LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
Educare all’autonomia e alla dedizione ( Sapienza 9,13-19 Filemone 9-10.12-17 Luca 14,25-33 )
“L’atto di fede in Gesù si realizza e diventa concreto afferrando la realtà dell’uomo in tutte le sue dimensioni, da quella corporea a quella sociale e storica. L’adesione alla sua persona che si vive nella nuova comunità, ha esigenze radicali e comporta rotture e il sacrificio di realtà e valori tali che la rinuncia ad essi o è un atto di disperazione o rassegnazione nei confronti del senso della resistenza, oppure il dischiudere l’ordine terreno alla realtà di Dio che viene dall’alto come grazia” (Karl Rahner).
Se nel Vangelo Gesù moltiplica gli appelli alla rinuncia, se invita a portare la propria croce e a seguirlo, non è per far evadere l’uomo dal mondo, ma piuttosto per promuovere l’assunzione e la fedeltà alla condizione umana fino in fondo.
Mentre l’uomo peccatore tenta di realizzare la felicità cercando di evitare tutto ciò che fa soffrire e tenta di mettere tra parentesi la morte, puntando unicamente su ciò che può offrire la vita presente, il cristiano è invitato dalla fede a guardare in faccia questa vita col massimo realismo. Attraverso la sofferenza ed anche la morte egli dà il suo apporto insostituibile alla riuscita della avventura umana. Egli sa che la morte è la via della vita. Ma un tale progetto riesce soltanto nel seguire Gesù sotto l’influsso del suo Spirito.
La garanzia del discepolo è quindi di andare da Gesù senza avere niente. La vera sapienza consiste nel non portare pesi che ci impediscono la marcia dietro a Gesù. Positivamente, si tratta di portare un solo peso: la croce di Gesù. E il peso della croce è il peso del suo amore. Non si tratta di fare calcoli, di misurare il numero delle pietre per la costruzione della casa…l’intenzione del Signore non è questa. Essere discepoli significa non preferire nient’altro all’infuori dell’amore di Gesù. Preferire solo e sempre il Signore, ossia sceglierlo di nuovo ogni giorno e offrirgli tutta la nostra vita. Il dono della sapienza, che è sempre da chiedere al Signore, ci permette di darci per intero, con libertà e in maniera trasparente a questo amore. Colui che è avvinto da
questo amore non ha più paura di niente perchè l’amore vince ogni timore.
L’educazione alla fede, specie nei giovani, deve tener conto …dell’autonomia per cui si è sé stessi, la quale include l’accettazione di sé stesso, l’accettazione degli altri , l’accettazione del senso dell’esistenza ….della dedizione che dice capacità di stringere legami con le persone in modo disinteressato, nel rispetto sia del loro valore che della propria dignità. Se non si forma una personalità autonoma nelle relazioni con se stesso, col prossimo e con Dio attraverso l’esperienza, si rischia di compromettere la crescita nella fede.
Educazione alla fede è educazione integrale; parte dal rifiuto del puro apprendimento mnemonico, della cultura libresca, e giunge ad inserire il giovane all’interno della comunità come luogo di esperienza dell’incontro con Dio.
Ma poiché la fede è primariamente dedizione personale, è risposta ad un amore che si manifesta a noi, l’educazione alla dedizione anche umana diventa importante perché abilita a dedicarci a Dio. La famiglia è il luogo ideale per una educazione alla fede. L’amore e la dedizione tra papà e mamma, il donare tutte le proprie energie ai figli diventa possibilità di comprendere l’amore di Dio per noi e stimolo a rispondere concretamente a tale aiuto.
Educare all’autonomia e alla dedizione ( Sapienza 9,13-19 Filemone 9-10.12-17 Luca 14,25-33 )
“L’atto di fede in Gesù si realizza e diventa concreto afferrando la realtà dell’uomo in tutte le sue dimensioni, da quella corporea a quella sociale e storica. L’adesione alla sua persona che si vive nella nuova comunità, ha esigenze radicali e comporta rotture e il sacrificio di realtà e valori tali che la rinuncia ad essi o è un atto di disperazione o rassegnazione nei confronti del senso della resistenza, oppure il dischiudere l’ordine terreno alla realtà di Dio che viene dall’alto come grazia” (Karl Rahner).
Se nel Vangelo Gesù moltiplica gli appelli alla rinuncia, se invita a portare la propria croce e a seguirlo, non è per far evadere l’uomo dal mondo, ma piuttosto per promuovere l’assunzione e la fedeltà alla condizione umana fino in fondo.
Mentre l’uomo peccatore tenta di realizzare la felicità cercando di evitare tutto ciò che fa soffrire e tenta di mettere tra parentesi la morte, puntando unicamente su ciò che può offrire la vita presente, il cristiano è invitato dalla fede a guardare in faccia questa vita col massimo realismo. Attraverso la sofferenza ed anche la morte egli dà il suo apporto insostituibile alla riuscita della avventura umana. Egli sa che la morte è la via della vita. Ma un tale progetto riesce soltanto nel seguire Gesù sotto l’influsso del suo Spirito.
La garanzia del discepolo è quindi di andare da Gesù senza avere niente. La vera sapienza consiste nel non portare pesi che ci impediscono la marcia dietro a Gesù. Positivamente, si tratta di portare un solo peso: la croce di Gesù. E il peso della croce è il peso del suo amore. Non si tratta di fare calcoli, di misurare il numero delle pietre per la costruzione della casa…l’intenzione del Signore non è questa. Essere discepoli significa non preferire nient’altro all’infuori dell’amore di Gesù. Preferire solo e sempre il Signore, ossia sceglierlo di nuovo ogni giorno e offrirgli tutta la nostra vita. Il dono della sapienza, che è sempre da chiedere al Signore, ci permette di darci per intero, con libertà e in maniera trasparente a questo amore. Colui che è avvinto da
questo amore non ha più paura di niente perchè l’amore vince ogni timore.
L’educazione alla fede, specie nei giovani, deve tener conto …dell’autonomia per cui si è sé stessi, la quale include l’accettazione di sé stesso, l’accettazione degli altri , l’accettazione del senso dell’esistenza ….della dedizione che dice capacità di stringere legami con le persone in modo disinteressato, nel rispetto sia del loro valore che della propria dignità. Se non si forma una personalità autonoma nelle relazioni con se stesso, col prossimo e con Dio attraverso l’esperienza, si rischia di compromettere la crescita nella fede.
Educazione alla fede è educazione integrale; parte dal rifiuto del puro apprendimento mnemonico, della cultura libresca, e giunge ad inserire il giovane all’interno della comunità come luogo di esperienza dell’incontro con Dio.
Ma poiché la fede è primariamente dedizione personale, è risposta ad un amore che si manifesta a noi, l’educazione alla dedizione anche umana diventa importante perché abilita a dedicarci a Dio. La famiglia è il luogo ideale per una educazione alla fede. L’amore e la dedizione tra papà e mamma, il donare tutte le proprie energie ai figli diventa possibilità di comprendere l’amore di Dio per noi e stimolo a rispondere concretamente a tale aiuto.
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