giovedì 16 settembre 2010

57 - Una settimana con il capolavoro Figlio prodigo di Rembrandt

Giovedì: Il mio essere figlio più giovane

Andarsene da casa è molto più di un evento storico legato al tempo e al luogo. E’ la negazione della realtà spirituale che appartengo a Dio in ogni parte del mio essere, che Dio mi tiene al sicuro in un abbraccio eterno, che sono veramente scolpito nelle palme delle mani di Dio e nascosto alla loro ombra. Andarsene da casa significa ignorare la verità che Dio mi ha “formato nel segreto, intessuto nella profondità della terra,e tessuto nel seno di mia madre”. Andarsene da casa è partire come se ancora non avessi una casa e dovessi cercare in lungo ed in largo per trovarne una.
Esistono molte voci, voci forti, piene di promesse e seduzioni. Queste voci dicono: “Esci e dimostra di valere qualcosa”. Pressoché da quando ho avuto le orecchie per sentire, ho udito quelle voci, e da allora esse sono state sempre con me. Nonostante le mie intenzioni, spesso mi trovo a sognare ad occhi aperti sul come diventare ricco, potente e famoso….. Tutti questi giochi mentali mi rivelano la fragilità della mia fede nel fatto di essere il prediletto in cui Dio si è compiaciuto. Ho così paura di non piacere, di essere biasimato, messo da parte, trascurato, ignorato, perseguitato ed ucciso che mi trovo a sviluppare continue strategie per difendermi ed assicurarmi, perciò, l’amore di cui penso aver bisogno e meritare. E così facendo mi allontano dalla casa di mio padre e scelgo di dimorare in un “paese lontano”. Sono il figlio prodigo ogni volta che cerco l’amore incondizionato dove non può essere trovato.
Osservando di nuovo la raffigurazione del ritorno del figlio più giovane fatta da Rembrandt, ora riesco a vedere che ciò che vi si descrive è molto di più di un semplice gesto compassionevole verso un figlio ribelle. Il grande evento che mi si para davanti è la fine della grande ribellione. La ribellione di Adamo e di tutti i suoi discendenti è perdonata e la benedizione originale, attraverso cui Adamo ricevette la vita eterna, è ripristinata. Ora mi sembra che quelle mani siano sempre state stese – anche quando non vi erano spalle su cui posarsi. Dio non ha mai ritirato le sue braccia, non ha mai rifiutato la sua benedizione, non ha mai smesso di considerare suo figlio come il prediletto. Ma il padre non poteva costringere il figlio a rimanere a casa. Non poteva imporre con la forza il suo amore al prediletto. Doveva lasciarlo andare in libertà, anche se sapeva il dolore che ciò avrebbe causato sia al figlio che a se stesso. E’ stato l’amore a impedirgli di trattenere il figlio a casa a tutti i costi. E’ stato l’amore a consentirgli di lasciare che il figlio vivesse la sua vita, anche a rischio di perderlo.
Qui si svela il mistero della mia esistenza. Sono amato a tal punto che mi si lascia libero di andarmene da casa. La benedizione c’è fin dall’inizio. L’ho lasciata e persisto a lasciarla. Ma il Padre continua a cercarmi sempre con le braccia tese per accogliermi di nuovo e sussurrarmi ancora all’orecchio: “Tu sei il mio figlio prediletto, l’amato, in te mi sono compiaciuto”.
(Queste riflessioni sono tolte dal libro di Henri J.M. Nouwen
L’abbraccio benedicente - Editrice Queriniana)

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