mi è difficile ammettere che questo uomo amaro, risentito e sdegnato, da un punto di vista spirituale possa essermi più vicino del sensuale fratello più giovane. Tuttavia più penso al figlio maggiore e più mi ci riconosco.
Lo smarrimento del figlio più giovane è evidente, facile da comprendere e compatire. Ha fatto cattivo uso del denaro, del tempo, degli amici e del suo stesso corpo. Lo smarrimento del figlio maggiore, invece, è molto più difficile da identificare. Dopo tutto faceva le cose per bene. Era obbediente, ligio al dovere, rispettoso della legge e gran lavoratore. La gente lo rispettava, lo ammirava, lo elogiava e probabilmente lo considerava un figlio modello. All’esterno era irreprensibile. Ma, di fronte alla gioia del padre per il ritorno del fratello, una forza oscura erompe in lui e ribolle in superficie. Improvvisamente emerge una persona risentita, orgogliosa, cattiva ed egoista, una persona rimasta nascosta nel subconscio, anche se si era sempre fatta più forte e operante nel corso degli anni.
Guardando in profondità dentro di me e poi intorno a me la vita degli altri, mi chiedo cosa sia più dannoso, la lussuria o il risentimento? C’è tanto risentimento tra i “giusti” e i “retti”. C’è tanta facilità a giudicare, condannare ed esistono tanti pregiudizi tra i “santi”. C’è tanta rabbia repressa tra le persone preoccupate di evitare il peccato. Lo smarrimento del “santo” pieno di risentimento è così difficile da individuare proprio perché è strettamente unito al suo desiderio di essere buono e virtuoso. Io so, dall’esperienza della mia vita, con quanto zelo ho cercato di essere buono, ben accetto, amabile e di buon esempio. Ma nonostante questo, sono subentrati una severità e un fervore moralistico che mi hanno reso sempre più difficile sentirmi a casa nella casa di mio Padre. Sono diventato meno libero, meno spontaneo, meno allegro, e gli altri hanno finito per vedermi sempre più come una persona piuttosto “pesante”.
A differenza delle fiabe, la parabola non si chiude con un lieto fine. Ci lascia invece faccia a faccia con una delle scelte spirituali più difficili della vita: fidarsi o non fidarsi dell’amore di Dio che tutto perdona. Soltanto io posso fare questa scelta.
Dipingendo non soltanto il figlio più giovane tra le braccia del padre, ma anche il figlio maggiore Rembrandt dà anche a quest’ultimo la possibilità di scegliere o non scegliere l’amore che gli viene offerto.

(Queste riflessioni sono tolte dal libro di Henri J.M. Nouwen
L’abbraccio benedicente - Editrice Queriniana)

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